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Maxi provincia o mini provincia? Ciò che è in gioco nelle future decisioni

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Tre sole province nelle Marche, di cui una macro a sud, comprendente Macerata, Fermo e Ascoli. I tentativi di salvare l’autonomia di Macerata e di tornare, almeno, a quattro province, com’era prima del 2004, quando venne istituita quella di Fermo. Le rimostranze di chi (il Fermano) ritiene incostituzionale la legge di riordino.

Pagine intere dei giornali, servizi radiotelevisivi e la comunicazione abbreviata di Facebook e Twitter da settimane sono inondati da un unico argomento: il futuro delle province. Da un paio d’anni a questa parte (ad ogni Finanziaria), ma soprattutto dopo l’avvento del governo tecnico di Monti e la crisi economico-finanziaria con il quotidiano bruciore dello spread, l’abolizione di questo Ente viene indicata come una delle panacee per guarire i mali dello Stivale. In particolare, il decreto ‘Salva Italia’ e una recente legge hanno spinto questi organi ai margini della struttura costituzionale e istituzionale che regge il Paese.

Il primo provvedimento tende a far diventare le province enti di secondo livello: dieci consiglieri, non più eletti direttamente dai cittadini, ma dai sindaci del territorio, e tra loro deve essere trovato il presidente. Il provvedimento legislativo legato alla spending review, invece, riduce a trequattro le funzioni (ambiente, trasporti, scuola) e soprattutto fissa dei parametri (350mila abitanti e 2.500 km quadrati di superficie) che farebbero dimezzerebbero le province da 114 a poco più di 50. Contro i due atti sono partiti immediatamente più ricorsi alla Corte Costituzionale, che si pronuncerà per la prima volta il 6 novembre. Uscendo, per un attimo, dal campo di battaglia, dove i politici locali sono impegnati da giorni, ci preme proporre alcune osservazioni e porre un paio di interrogativi.

Innanzitutto, nel Fermano non si nota quella trasversalità e quell’unione che furono le armi vincenti per ottenere l’autonomia da Ascoli: significa, allora, che non crediamo nella necessità di fare (e meglio) da soli? È vero che, dal 2004, quando venne istituita la Provincia di Fermo, il mondo ha corso tanto velocemente ed ora si ragiona solo per ‘macro’ (territori, politica, economia, commercio), ma finora l’Italia non aveva lodato il ‘modello marchigiano e fermano’, specie quello calzaturiero, che ancora regge, anche se a fatica, perché piccolo e presta attenzione al particolare? Se tutti siamo d’accordo che la spesa pubblica è straripata, allora perché non estirpiamo il vero male, che non sono certo le province, ma superaffollati ministeri e una miriade di enti inutili retti da costosi consigli d’amministrazione?

Un ultimo spunto di riflessione: istituti di ricerca, sociologi e un numero sempre maggiore di economisti si stanno convincendo che, per un migliore qualità della vita, bisognerebbe tornare ai semplici rapporti personali di una volta, alle piccole comunità di relazione, a quella solidarietà rurale e paesana che fino a qualche decennio fa ci permetteva di apprezzare le due chiacchiere con il vicino di casa, i prodotti che producevamo direttamente dalla terra e che era più equa nel garantire il miglioramento (non a numero chiuso) personale e familiare. Un modello di vita, che si può racchiudere in una frase: più attenzione all’uomo. Anche nel decidere se cancellare o meno una provincia, si dovrebbe partire da questa semplice base.

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Un commento

  1. “Piccolo è bello”, è uno slogan che può essere usato in contrasto all’ipotesi di tre sole Province nelle Marche
    Piccolo è bello, non vuol dire non dare alcuna importanza alla totalità dei vari problemi che incombono in questo momento di profonda crisi, anzi, semmai, è vero proprio il contrario.
    Significa valutare bene qual è la dimensione ottimale per raggiungere la migliore performance sia in termini di reddito che di qualità di prodotti che di strutture organizzative.

    Purtroppo a volte ci si dimentica che una Provincia è tutto ciò e sotto la sinta dell’ampliamento in nome del risparmio c’è il rischio di spegnere microscopiche imprese gestite da uomini e donne di consolidata professionalità ed esperienza.

    Ognuno è libero, intendiamoci, di dare libero sfogo al proprio pensiero, ma, mi chiedo, a chi e per chi saranno i vantaggi di tale scelta politica?
    Purtroppo c’è il rischio da cittadini, di perdere la qualità di comunicazione, specialmente nelle relazioni fra persone. Mi auguro che il tutto non si risolva in un freddo ed anonimo risponditore automatico che ci faccia saltellare da un numero di servizio all’altro prima di avere una risposta utile ed appropriata.

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