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Il “nuovo” San Gualtiero

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I nostri paesi non sono ricchi soltanto di beni paesaggistici, hanno l’importanza donata dalle persone sante. A Servigliano visse e morì San Gualtiero, le cui reliquie sono conservate in parrocchia, ragion per cui molti in città portano il nome del Santo. Un’antica notizia del culto pubblico di San Gualtiero da Servigliano è nell’Archivio Vaticano, scritta nei registri delle bolle del papa Giovanni XXII, con data 7 ottobre dell’anno X del suo pontificato, cioè nel 1326.

La bolla papale narra che gli Ascolani, dopo alcuni misfatti e la conseguente scomunica, avevano dato segno di ravvedimento, facendo domanda per ottenerne l’assoluzione. La vicenda si svolse nel contesto delle deplorevoli lotte tra guelfi e ghibellini. I Fermani non erano restati fedeli al Papa, che stava in quel periodo ad Avignone. Allora, gli Ascolani marciarono con armi nel territorio Fermano per devastare, sequestrare persone e fare rappresaglie. Nella media vallata del fiume Tenna, nei piani di San Gualtiero, essi assalirono ed uccisero un sacerdote, ruppero l’arca dove era conservato il corpo del Santo Serviglianese, distrussero la chiesa rurale che custodiva le sue spoglie. Fecero, con il devoto trasporto del santo trofeo, ritorno ad Ascoli dove l’accoglienza fu solenne. Il papa fu informato dei misfatti e decretò subito una scomunica contro gli Ascolani. Umiliati, essi scrissero una lettera per ottenere il condono della scomunica. Giovanni XXII incaricò il priore di Monte Pesulano, Padre Geraldo da Valle, affinché provvedesse al bene delle loro anime, una volta riconsegnato il corpo di San Gualtiero. Così, i Serviglianesi riebbero il loro venerato santo, che venne ricevuto dal Pievano, il quale pensò bene di collocarlo sotto la torre della pieve di S. Marco, dietro grate di ferro, presso un altare a lui dedicato. Si ha poi notizia che, nel 1360, fu costruita una nuova chiesa nei piani di San Gualtiero presso i ruderi dello scomparso monastero del Santo. Non vi furono, però, riportate le sue reliquie. Il Pievano, con il Vescovo, provvidero a far porre il venerato capo di san Gualtiero in uno stupendo ostensorio ad urnetta d’ottone dorato, arte di Guardiagrele, a forma di un tempietto esagonale su colonna e base bene ornate ed istoriate con immagini e con l’iscrizione: “Opera fatta nell’anno 1403 da don Marino di Giovanni pievano di questa chiesa matrice”.

In una pergamena raccolsero le notizie dell’antica tradizione e la collocarono nella nuova urna posta davanti al nuovo altare dedicato al Santo. Il Vescovo di Fermo, in tutte le sue visite pastorali, constatò che c’era grande devozione per san Gualtiero da Servigliano, la cui festa ricorreva il 4 giugno con grande afflusso di fedeli compaesani e di pellegrini da altri paesi, in particolare da Penna S. Giovanni, confinante sul fiume Tenna, e da Santa Vittoria in Matenano, confinante presso il fosso Tassiano nei pressi dell’antico monastero. Il Papa Innocenzo X concesse l’indulgenza plenaria ai devoti che si fossero recati nella pieve, dove erano custodite le reliquie, per pregare, pentiti, confessati, comunicati, e implorare il bene della Chiesa e dei governi. Nella seconda metà del sec. XVIII , molte frane, dovute ad infiltrazioni di acqua piovana, fecero crollare le mura urbane e sfaldarono le fondamenta degli edifici. Il papa Clemente XIV fece emigrare i profughi, costruendo per loro Castel Clementino nella pianura. Il reliquiario del capo e l’urna marmorea di san Gualtiero da Servigliano, insieme alle reliquie, furono trasferite nella chiesa chiesa di S. Marco nel 1780. Secondo l’antica pergamena, pubblicata dai Bollandisti nel 1695, l’abate serviglianese partecipò alla vita della gente e la orientò alla fede, alla speranza ed alla carità fino al conseguimento della beatitudine delle anime nella vita immortale. Il 22 luglio c’è stata grande festa nella chiesa rurale di San Gualtiero, dove è stata portata la nuova statua, benedetta da Mons. Giordano Trapasso, Segretario della Curia Arcivescovile Fermana. All’artista Vitturini Giampiero, autore della staua, abbiamo rivolto alcune domande.

Come è giunto all’ideazione della nuova statua di San Gualtiero?

In modo casuale. Ernesto, Sergio, Franco e altri amici miei e di Lello Branca, che abita vicino alla chiesa di San Gualtiero, mi hanno detto che nella chiesa era stata rubata la statua del Santo. Sapevano che avevo realizzato altre opere, come la statua processionale in legno di S. Giovanni Battista per la parrocchia di Penna S. Giovanni. Ernesto mi ha sollecitato e gli ho detto: “Ci provo”. Mi sono, così, messo all’opera. Per me modellare una statua non è solo una passione. Provo ad immedesimarmi nella persona del santo e questo mi dà anche sofferenza, perché la visuale della realtà cambia ed è diversa dalle solite cose.

Quali altre opere ha creato?

Sono nativo di Penna S. Giovanni ed abito a Mogliano dove, in occasione della rievocazione storica del 1744 ho dipinto una parete della taverna di Santa Maria a gessetti. Ho rappresentato due persone presso la porta urbana che guardano l’esercito mentre entra a Mogliano. Inoltre, per il bicentenario del santuario, ho fatto un bassorilievo con la scultura del SS.mo Crocifisso. La pietra che ho scolpito l’ho presa dal torrente Salino, presso Penna S. Giovanni.

Come ha scolpito la statua serviglianese?

L’ho modellata con un conglomerato litico di gesso alabastrino con colla vinicola e alcune parti in carta. La statua ha un’anima in ferro e dentro c’è una parte vuota. Le ho dato forma con le sgorbie e l’ho dipinta ad olio con pochissima vernice. Ha un’altezza di cm. 153, con un piedistallo rettangolare di cm. 50×55.

Quanto tempo le ha richiesto? Soddisfatto del risultato del suo lavoro?

Ho cominciato il giorno della festa di S. Marco, il 25 aprile. Gli amici mi hanno spesso sollecitato a finire. Per domenica 22 luglio la statua era pronta ed è stata benedetta nella chiesa della contrada. La gente è stata contenta ed ha apprezzato quest’opera. Io avevo preso a modello l’immagine del Santo come è dipinta nella tela dell’altare della chiesa di Servigliano. Il santo vi è raffigurato con la mitria vescovile a terra, segno di umiltà. Sono soddisfatto di quest’opera. Quando lavoro mi immedesimo nella personalità del santo. Terminata un’opera, la si vorrebbe rifare da capo. Mi emoziona la persona scolpita in atteggiamento proteso verso l’alto, con il corpo e il volto attratti dal cielo. Questo slancio verso l’alto mi commuove. Anche alla statua di San Giovanni Battista, fatta per Penna San Giovanni, ho dato il medesimo stile. In tal modo raffiguro la santità, che è per me segno di bene e di verità.

Carlo Tomassini

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