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La Pasquella di Natale

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La poesia popolare non ha mai trascurato la liturgia né le tradizioni religiose diffuse tra la nostra gente. Figuriamoci se poteva ignorare il Natale. Non solo non lo fa ma gli dà rilievo con grande buongusto, con l’ingenuità dei campagnoli, con iterazioni e ripetizioni che sottolineano gli aspetti più caratteristici della vicenda cristiana: quando se ne allontana ricorre alle leggende ed ai miti dei Vangeli apocrifi. Un atto di religione ed una poesia popolare di suggestivo effetto.

Rallègrete, Maria, che siete sposa;

giovane siete, come fresca rosa.

Giuseppe ‘bbassa l’occhi e tira via,

pe’ non senti’ lu piantu de Maria.

Ma l’Angelo del cielo passa a dire:

– Per Betlemme bisogna ripartire.

Ce la menò con gioia ed allegria

la sua sposa, la Vergine Maria.

Qualche cosetta ce la porteremo

perché viver cuscì e campar potremo.

Lu somarellu ce lu menaremo

per quanno, stracchi, non cammineremo.

Essendo estate de grande calura,

Mari se stenne su la terra dura.

– Su, su, Marì! se mo’ te sci straccata,

c’è l’asinellu pe’ la cavalcata.

– Su, su, Giuseppe, non so’ stracca, none:

dentro so’ piena de divuzione.

Quando Mari’ a cavallo fu montata,

vide la stella sua, ch’era calata.

Era calata in quelle capannelle

dove allogghiavan tante pecorelle.

– Siate benvenuta in mezzo all’armentu,

eccolu qua lu vostru alloggiamentu.

Dice Giuseppe: – ‘llì dormi sicura,

che qua nisciuno te mette paura.

I fatti ed i richiami qui prendono il volo ed è valorizzata ogni figura della Natività, a partire da San Giuseppe che – nei documenti cristiani riferiti alla questione – non ha il ruolo specifico, misterioso, importante che invece assume nella Pasquella del popolo.

Quanno fu l’ora de la mezzanotte,

rivolta a Giuseppe, chiamava forte:

Su, su Giuseppe, risvegliati un poco;

corri a trovamme ‘n pizzicu de foco

Giuseppe se rialzò meraviglioso,

a Bettelemme corse frettoloso.

A Bettelemme c’è li fucinari

co’ la fucina accesa de’ ferrari.

– O mastri fucinari, Dio ridoni,

daceteme de foca du’ carboni!

– Si, si, Giuseppe, te li possiam dare:

para lu cappe1lu, se li vuoi portare.

Giuseppe se mostrò miracoloso:

su ‘na pianta de ma’ se mise ‘1 foco.

Gran Dio! che miracolo ho veduto!

su ‘na pianta de ma’ lo foco arduto!

Giuseppe poi si mise per la via;

se ‘ncontra co’ Sant’Anna e Natascìa

Se ‘ncntra co’ Sant’Anna e Natascìa,

ch’eran state a lu partu de Maria.

Lu Partu de Maria è gigli e riso:

è natu Iu Patrò del Paradiso.

Lu partu de Maria è gigli e canti:

è natu lu Patrò de tutti quanti.

Ancora una volta, la tradizione cristiana e popolare si rivolge ai Vangeli apocrifi per trarne prodigi e miracoli che i Vangeli ufficiali non riportano: il tutto per la gioia di vecchi e bambini che erano i veri destinatari della Pasquella natalizia.

Chi vo’ vede’ Maria che lavava!

Quanno li panni del figlio bagnava

sopra ‘na pietra che c’era vicino,

ch’era ‘na pietra de màrmoro fino!

Dall’alberello ‘ndo’ ce li spandeva,

ramo pe’ ramo li fiori coglieva.

Ramo pe’ ramo n’ha còto ‘n bel mazzo

la santa Madre col Figlio sul braccio.

Chi ha ‘scoltato con gran divuzio’,

s’acquisterà sett’anni de perdo’;

Chi c’ha ‘scordato con grande pacienza

s‘acquisterà sett’anni d’indulgenza.

a cura di Fabrizio Fabi

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2 commenti

  1. lu nepote de Vevella

    Su questa rubrica dovreste cambiare più spesso le poesie. Chi vi legge da lontano ha il piacere di cose sempre nuove soprattutto chi vuol leggere di poesia scritta poi nel suo vernacolo. Grazie.

    • Ha ragione! Provvederemo ad aggiungere nuove poesie al prossimo aggiornamento. Siamo lieti che gradisca questa rubrica così longeva e a noi tanto cara!

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