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«NON SEI TU IL CRISTO? SALVA TE STESSO E NOI!»

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24 Marzo 2013 – Domenica delle Palme

Aveva avvistato che sarebbe tornato al momento fissato. Eccolo. È tornato. Con la tentazione suprema. Quella di rinunciare alla croce. Gesù è Dio e può ogni cosa. Può scendere dalla croce che hanno piantato per Lui e far scendere ciascuno di noi dalla sua. Non è il Sinedrio, non è Pilato, non è Giuda che hanno la disponibilità di Cristo. È Cristo, per una scelta libera, che sceglie di rimanere lì, sul Golgota, in mezzo a due ladri a morire al termine di quella che sarà la più terribile agonia della storia dell’uomo. Perché?

E perché il demonio lo tenta proprio lì? Perché è nella risposta di Gesù, nel suo restare dove l’ha voluto il Padre, che si realizza l’esorcismo supremo. È lì, non altrove, che il Volto di Dio si manifesta alla storia nella pienezza. Più volte nel corso del Vangelo tanto i demoni quanto alcuni dei miracolati riconoscono, intravedono in Gesù il Messia, il Figlio del Dio vivente. Ma Gesù li invita la silenzio. Ora non più, ora il riconoscimento può essere pieno, può essere chiaro e proclamato e il primo che lo farà è il centurione, investito dallo Spirito emesso. Perché il Volto di Dio è il Gesù sulla croce. Ancora oggi sento che questa verità fondamentale mi inquieta. Che ho difficoltà a comprenderla, a capirne il senso. Preferisco il Dio nascosto, per le strade della Galilea, il Gesù orante o il Gesù trasfigurato, dedito a pochi discepoli e incomprensibile alle masse. Il Cristo che mi insegna nel silenzio e nella contemplazione. Preferisco e voglio il Dio che mi parla per parabole e non sopporto vederlo soffrire, vedere che perde sangue, che viene flagellato, inchiodato. Sento e quasi in senso fisico la sua sofferenza, il peso della sua croce come fossero miei o di uno dei miei cari, dei miei bambini. Ho e provo un senso di disgusto, rifiuto, sento l’ingiustizia di chi lo ha visto fare miracoli, perdonare, curare e lo rifiuta. Sento bene che anche io partecipo alla passione, con i miei tradimenti, le mie paure, il mio lasciarlo solo con la Madre, una ex prostituta e un giovanetto ai piedi della croce. La Passione è una sofferenza per me perché vedo l’ingiustizia contro di Lui, che sento come se fosse ingiustizia contro di me, ma, ancora di più, perché vedo la mia ingiustizia contro Lui, il mio limite, la mia povertà di non riuscire a seguirlo, di non riuscire a corrispondere al suo amore infinito e manifesto per me. E non capisco, non riesco a darmi ragione di questa suprema agonia. Fino a che non mi capita qualcosa di doloroso nella mia vita terrena. Fino a che non sperimento nel mio animo o sulla mia pelle una ferita, un dolore, una malattia, una perdita. Allora mi succede che non riesco più a vedere niente, non mi ricordo più nulla della storia di Cristo, non i suoi miracoli, non le sue catechesi, non la sua gloria terrena. Ma rivedo chiaro solo Lui, morente, sulla croce. E, pur senza capire nulla, sento che Lui è anche lì, sulla mia croce perché è rimasto sulla sua. Non comprendo ma lo vedo, vedo il suo sguardo, intravedo la sua luce. E da lì provo a ripartire. Dalla croce, con dolore e fatica, riscopro il Dio bambino, il Dio che insegna, il Dio che guarisce, il Dio che perdona, il Dio che consola. Li avrei dimenticati tutti se Lui non mi avesse aspettato proprio lì, sulla Croce. “Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, emise lo Spirito”.

Marco Caldarelli

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