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Firmana per Mons. Miola

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firmanaQuesto numero della Rivista Firmana esce in una congiuntura significativa: l’avviata celebrazione dell’Anno della Fede a livello ecclesiale con la memoria dei cinquant’anni dall’inizio del Concilio Vaticano II e onorare l’operato molteplice nella nostra Chiesa locale di d. Gabriele Miola.

Le due istanze sono molto legate: d. Gabriele ha risposto ed incarnato gli orientamenti dell’Assemblea conciliare e ha aiutato la nostra Chiesa ad interrogarsi su come testimoniare la fede in Gesù in tempi che stavano velocemente cambiando. Non a caso una delle testimonianze raccolte nel n. 49 della Rivista Autobiografia di una diocesi. La recezione del Concilio Vaticano II nella Chiesa di Fermo è proprio la sua. D. Gabriele nasce a Montegiberto il 19 Febbraio del 1934, dall’età di tre anni inizia a vivere a Falerone con la sua famiglia. Entra nel Seminario di Fermo nel 1945 e vi frequenta le medie ed il Liceo, fino al 1954. Di quegli anni ricorda: «Alla scuola media il livello era buono e ne ho avuto un bel ricordo, ma del Ginnasio e del Liceo dei miei anni 1948-54 ho un ricordo piuttosto negativo per la mancanza di professori preparati» (ibid., 156). Ebbe modo di colmare queste lacune andando a studiare teologia presso la Pontificia Università Lateranense e formandosi presso il Pontificio Seminario Romano negli anni ’54-’58. La sua mente accorta e la sua fine sensibilità seppero cogliere le occasioni ed i limiti di questi anni: «La formazione era sulla stessa linea di quella di Fermo: disciplina, pratiche di pietà, ma all’età di vent’anni vedevamo già alcune storture […]. Evidentemente la Lateranense era una grande università che raccoglieva molti studenti provenienti da altri Seminari. Ci si incontrava con persone di provenienza diversa e questo facilitava una certa apertura […]. Non ricordo con grande gioia gli studi di teologia, il più delle volte si studiava in funzione degli esami» (ibid., 158). Dal 1959 al 1961 ebbe modo di studiare al Pontificio Istituto Biblico, anni molto impegnativi, come li descrive il medesimo, ma di ricchezza straordinaria «per aver trovato altre aree di ricerca, altri compagni, altre presenze non legate strettamente ai Seminari» (ibid., 159). Apprese un rapporto con le Sacre Scritture differente rispetto agli anni di teologia, soprattutto in seguito all’applicazione del metodo storico-critico. A ciò si aggiunse l’opportunità di perfezionare gli studi biblici a Gerusalemme, negli anni ’61-’62. Egli veniva ordinato sacerdote il 22 Marzo 1958, nel 1962 rientra in diocesi e viene subito valorizzato per la formazione in Seminario. Abbiamo da questo momento 48 anni di ininterrotto impegno didattico: all’inizio, per necessità e non essendo richiesti ancora i titoli, molteplice in quanto si è trovato ad insegnare anche greco e latino in ginnasio, trattati di teologia dogmatica, liturgia, ecumenismo, poi dedito specificamente alle scienze bibliche, in particolare all’Introduzione all’Antico Testamento, al Mistero di Cristo e all’insegnamento dell’ebraico e del greco biblico. Anche se l’insegnamento ha connotato il suo ministero, non possiamo dimenticare altri servizi in cui ha dedicato la sua vita per la crescita della nostra Chiesa locale. In particolare l’Arcivescovo Bellucci lo nominò rettore del Seminario per gli anni ’72-’78, dopo aver affiancato per diverso tempo mons. Cardenà come vice-rettore. Furono anni cruciali: «Cercai di guidare una certa effervescenza dei tempi post-conciliari e un qualche scontento che serpeggiava tra i Seminaristi teologi […] si cercavano esperienze nuove nei movimenti ecclesiali, diversi seminaristi vollero andare a fare esperienza nel movimento dei Focolari o nei gruppi di Gioventù Studentesca […], Cercai di impostare la vita su una liturgia rinnovata. Fu resa più viva la celebrazione dell’Eucaristia secondo le direttive del Concilio. Vennero mandati in parrocchia i seminaristi per l’attività pastorale al sabato e alla domenica. Alcuni sceglievano le parrocchie di origine, altri no. Per conoscere il mondo degli operai furono fatte esperienze di lavoro in azienda durante l’estate» (ibid., 163). Sicuramente egli cercò con coraggio, mantenendo dei punti fermi, di portare avanti l’opera di “aggiornamento” che ispirò il Concilio in merito alla formazione dei nuovi presbiteri. Negli anni ’78-’88 mons. Miola fu nominato Vicario generale della diocesi di Fermo. Due eventi di rilievo per la nostra Chiesa locale sono legati al suo servizio. Prima di tutto ci fu la celebrazione di un Congresso eucaristico diocesano nel 1985, un’occasione pensata per recepire le direttive del Concilio per la “nuova” liturgia attraverso incontri che sarebbero dovuti avvenire in vicaria tra il clero, e poi tra i fedeli, in particolare i gruppi parrocchiali, le aggregazioni ed i movimenti. Il compianto d. Filippo Concetti si coinvolse in tale cammino. Nella memoria di molti è rimasta la giornata per i giovani celebrata al Palazzetto dello Sport di Porto S. Elpidio con la presenza di Madre Teresa di Calcutta e la celebrazione finale della domenica di Pentecoste contò più di 8000 persone. Alla fine del congresso eucaristico con lui come vicario iniziò la preparazione del sinodo diocesano. Anche se nel 1988 d. Davide Beccerica subentrò a d. Gabriele come vicario generale, egli continuò a lavorare per il sinodo che si concluse nel 1994. Infine altri servizi d. Gabriele ha svolto per la nostra Chiesa locale: vice-preside dell’Istituto Teologico Marchigiano per la sede di Fermo, direttore dell’Ufficio diocesano per l’Insegnamento della religione cattolica, direttore attuale dell’Ufficio diocesano per la Pastorale della salute. Con d. Rolando Di Mattia è stato tra i padri fondatori dell’attuale rivista. Con lui come vicario sono iniziate e si sono svolte annualmente le settimane di aggiornamento teologico per il clero. D. Gabriele per tutti noi è più di un insegnante: possiamo dirlo un maestro. Un insegnante si limita a trasmettere nozioni in maniera più o meno efficace, un maestro introduce nella verità, incarna uno stile consono alla verità trasmessa, fa in modo che i suoi alunni arrivino anche più avanti di lui nella verità. Egli con saggezza ha saputo trarre dallo scrigno delle Scritture e della Tradizione della Chiesa cose antiche e cose nuove, in una felice sintesi tra ciò che è immutabile, il Vangelo di Gesù, e la novità suscitata dallo Spirito attraverso i segni dei tempi. Il carattere poliedrico del suo ministero e del suo insegnamento giustifica la varietà degli articoli accolti in questo numero della rivista: abbiamo in prevalenza articoli di esegesi, prodotti da nostri docenti, ma anche da docenti esterni, ma non mancano articoli di filosofia (Teilhard De Chardin è stata una delle menti che ha stimolato il pensiero del Concilio), di teologia, di liturgia, di ecumenismo. Questo numero vuole essere da una parte un piccolo segno di gratitudine a chi ha inciso nella formazione di diverse generazioni di sacerdoti e di laici nella nostra Chiesa locale, dall’altra un piccolo segno di disponibilità a raccogliere un impegno che lui stesso ha individuato: «Quel che desideravo e che si è realizzato solo in parte era raggiungere uno spirito di collegialità a tutti i livelli: tra vescovo ed organismi di partecipazione, tra clero nelle vicarie, tra parroci, tra preti ed organismi parrocchiali, tra preti e laici in genere, tra insegnanti negli Istituti di teologia. Nonostante una visita pastorale, un congresso eucaristico, un sinodo e le tante settimane di aggiornamento non sono esplose quella comunione e quella collegialità che l’ecclesiologia del Vaticano II e tutto il Concilio avevano messo a fondamento del rinnovamento della Chiesa. Mi sembra che sia un cammino lento ancor oggi» (ibid., 168). Raccogliamo volentieri questo mandato, quanto mai necessario e urgente oggi, ed anche questa rivista vuole essere un piccolo strumento di dialogo tra fede e cultura e di collegialità nella nostra Chiesa locale. A questo proposito, per concludere, trovandomi ad assumere la responsabilità di questa rivista, non posso non ringraziare chi l’ha voluta e chi fino ad oggi gli ha dato vita con articoli, recensioni, saggi e contributi di vario genere. In particolare ringrazio chi l’ha voluta e diretta prima di me: dal compianto mons. Rolando Di Mattia a mons. Gabriele Miola a mons. Luigi Valentini a don Enrico Brancozzi. Chiedo la disponibilità a tutti i docenti dei nostri Istituti e a tutti coloro che hanno passione per il dialogo tra la cultura e la fede di sostenermi nel continuare a darle vita, in tutti i modi possibili. •

Giordano Trapasso

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