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Capire l’azione dello spirito nella verità di se stessi

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seminaristiLa scelta di Davide, ultimo rampollo del tronco di Iesse, lascia capire come l’occhio di predilezione di Dio non segua i criteri umani (1 Sam 16). Lo stesso Samuele rimane disorientato dall’agire divino. La scelta dei futuri presbiteri ricalca la dinamica di questa storia. È sempre un mistero perché Dio chiami uno anziché un altro più bravo e intelligente, più pio e generoso (cfr 1 Cor 1-4). Sempre è affascinante sentire i racconti di vocazione, sia dalla Bibbia sia dalle persone che conosciamo nelle diverse condizioni della vita cristiana, sposati, celibi e consacrati. Incontri, esperienze di ritiro, letture di libri, fatti sconvolgenti.

Ognuno ha il suo racconto di vocazione, la storia dei “no” e dei “sì” detti a Dio, le ribellioni, le paure, i dubbi, i segni della provvidenza, lo sconforto e la rassicurazione. Da pochi mesi sono stato chiamato ad essere direttore spirituale della piccola comunità di seminaristi che esiste, e per fortuna resiste, a Fermo.

Pur con tutte le difficoltà, ho ritenuto di non dovermi sottrarre a questo compito. “Non posso dire sempre di no”, mi sono detto alla fine di luglio, al termine di una telefonata con il nuovo rettore. Alla fine di maggio, infatti, ero scappato via da un’altro progetto del vescovo, per me troppo sconvolgente, per dirla con le parole rivolte dal Prof. Luigi Alici all’ultimo ritiro del clero di Monte San Pietrangeli sul tema del coinvolgimento a partire dalla Evangelii Gaudium.

Proprio in quella fase della vita in cui affiora una certa stanchezza e si avverte l’aridità spirituale del proprio terreno, ormai impermeabile alla Parola, ecco una missione che conserva un che di paradossale e che implica di dover recuperare in prima persona quanto si dovrebbe proporre agli altri: la dimensione interiore, lo spazio del rapporto personale con Dio, l’ascolto, il discernimento sulla verità della propria esistenza, il coraggio dell’azione a seguito della direzione impressa dallo Spirito.

Subito ho ripensato a quanto disse, a noi seminaristi dei primi anni novanta, la monaca di Bose Lisa Cremaschi nel corso di un ritiro tenuto ad Acquaviva Picena sulla direzione spirituale. Tra le tante cose utili alla nostra formazione ricevute da quella giornata, ricordo soprattutto la conclusione: la direzione spirituale la si vive per arrivare ad un punto del cammino in cui, arrivati ad un crocevia, il padre spirituale e la persona accompagnata si salutano e continuano ognuno per la propria strada, perché capaci di seguire il Signore con la necessaria attrezzatura.

L’esperienza di direttore spirituale, in questi primi mesi di apprendistato, mi richiede un certo tempo da dedicare ai seminaristi, per me più facile da trovare all’inizio della settimana, e una disponibilità all’ascolto anche in altri momenti che dovessero rendersi necessari. Collaboro con il rettore e con il vice rettore nella programmazione dei ritiri.

Finora, oltre a condividere gli incontri mensili del clero, ne abbiamo vissuti due nei monasteri delle Benedettine di Amandola e Santa Vittoria. In occasione dell’ammissione agli ordini sacri di Joel e Lambert abbiamo cercato di cogliere il valore di questa tappa del cammino formativo e di farne motivo di condivisione per tutta la comunità.

Ancora non ho partecipato ad un importante momento che i seminaristi aprono ai giovani della Diocesi: la scuola di preghiera che si fa una volta al mese e il cui programma è riportato nell’ultima pagina di questo numero de “La Voce delle Marche”. Alla fine di questa breve riflessione, vorrei aggiungere la cosa più importante: la docilità allo Spirito, il vero protagonista della vita della chiesa. Credo che se si vive una spiritualità abitata dallo Spirito e attenta alla sua azione, allora si è già a buon punto. Lo scarto che esiste tra l’assumere un ruolo come quello di direttore spirituale del seminario e essere o diventare un uomo di Spirito è, tuttavia, davvero grande. Ci aiuti in questo il buon Dio, che sempre ha misericordia dei suoi figli. •

Andrea Andreozzi

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