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Credere nell’agricoltura e salvaguardare l’ambiente

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coldirettiLa Coldiretti della Provincia di Macerata quest’anno, al termine dell’annata agraria, ha scelto Gualdo come sede per l’ormai tradizionale Giornata del Ringraziamento, che ha visto la partecipazione di molti produttori, accorsi anche da altri piccoli centri del circondario con i loro potenti trattori, per il rito della Benedizione presieduto dall’Arcivescovo Mons. Luigi Conti.

La giornata è iniziata nella Chiesa Parrocchiale di San Savino, particolarmente gremita per la celebrazione eucaristica, in cui il nostro Pastore ha usato parole particolarmente incisive, autentiche e cariche di speranza per trasmettere, soprattutto ai molti giovani operatori del settore agricolo, le ragioni del gesto, non più scontato, del ringraziamento.

Il primo segno di speranza è appunto la presenza di molti giovani agricoltori, pur trovandoci in una zona di estrema periferia, e non certo avvantaggiata dal punto di vista della redditività delle colture oggi praticate.

La speranza vera, di un’agricoltura che possa rifiorire, e dare all’uomo del nostro territorio la cosa di cui oggi si sente maggiormente la mancanza, cioè il lavoro, ed un lavoro dignitoso, è risuonata durante la Liturgia della XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, in cui è stata proclamata la parabola dei talenti. La terra è il grande talento che il Signore ci ha affidato; e noi come l’abbiamo investita? Abbiamo cercato di farla fruttificare o piuttosto di sfruttarla? Questo forse è il momento in cui il Signore sta “facendo i conti con noi”, e ci sta chiedendo cosa abbiamo realizzato con ciò che ha messo nelle nostre mani. Tutti siamo come colui che, per paura e privo di fantasia, andò a nascondere il suo talento sotto terra; ma la terra non doveva servire per accogliere e custodire quel tesoro; in poche parole costui ha fatto un cattivo uso della terra.

Anche in questi giorni i media ci stanno bombardando con notizie apocalittiche di disastri meteorologici ed ambientali, che non fanno altro che confermare i molti errori che abbiamo commesso e che, negli anni, si sono stratificati; ma è proprio in questo scenario che deve nascere una riflessione, e che il ringraziamento deve ritrovare la sua cittadinanza. Ora non ci resta altro che ripartire; ripartire ringraziando. Ringraziare innanzitutto per questo nostro entroterra, che abbiamo sì maltrattato, spopolato, cui abbiamo inferto ferite molto gravi, ma non mortali. Ora è il tempo di acquisire la consapevolezza che gli anni del boom economico ci hanno arricchito di denaro, hanno arricchito facilmente famiglie che vivevano anche nella povertà, ma al prezzo di perdere la semplicità, che è la culla di tanti valori. Lo scivolamento demografico dalla montagna verso il mare ci ha fatto male al punto che sono diverse le famiglie che hanno compreso, e stanno rientrando, in un movimento inverso.

Dalla prima Lettura, un passo del libro dei Proverbi, l’Arcivescovo ha poi tratto un quadro di vita familiare che non ci è estraneo, anche se la trasformazione violenta della società ce lo ha rubato, o mi auguro, semplicemente occultato. La “donna forte” di cui si parla non è forse l’immagine della vergara, che governa sapientemente la casa e rallegra il cuore del marito, come facevano le nostre mamme, e soprattutto le nostre nonne? Essere riconoscenti per l’opera di queste donne è il minimo, dice Mons. Conti; l’immagine biblica che le descrive lodate alle porte della città ci conforta, e ci fa capire che il ruolo della donna oggi non può certo essere quello di nascondere sotto terra questa sua vocazione originaria. In un contesto familiare autentico il gesto di ringraziare non è mai fuori luogo, ed anche oggi dobbiamo prendere un po’ di tempo per ringraziare Dio, anche per quel poco che mette nelle nostre mani, e per aprire il nostro orizzonte e condividere con chi, e sono in tanti, soffre e non ha di che mangiare.

Le riflessioni del nostro Pastore sono state veramente illuminanti; quali conclusioni possiamo dedurre per il futuro della nostra agricoltura? Ci sarà lavoro, duraturo e dignitoso, nei campi di questa periferia del nostro territorio fermano e maceratese, per i tanti giovani che hanno appena avviato un’attività come imprenditori agricoli, e per le centinaia di adolescenti che stanno affollando gli Istituti Agrari di Macerata e Montegiorgio? La risposta sarà certamente affermativa, se però non saremo inclini a ripetere gli errori del passato, e se sapremo completamente riappropriarci di quella preziosa identità che la sbornia del benessere ci ha furbescamente sottratto. •

Paolo Iommi

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