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La gioia di consacrarsi

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monte-san-martinoIn questo anno della Vita Consacrata indetto da Papa Francesco, non possiamo che ringraziare il Signore per un dono tanto grande. Nella nostra vita essere prese per mano dalla Santa Madre Chiesa e accompagnate in un cammino di purificazione, significa essere ancora una volta confermate nell’Amore di Cristo Gesù. Ecco perché accogliamo con prontezza l’invito a fermarci e ristorarci alla fonte della Parola di Dio, nella certezza che il “Bel Pastore conosce le sue pecore e le chiama per nome”. (Gv 10,11-18). Un percorso doveroso, ma entusiasmante, per riconoscerci fragili e al contempo desiderose di Dio, “Il tuo volto, Signore, io cerco non nascondermi il tuo volto”. (Sl 26)

Gli spunti sono tanti, occorre innanzitutto rendersi disponibili, aperti e lucidi rispetto ad ogni storia che lungo il cammino s’è aperto ad un rapporto di consacrazione sponsale. Così, si comincia ad intravvedere un orizzonte innovativo, “Ecco il Signore fa una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?” (Is 43). Eppure è davvero difficile accorgersene, soprattutto se il cammino diventa faticoso, se si è stanchi, amareggiati e delusi…. allora ci succede proprio come ai discepoli di Emmaus, (Lc 24,13- 35), tristi se ne andavano quando Gesù si avvicinò a loro…. “non ci ardeva forse il petto?” Quanti di noi consacrati si sono “fatti rubare la speranza” – usando le parole di Papa Francesco – e ancora oggi non riescono a concepire la gioia come priorità dell’essere di Cristo? Perché è da qui che dobbiamo ripartire, “sempre dove sono i consacrati, sempre c’è gioia!” , continua a ripeterci Papa Francesco, e allora sorge spontanea una domanda: gioia per chi, per che cosa, come?

È un orizzonte infinito, che ci lascia sgomenti se non ci appartiene, e ci conferma se lo riconosciamo parte di noi; è un processo di chiarificazione, che ci apre tre strade ben delineate: la gratitudine verso il passato; la passione per il presente; la speranza per il futuro. Dunque, gratitudine, passione e speranza. Tre parole che segnano un cammino… Gratitudine è riconoscere il bene che riceviamo, e di cui godiamo, testimoniarlo dicendo: “Grazie!”. Questo atteggiamento, Papa Francesco lo chiede ai consacrati, nei riguardi del passato, una vera e propria riconciliazione tra ciò che è appartenuto alle nostre comunità, e ciò che siamo diventati grazie a quel percorso di vita; riconoscere che quanto ci è stato insegnato e donato non può essere messo da parte, dimenticato, al contrario, essere in grado di sentirsi parte di una storia in tutta la sua totalità. È un processo difficile, che ci richiama all’umiltà di chi sa bene che per crescere occorre prima essere piccoli, fare i primi passi, spiccicare le prime parole… È da questo sguardo misericordioso e allo stesso tempo grato che esiste il nostro presente e la passione nel viverlo.

Così è un salto generazionale che include tutti, in un armonia di tempi che non si perde per strada ma che fa sempre parte di uno stesso cammino. Passione, slancio, coraggio. Sostenute dunque da ciò che siamo state, viviamo con coraggio la nostra realtà presente, con uno slancio proteso verso la novità del Cristo, nella pazienza quotidiana propria di un cammino costante di ricerca. Saper vivere in questa dimensione, per noi consacrati, significa accettare e comprendere la storia, le sfide del mondo contemporaneo, imparando ad avere uno sguardo libero ma stabile, fresco ma forte, aperto ma sicuro. È la gioia del cristiano che allora irrompe nel nostro vissuto, proprio perché diveniamo capaci di giungere ad un equilibrio tra il prima e il dopo, abbracciando così il futuro con speranza. Speranza. Virtù teologale.

Giunti a questo punto della nostra consacrazione, senza saltare alcun passaggio fondamentale, ci appare nitido il futuro, e con esso la fiducia nella sua realizzazione, un’aspettativa ottimistica. Seguendo ancora il Papa, fermiamo la nostra anima sul fotogramma del presente, “la gioia del momento in cui Gesù mi ha guardato”, si tratta di rinascere per vocazione – leggiamo nel documento “Rallegriamoci” (lettera ai consacrati). È questa verità che ci purifica nell’oggi della nostra consacrazione e ci permettere di lavorare per un terreno sempre più fertile… “uscì il seminatore a seminare…” (Lc 8,5). Come segno profetico, che sa allargare gli orizzonti e comprendere ogni inquietudine dell’uomo contemporaneo.

Il terreno è la nostra adesione a Cristo, giorno dopo giorno nell’interezza della persona che si scopre amata e per questo capace di amare. Scegliere di aderire ad una simile chiamata e di rimanere, significa accettare di vivere il dono così grande d’amore nonostante le nostre fragilità, restare come Maria Santissima sotto la croce, allora saremo anche capaci di assistere alle prime luci della Resurrezione. In questo Anno della Vita Consacrata, dunque, la nostra consacrazione può vivere un importante processo di purificazione, sempre se non avremo paura di riconoscerci così bisognosi di misericordia. Solo così possiamo sperare di tornare a “svegliare il mondo”, e per “attrazione”, seguendo ancora una volta la legge dell’Amore, che ha reso la Croce gloriosa, attirare a Lui tanti fratelli e sorelle. •

La Madre sr M.Stefania osb
e sorelle di Monte San Martino

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