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Suore senza convento

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ordovirginum«È motivo di gioia e di speranza vedere che torna oggi a rifiorire l’antico ordine delle vergini, testimoniato nelle comunità cristiane fin dai tempi apostolici». Così Giovanni Paolo II al n. 7 dell’esortazione apostolica post-sinodale, Vita consecrata (1996). L’Ordo Virginum è dunque nella Chiesa un dono antico e nuovo. La scelta di vita di Gesù e il suo invito a essere «eunuchi per il regno», l’esempio di Maria e gli scritti di Paolo, che mettono in risalto il significato escatologico e sponsale della verginità, spinsero donne e uomini a sceglierla come condizione stabile di vita.

Dal II al IV secolo ne parlano Origene, Tertulliano, Cipriano, Ambrogio e Agostino. Dal IV secolo, quando la Chiesa comincia ad istituzionalizzarsi, si hanno notizie precise di un Rito di consacrazione presieduto dal vescovo. Ad esso accedevano quelle donne che esprimevano pubblicamente il proposito di consacrare la loro verginità al Signore: la stessa sorella di Ambrogio, Marcellina, fu consacrata da Papa Liberio a Roma nel Natale del 352. Esistevano due formulari del rito: per le vergini che vivevano nel monastero e per quelle che vivevano nel mondo. Successivamente, nel 1139, il Concilio Lateranense II abolirà lo stato laicale per le vergini consacrate, per cui il rito sarà esclusivo per le moniali. Agli inizi del XX secolo la vita consacrata femminile trova nuove modalità di espressione, favorite da una pluralità di fattori: il rifiorire degli studi patristici, l’estendersi del movimento liturgico, l’attenzione all’apostolato dei laici, il nuovo modo di porsi della donna nella società e nella Chiesa.

La Santa Sede, interpellata in merito al ripristino della consecratio virginum anche per donne che non abbracciano la vita monastica, nel 1927 nega ai vescovi la facoltà di consacrare vergini laiche. Si dovrà attendere il Concilio Vaticano II perché la spinta laicale, sostenuta da una rinnovata ecclesiologia, permetta che la consecratio virginum torni ad essere celebrata anche per donne che, non scegliendo la vita monastica, rimangono inserite nel tessuto della comunità cristiana locale. Così la costituzione liturgica Sacrosanctum Concilium, al n. 80, si pronuncia: «Si sottoponga a revisione il rito di consacrazione delle vergini che si trova nel pontificale romano». In attuazione di tale disposizione, nel periodo postconciliare viene redatto il nuovo Ordo consecrationis virginum, promulgato da Paolo VI il 31 maggio 1970. La versione italiana della CEI viene pubblicata nel settembre del 1980 e il Codice di diritto canonico del 1983 dedica a questa forma di vita consacrata il can. 604. Da questo momento in poi, in Italia, molte sono le donne provenienti da un numero crescente di diocesi, che accedono alla consacrazione. Non è prevista l’aggregazione ad una specifica comunità, pertanto il riferimento è quello al vescovo diocesano. Il desiderio e la volontà di incontrarsi espresso dalle consacrate, dalle donne in formazione o in ricerca, hanno dato origine a momenti spontanei e poi sempre più articolati a livello diocesano (a Fermo dal 2007), interdiocesano (nelle Marche dal 2006) e nazionale (a ritmo annuale dal 1988).

Il riconoscimento e l’accoglienza del carisma si sono concretizzati in due occasioni particolari: all’interno del II Convegno ecclesiale regionale marchigiano del 2013, dove è stato presentato un contributo specifico sull’Ordo Virginum nelle Marche, e la pubblicazione, nel 2014, della Nota pastorale «L’Ordo Virginum nella Chiesa in Italia» da parte della Commissione Episcopale per il Clero e la Vita consacrata della CEI. I nostri vescovi hanno inteso così esprimere «una attenzione incoraggiante» verso quelle donne che hanno voluto donare tutte se stesse, nella fedeltà a Cristo e alla Chiesa, pur rimanendo nel mondo e «una concreta aspettativa» per l’edificazione della società con la preghiera, la testimonianza e il servizio pastorale, secondo lo spirito del Vangelo e in una ordinaria situazione di vita. •

Ordo Virginum

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