Home » maceratese » Primo: non dimenticare
Relatori al Convegno: Aldo Caporaletti, prof.ssa Barbara Montesi, Com.te Claudio Bruschi, prof. Ilenia Santoni

Primo: non dimenticare

Stampa l articolo

Civitanova: La grande guerra cento anni dopo. Gli eventi e la memoria

Valido il convegno promosso per ricordare la Prima Guerra mondiale dal sig. Aldo Caporaletti assieme al Liceo delle Scienze Umane “Stella Maris” di Civitanova Marche, mercoledì 25 maggio 2016, presso la biblioteca civica “Silvio Zavatti”. Dopo il saluto del prof. Marco Pazzelli, dirigente scolastico dell’Istituto, ha preso la parola il sig. Aldo Caporaletti promotore dell’iniziativa. È un sodalizio consolidato negli anni quello tra la Scuola Media Superiore “Stella Maris” ed il promotore culturale Aldo Caporaletti che ha proposto nel passato altri validi appuntamenti culturali, tra tutti quello su Franco Fortini, già docente dell’Istituto Tecnico Commerciale “Filippo Corridoni” della cittadina adriatica.
Il Comandante Claudio Bruschi, studioso di storia marchigiana, ha ricordato che il primo conflitto mondiale coinvolse anche alcune cittadine del litorale adriatico, lontane dai più conosciuti teatri dei combattimenti: il Carso e l’altopiano di Asiago.
La dichiarazione di guerra dell’Italia contro l’impero austro ungarico veniva consegnata all’ambasciatore austriaco nel pomeriggio del 23 maggio 1915; in base a ciò che veniva scritto, le ostilità sarebbero iniziate il giorno successivo. Gli austriaci non stettero ad aspettare le prime luci dell’alba per attaccare.
Alle ore 3,40 un pesante bombardamento colpiva Ancona. Si presume che l’unità navale austriaca sia salpata alle 23,00 del 23 maggio dai porti della Dalmazia per presentarsi davanti ad Ancona forti di trenta navi da guerra, tra le quali dieci corazzate. Alle cinque era tutto finito. I settori della città più colpiti furono il porto e la stazione ferroviaria. Le navi da guerra austriache si erano posizionate all’altezza del Passetto. Il duomo fu raggiunto da sei cannonate, molte abitazioni civili furono sventrate dal bombardamento.
Un siluro affondò un sommergibile alla rada. Sul campo restarono sessantotto morti. Gli attacchi delle navi austriache continuarono su Senigallia per distruggere la ferrovia sul ponte Misa, su Rimini, distruggendo il ponte sul fiume Marecchia, su Porto Recanati, bombardando il ponte ferroviario sul fiume Potenza e su Pedaso. Lo scopo di questi attacchi su diversi tratti era quello di scardinare la linea ferroviaria per impedire l’afflusso dei soldati dalle Marche, dalla Puglia, dall’Abruzzo e dalla Romagna verso il nord.
Ancona era stata dichiarata città aperta. Tranne alcune caserme piene di soldati pronti a partire per il fronte, la città era priva di difese militari. Tutte le strutture erano state ritirate dopo il 1860 perché ritenute non necessarie. La stampa italiana parlò, dopo il bombardamento di Ancona, di attacco proditorio. Le cose non stavano proprio così. Il bombardamento austriaco venne lanciato perché si sperava in una sommossa popolare contro il governo italiano. Erano trascorsi solo pochi mesi dalla “Settimana rossa” di Ancona nel corso della quale c’erano stati anche parecchi morti tra i dimostranti uccisi dal fuoco delle forze dell’ordine, tra le quali anche l’esercito, schierato in difesa dell’ordine costituito. Si sa che Ancona era la roccaforte di anarchici e repubblicani. La protesta popolare era poi dilagata nella vicina Romagna ed in altre parti d’Italia. Dopo il bombardamento austriaco non ci fu nessuna rivolta degli anconetani verso il governo italiano, anzi gli abitanti e le autorità si impegnarono subito a ricostruire la città ed i primi strapparono la bandiera austriaca in segno di vibrante protesta contro l’impero austro ungarico.
Ancona subì nel corso della guerra altri attacchi, ma dal cielo. La prima incursione aerea nemica avvenne il 3 aprile del 1916 e per tutta la durata del conflitto la città dorica subì ben quindici attacchi aerei. Si cercò di limitare i danni di queste incursioni, facendo decollare dalla base di Jesi un dirigibile e dal campo di aviazione sull’Aspio squadriglie di idrovolanti. Nel porto di Ancona venne creata la base di sommergibili. A Grado, a Venezia ed alle foci del Po vennero posizionati dei pontoni armati di cannoni a lunga gittata.
Tutta la linea ferroviaria da Cervia fino a Brindisi venne difesa da dodici treni armati posizionati ad intervalli di sessanta chilometri l’uno dall’altro. Curioso l’episodio ricordato dal comandante Claudio Bruschi dei sessantadue soldati austriaci che di notte, nel buio più completo, da Marzocca a Marina di Montemarciano, Falconara, arrivarono fino al dazio, vicino al porto di Ancona per rubare i Mas, i famosi motoscafi armati con siluri a lenta corsa. Il 10 giugno del 1916, guidati dal comandante Rizzo avevano affondato la Corazzata austriaca Santo Stefano. Volevano vendicarsi di questo smacco subito e della beffa architettata da Gabriele D’Annunzio che era riuscito a penetrare nella baia navale austriaca di Buccari senza colpo ferire.
I sessantadue soldati austriaci furono fermati in tempo da alcuni finanzieri che li riconobbero come soldati nemici. Nel porto di Ancona c’era rimasto solo un Mas, gli altri erano stati dislocati altrove.
Dopo la relazione del Bruschi, alcuni alunni, coordinati e preparati dalla prof.ssa Ilenia Santoni, docente di Italiano dell’Istituto “Stella Maris”, hanno letto alcune delle poesie più belle e commoventi sulla Prima Guerra Mondiale, scritte da Giuseppe Ungaretti, Umberto Saba e Clemente Rebora. La prof.ssa Barbara Montesi, docente di Storia Contemporanea presso l’Università di Urbino, ha relazionato sul tema “Famiglie e donne nella grande guerra”. Il primo conflitto mondiale entrò prepotentemente anche nelle case degli Italiani ed invase la sfera privata delle donne. Non ci fu più nessuna distinzione tra pubblico e privato per le famiglie e le donne italiane. Lo spopolamento maschile delle campagne e delle industrie obbligò la donna ad occuparsi del lavoro nelle campagne e nelle industrie. I quattro quinti delle famiglie italiane ebbero tutte almeno un figlio al fronte per tutta la durata del conflitto.
Le donne appartenenti alle classi elevate entrarono come crocerossine negli ospedali militari e in quelli da campo. Toccarono con mano gli orrori della guerra negli arti dei soldati amputati da granate. Il settantacinque per cento della popolazione maschile tra i diciotto ed i trenta anni venne richiamata al fronte. A casa rimanevano fidanzate, vedove e mamme.
I soldati al fronte scrivevano loro lettere strazianti. Anche il diritto di famiglia conobbe una riforma seppure parziale. I figli illegittimi, nati fuori dal matrimonio, e a casa con le rispettive mamme, potevano vantare di essere riconosciuti come orfani di guerra e godere di tutti i sussidi previsti, nel caso che il proprio papà morisse al fronte. Prima della guerra era vietata nel modo più assoluto la ricerca della paternità. La cultura dominante era maschilista e prevaleva la retorica della maternità; con la guerra i figli possono cercare il padre naturale. Alcune donne svolsero il compito di madrine di guerra. Avevano il compito di scrivere ai soldati al fronte nel caso che non avessero fidanzate e combinavano i matrimoni per procura. “Potevo essere a casa a potare e a vangare”, scriveva un soldato contadino alla propria moglie, “invece sono costretto a stare qui in trincea in faccia al nemico”. Tristezza e commozione ad ascoltare tali testimonianze. Con la rotta di Caporetto e l’invasione nemica di grandi territori fino al Piave ci furono stupri di massa sulle donne, perpetrati dall’esercito invasore. Gli episodi sono stati taciuti a lungo. La stessa cosa accadde nel secondo conflitto mondiale per le donne “Marocchinate” dai soldati marocchini dopo lo sfondamento del fronte di Cassino, nella zona della Ciociaria. Non se ne doveva parlare perché ancora una volta veniva sbandierata la retorica della maternità. Poi era anche deleterio che gli uomini riconoscessero la propria impotenza a difendere le proprie donne. I figli nati da questa violenza, considerati bastardi, vennero affidati alle istituzioni religiose, fondate da don Celso Costantini a Portogruaro, cappellano militare nel corso del primo conflitto mondiale.
Altre poesie recitate dagli alunni e un video realizzato dagli stessi hanno posto fine al Convegno. È un onore per la scuola “Stella Maris” avere organizzato una simile iniziativa. •

About Raimondo Giustozzi

Vedi anche

Il lavoro, la poesia, la musica, Il mondo garbato di Sandro Bella

In ricordo del barbiere-poeta dai modi garbati che per 60 anni ha portato avanti la …

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: