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Stefano Sabatini e Ambra Mattioli

Nomi e cognomi di coloro che non si arrendono al sisma

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Gli abitanti dell’Alto Nera hanno ritrovato la forza di scrollarsi di dosso la polvere dei calcinacci e si sono rimessi al lavoro

Non sempre si vede, ma c’è. Il residente, “il lato b” dell’alto Nera, come i dischi di vinile di un tempo che sul retro avevano una versione meno intensa e più dimessa. Apparentemente anima gregaria. Ma basta un po’ di attenzione e scopri che “il lato b” ha una ricchezza nascosta, più duratura. I montanari sono così: sembrano rassegnati, sembrano incolori, sembrano niente.
Appena duemila persone in tutto il territorio dell’alto Nera, un quartiere di una città come Tolentino. Dopo anni di disattenzione della politica, di privazione e mancanza dei servizi essenziali, di vincoli, di tasse e purtroppo di terremoti, non stanno in ginocchio, ma faticano ad alzarsi sulle punte, giocano a nascondersi nella rassegnazione o meditano di andare a vivere in città, perché non hanno più speranze, perché vogliono opportunità relazionali e lavorative, di cultura, di svago, di assistenza sanitaria, di reti commerciali e di facili vie di comunicazione. Però la montagna ha i boschi, le lucciole, gli orti, le sorgenti. Però ha la festa di San Rocco, le sagre dei fagioli con le cotiche, della pecora alla callara e del pecorino, del ciauscolo, della trota, dell’acquaticcio. Un po’ di tradizione e un po’ di modernità, ma non troppa e mai vistosa. Nelle frazioni semideserte, nei capoluoghi di fondovalle incontri per lo più uomini e donne anziani, mariti e mogli con le loro vecchiaie intrecciate. L’alto Nera, da sempre un territorio di passaggio. Dove stare qualche ora, qualche giorno, guardare e andare via. Perché quello che vedi talvolta ti spaventa. Un cuore di natura silenziosa, ma anche di nuovi e vecchi arrivi. C’è chi è tornato al natio borgo selvaggio per trascorrervi la vecchiaia e chi da tempo prova a mettervi radici. Federico Rinaldi, persona con un avvenire a Roma, era nella sua casa di Sorbo per produrre e vendere legna. Ora è sfollato con la sua famiglia sulla costa. Giulio Pennacchi, geometra, è nella frazione di Aschio con un gregge di circa cento pecore, una fisarmonica e una selezione di musica classica. Stefania Servili e Massimo Dell’Orso meditano di riprendere l’attività di bed and breakfast a Vallinfante, a meravigliarsi su memorie del cuore, amore di paese e camere con vista. Giovan Battista Aleotti è a Ussita, in una roulotte, a tenere alto il nome dei “pastorelli”, come sono chiamati i proprietari di un gregge di circa cento ovini. Anche il giovane Riccardo Benedetti è a Ussita con un piccolo branco di pecore: un altro segno di vitalità e di coraggio di cui oggi abbiamo estremo bisogno. Giuseppe ed Emanuele Colapietro, padre e figlio, investono in prosciutti e a Visso li rivendono belli, stagionati e saporiti. Giuseppe Tarragoni si è fatto da tempo affinatore di formaggi e li presenta come “pezzi d’autore”. Stefano Sabatini e la fidanzata Ambra Mattioli hanno traslocato il negozio L’ortolano dei Sibillini su un furgone: tra la frutta compaiono squisitezze come il miele di Roberto Vagnarelli di Villa Sant’Antonio e le eccezionali marmellate di sambuco, di visciole, di frutti di bosco e di rosa canina prodotte dall’azienda agricola Sibilla di San Pellegrino di Norcia. Lina Albani dà continuità ai fasti della pasticceria vissana fondata da Massimo Crisantemi, nella sede originaria di via Cesare Battisti, mentre il marito Fabio Cerri ha riaperto le porte de L’albero del pane in una struttura prefabbricata in via Cesare Battisti, dove hanno trovato posto anche la tabaccheria di Massimo Crisantemi e il negozio di alimentari di Giuseppe Colapietro. A parlare di salumi e della loro lavorazione passano nel laboratorio di norcineria di Giorgio Calabrò, temporaneamente a Matelica, gli studenti delle scuole alberghiere e quelli dell’università di Ancona. Non è da meno Luca Testa, un operatore vissano che si occupa di agricoltura biologica: lenticchia, farro, fagioli, ceci, cicerchia, fave. I suoi prodotti partono per il mondo con il prestigioso marchio ”sapori dei Sibillini”. Piccole aziende crescono. Gregorio Ciccarelli e Giulio Cianconi hanno temporaneamente de localizzato la produzione, in attesa di riportare a Castelsantangelo la Norcineria dell’alto Nera. A loro volta Massimo e Guido Focacci insaporiscono a Tolentino i prodotti della Vissana salumi, mettendo a frutto i tesori di sapienza di nonna Matilde. L’alto Nera, da sempre zona di confine tra le Marche e l’Umbria, è ancora destinazione di viaggiatori stranieri. A Visso, yes. Sopra “Il collaccio”, ja. Lungo il Nera qualche oui. Quegli stessi viaggiatori stranieri, insieme agli italiani, hanno deciso da tempo che questo è un territorio da scoprire. Se ne è accorto anche il Financial Times che parla del pane cotto a legna a Villa Sant’Antonio, dove Patrizia Cappa, insieme al marito Edoardo Carioli, ha riacceso il forno spento dal terremoto, mentre il padre Antonio, il fratello Francesco e la mamma Maria hanno riavviato il negozio di generi alimentari e ripreso la produzione di salumi per la gioia di chi percorre la vicina strada provinciale. Vita patriarcale e norcineria di una volta, quel mondo tranquillo che piace agli stranieri: piccoli paesi con qualità di vita e arte di qualità. Il Quattrocento, Paolo da Visso e un piatto di tagliatelle fanno il resto. Ne è convinto Domenico Marzoli Capocci che ha riaperto il suo ristorante L’erborista a Gualdo di Castelsantangelo sul Nera, vago sentore di erbe e di magia. Il suo coraggio contiene una lezione fondamentale: si può fare un discorso diverso e vincere. Diverso dalla rabbia, dalla paura e dalla tentazione di abbandonare il tavolo. Perché non si deve guardare alla realtà immaginandola monolitica, coltivando la suggestione che ogni cosa vada nella stessa direzione, quella del tutto va bene. Non si può pensare soltanto all’oggi, ma anche al domani e al dopodomani, immaginando l’impossibile. Su questa scia di saggezza è pronto a ripartire Alessandro Valentini de Il navigante, le pappardelle che ti ripagano i danni da cinghiale. Sono sul nastro di partenza anche i maestri pasticceri Luigi e Francesco Flammini, padre e figlio, le paste che diventano “piccola fabbrica artigianale”, insieme a Mara e Tonino Cappa, de La filanda, l’antica arte della lana che si fa cucina. È il piccolo mondo antico che non spaventa più, capace di ricominciare e saltare nella modernità. Gente creativa che non perde l’attaccamento alla terra. Zootecnia e operosità, una colla che ti ferma per sempre: Luigi Venanzangeli e Pomponio Caraffa sono allevatori a Riofreddo, Bruno Ottaviani e Carletto Pacifici a Rasenna, Costantino Paris a Vallestretta di Ussita, Damiano Sebastiani a Villa Santant’Antonio, Mario Troiani a Vallopa, Leonardo Benedetti ad Aschio, in un locale di fortuna. La crisi sismica lascia intatti i vecchi mestieri, ma cambia la mentalità. I residenti chiedono leggi straordinarie per una situazione straordinaria, e vero coinvolgimento nei processi decisionali, secondo le richieste fatte da Marco Rinaldi, il sindaco dimissionario di Ussita che ha capito quello che c’è nel cuore e nella mente della gente, che non vuole di più, vuole solo un po’ di considerazione e una buona ragione per restare. Possiamo rassegnarci, è vero. Ma anche no. Possiamo aver voglia di lottare e rilanciare un’idea dell’alto Nera che sappia contemperare le esigenze di conservazione dell’ambiente con le legittime necessità locali. Le richieste formulate da Marco Rinaldi alla Camera dei deputati non possono diventare, come sembra, un’eredità dismessa. È “il lato b” dell’alto Nera che vuol cambiare faccia. È la montagna che sceglie un altro vestito e non vuole più essere gregaria. È il montanaro che ti spiega meglio di ogni altro le cose che hai intorno. Le parole, i gesti, le abitazioni e i volti scavati dal tempo. Gli antichi mestieri e i luoghi della memoria e della tradizione. In un viaggio nel passato in cui si cercano le sfumature, la naturalezza, la genuinità, le radici dei luoghi, con i loro gusti, colori, sapori. L’alto Nera trasmette ancora tutta la sua forza attrattiva, seduttiva e fantastica. Ma se perdiamo gli abitanti che cosa resta di tutte queste cose? Le lucciole, da sole, non bastano a illuminare. •

Valerio Franconi

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