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Un seme senza frutto

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La “scuola di formazione all’impegno sociale e politico”

Nella seconda metà degli anni ‘80 giunse al culmine la grande crisi della politica italiana e si sentiva l’esigenza di un rinnovamento. La DC ormai era vecchia e i suoi uomini non davano più affidabilità, l’avanzata del PCI, nonostante la crisi scoppiata nell’URSS e nei paesi satelliti, era inarrestabile. Si fece interprete della situazione il card. di Milano Carlo Maria Martini lanciando le “Scuole di formazione all’impegno sociale – politico” (SFISP). Se ne fece un gran parlare in tutta Italia, sembravano la via aperta per una presa di coscienza nuova della presenza dei cattolici nella società. In diocesi se ne fece interprete don Lino Ramini, che chiese al vescovo di dare inizio alla scuola. Il vescovo accettò, anche perché la “Cooperativa 13 Maggio” se ne assunse l’onere finanziario. Il vescovo me ne affidò la direzione e tra lo scetticismo della maggior parte e l’entusiasmo di pochi facemmo un progetto e secondo il desiderio di don Ramini decidemmo di aprire la scuola a Civitanova. L’iniziativa della diocesi di Milano era di carattere popolare, da noi si decise di dare un taglio formativo per persone disposte ad entrare nella vita politica locale, comuni e province.
Il progetto era ambizioso: due giorni di lezioni al pomeriggio dalle 16 alle 20, coinvolgemmo docenti universitari: Ferretti, Totaro e Mancini di Macerata, Gatti di Perugia, Niccoli di Ancona ecc. Io mi assunsi l’incarico di tenere lezioni di Bibbia. Fu scelta la sede nella nuova zona commerciale di Civitanova, nei locali di proprietà della diocesi, di facile accesso perché vicino all’uscita dell’autostrada, ma distante dal centro storico della città. Facemmo conoscere l’iniziativa in diocesi e a Macerata, avemmo una trentina di giovani iscritti e nell’ottobre 1989 partimmo.
La “Cooperativa” mise a disposizione ventimilioni all’anno, il prof. Andrea Rebichini era il segretario ed aveva l’incarico dell’organizzazione e del compenso ai docenti. L’entusiasmo iniziale fu tanto, ma dopo Natale si cominciò a sentire che l’impegno di frequenza e di studio era grande e quindi cominciarono a diminuire le presenze e lo scacco fu grosso quando a giugno solo pochissimi si dissero disposti a fare i colloqui, che di fatto poi non sostennero. Ci facemmo coraggio, sentimmo gli iscritti, decidemmo di tenere le lezioni solo un giorno la settimana.
Si cominciò il secondo anno col fiatone, andammo avanti ancora per due anni e nel 1993 si chiuse l’esperienza. Lo smarrimento fu profondo, ci consolava il fatto (amara consolazione!) che quasi tutte le SFISP di qualsiasi tipo sorte in Italia ebbero più o meno lo stesso travaglio, compresa quella di Milano. •

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Direttore de La Voce delle Marche

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