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Primo: accoglienza

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Spirito ecumenico quello di mons. Luigi Conti, non soltanto verso i non cattolici o i non credenti, ma ancor più verso gli impegni di spiritualità. Nel suo parlare invita i cristiani a crescere ulteriormente nella comunione e nella fraternità radicata nel battesimo. Diceva S. Ambrogio: “Con voi sono cristiano, per voi sono ministro”. La pazienza con cui l’arcivescovo Fermano cerca di rimuovere gli ostacoli della comunità alla comprensione reciproca è vero dono di riconciliazione.
È sempre modificabile il modo di far memoria dei fatti del passato, è aggiornabile ogni ricordo, superando dispiaceri ed errori, per andare oltre le incomprensioni e per giungere all’accoglienza degli altri.
Di fronte alla cultura mondiale del consumismo che brilla nelle trasmissioni televisive con cucine per soddisfare lo stomaco della gente, l’arcivescovo Conti ha voluto rispondere con la carità non solo intellettuale ma concreta accogliendo nel suo Seminario migranti, rifugiati, profughi, richiedenti asilo. Alla ricerca del successo banale di immagine o di comodità, ha proposto l’alternativa della carità, che fa avanzare le persone nel cammino per la ricerca del vero, del bello e del buono.
Ha mostrato come uno non approfitta mai del ruolo ed ufficio che personalmente esercita, ma vuole spendersi nei suoi impegni pur difficili per alte finalità. In un mondo in cui si fanno prevalere le distrazioni, l’arcivescovo Conti ha inviato ogni anno ai turisti una lettera di benvenuto, in più lingue, nel nome degli ideali umani dell’accoglienza, dell’ascolto, del dialogo, del confronto, dell’apertura d’animo. Non un turismo consumato nella stanchezza dello svagarsi e sfinirsi; ma essere compagni di viaggio, amare i luoghi, lasciarsi provocare per condividere la cultura locale, cercare ciò che unisce e considerare le vie per un’Italia migliore con confronti e scambi nella famiglia internazionale, contro le forme disumanizzanti.
Il turismo e le attività culturali, sono stati raccomandati dall’arcivescovo come artigianato di umanità, di formazione e di carità per trarre fuori il meglio di ciascuna persona, per il bene di tutti. Egli scopre le radici della povertà e rivela che sono radici culturali. Incoraggia a tutelare il sapere umanizzante, non quello banale per un rapido successo a basso costo. Da molti uomini di responsabilità pubblica noi riceviamo discorsi invasi dalla retorica delle paure, con prospettive fallimentari. L’arcivescovo ha invitato i giovani, nelle riunioni annuali ed in quelle locali, a crescere liberi dalla paura del futuro. La responsabilità nella casa comune non fa prevalere il timore, anzi rende ogni persona artigiana della speranza nella pace, ripudia l’indifferenza neutrale, distrugge le incertezze, vuole evitare i conflitti. Il presule crede al valore del diaconato e degli ordini religiosi e lo potenzia fortemente nel ruolo della carità del vangelo.
L’arcivescovo Conti ha le proposte profetiche della civiltà del bene, per far superare la grigia indifferenza apatica di fronte al male. Ai giovani egli propone fiducia, coraggio, e sognare alla grande; non consumismo né punti di vista infausti. Nel ripensare alle sue parole incoraggianti, noi, seppur talora siamo stati sordi ed insensibili, ora comprendiamo il grande dono di poter collaborare ogni giorno alla venuta del regno di Cristo. •

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