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Condividere la speranza

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Caritas: dal convegno diocesano un messaggio per il Natale

La terza domenica di Avvento, ormai da diversi anni, è occasione per le parrocchie per vivere la gioia della buona novella ai poveri. In alcune chiese si animano le liturgie, pregando in modo particolare per i bisognosi e sensibilizzando tutti a farsi prossimo di chi è isolato e privo di aiuto; in altre si promuovono feste e momenti di convivialità. Un momento di convergenza per tutte queste esperienze è dato, infine, dal Convegno pomeridiano organizzato dalla Caritas Diocesana presso la sede di Fermo, sita nei locali della Parrocchia di Sant’Antonio.
Per il secondo anno consecutivo il tema scelto per la riflessione è stato collegato all’evento del terremoto. Se per i mezzi di comunicazione questo fatto non desta più tanto rumore e non richiama l’interesse delle masse, è importante per la Chiesa mantenere un costante rapporto di prossimità con chi ha visto la sua vita stravolta a seguito dei sismi del 2016. Se lo scoramento assale le popolazioni colpite dalla catastrofe, è utile far emergere e condividere l’essenza della speranza cristiana.
Questa è innanzitutto comunitaria: il cristiano non può sperare la propria salvezza se non nella speranza della salvezza di tutti gli uomini. Nella sua lettera enciclica Spe salvi, Papa Benedetto XVI dedica molti numeri alla spiegazione del perché spesso si corra il rischio di una speranza individualistica, che non coincide con i tratti autentici della speranza cristiana. Priva della dimensione comunitaria ed ecclesiale, la speranza del singolo sarebbe una sorta di fuga dal mondo per trovare riparo in una fede disincarnata e distaccata dai problemi degli altri.
Sono state le ideologie del secolo scorso e la fiducia incondizionata nel progresso a determinare l’abbandono della dimensioni più concrete e condivise della speranza dei cristiani, troppo protesi verso la Gerusalemme celeste e troppo poco impegnati nella costruzione della città terrena.
Stando ai principali testi contenuti nella Lettera ai Romani, la speranza nasce dalle doglie del parto, nella tribolazione, nella tensione verso il futuro e non è solo un elemento costitutivo di alcuni, ma fa parte del codice genetico dei salvati, i quali non possono sperare senza essere attivamente coinvolti nel servizio da rendere agli altri.
Il Convegno, proprio perché evento comunitario, ha voluto condividere i tanti segni di speranza provenienti da diverse zone della Diocesi colpite dal terremoto attraverso le testimonianze e i racconti dei presenti.
La disgregazione delle strutture non deve provocare l’allentamento dei rapporti comunitari.
Condividere diventa allora il verbo della speranza che si coniuga al plurale e favorisce la costruzione di rapporti significativi tra le persone. •

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