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Il nostro non è un tempo di trionfi, ma di umiliazioni

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L’Avvento 2017 per la chiesa fermana è iniziato con l’arrivo del nuovo Arcivescovo. Impossibile non collegare i due fatti e non cercare i punti di contatto tra di loro.
1. La novità di Dio. Colui che fa nuove tutte le cose sorprende sempre il suo popolo e lo costringe a fare una lettura dei segni dei tempi. Nelle tante piegature della storia si nascondono gli interventi divini, che vanno riconosciuti, compresi e letti con uno sguardo illuminato, capace di andare in profondità. Dopo la storia fatta dalle cronache, che hanno raccontato sui giornali i primi giorni di Mons. Pennacchio a Fermo, si rende necessaria adesso nella coscienza di una chiesa la narrazione della storia di salvezza, sotto il segno della novità.
2. L’umiltà di Dio. “Non è tempo di trionfi”, ha detto il nuovo Vescovo alla fine della celebrazione per il suo ingresso in Diocesi. L’Avvento ci ricorda come Dio abbia scelto la via della piccolezza e della povertà per abitare a fianco dell’uomo. Per accogliere il Signore nella gloria, alla momento della sua seconda venuta, è necessario accettare l’umiliazione, coinvolgersi nella storia degli ultimi, riconoscere dove si colloca Dio nello scenario del presepe del nostro tempo.
3. Il tronco e la radice. Gesù di Nazareth è il virgulto che spunta dal tronco di Iesse, la speranza di un popolo. Si collega fortemente alle sue radici. Il nuovo pastore della chiesa fermana ha detto che è impossibile per una persona dimenticare le origini, la cultura di provenienza, le tradizioni di una terra. Ritornare alle radici, alle origini, è stato sempre un forte desiderio della chiesa, soprattutto quando la capiva che si era spento l’amore per lo Sposo. Andare alle origini non significa tanto fare operazione di archeologia, rispolverare il passato, vantare gloriose tradizioni, quanto recuperare appieno la radicalità del vangelo e ritrovare ciò che è vero da sempre, la linfa e la sorgente.
4. Non sono io il Cristo. Giovanni il Battista è uno dei personaggi chiave dell’Avvento. Uno dei suoi principali insegnamenti è in negativo: lui non è il Messia. Come scrive P. Curtaz nell’ultimo numero del settimanale Credere: “Giovanni non si prende per Dio, non gioca a fare il Messia. Non abusa della sua notorietà , né del suo carisma. Di sé ha capito che è una voce imprestata alla Parola, che la sua vita è strumento per il grande progetto che Dio ha sull’umanità. Il più grande fra gli uomini ha fatto ben poco delle cose che noi oggi indichiamo come essenziali per passare alla storia”. •

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