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Donna oggetto e preda tribale

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Stupri musicali: i messaggi degli idoli hip-hop dei bambini

“In uno stupro, puoi soltanto guardare e mangiare un Duplo”: se un insegnante (maschio) lo dicesse durante una lezione in prima media, verrebbe mandato direttamente alla gogna mediatica, con tanto di trasmissioni pomeridiane dedicate all’argomento, l’intervento del Ministero ed il rapido allontanamento dalla scuola. Se invece quelle stesse parole vengono sibilate dal rapper Gemitaiz negli auricolari di quegli stessi alunni, nei corridoi di quella stessa scuola, la cosa passa inosservata, anzi, inascoltata. Come ha evidenziato un sondaggio condotto negli oratori dall’Associazione Hope, tra gli artisti decisamente preferiti dai bambini-ragazzini ci sono quelli Hip-Hop, Rap e Trap, la cui narrativa sta diffondendo, tra l’altro, un modello di relazione tra i sessi devastante sia per chi ne diviene soggetto, i maschi, sia per chi ne diviene oggetto, le femmine. Andiamo a vedere qualche altro esempio significativo. Per il collettivo romano “Dark Polo Gang” la donna non ha nome né identità, ma è, semplicemente e costantemente, una “tr**ia” (brani “Magazine”, “Caramelle” e altri); oppure è la vittima designata nella lotta tra gang: sì, sono proprio quello st****o che si sc**a la tua donna (brano “Marilyn Manson”); per Sfera Ebbasta, l’unica cosa che cambia col tempo è la tipa che ti sc**i, riducendo la donna a oggetto intercambiabile (brano “Lingerie”); per il “sanremese” Mudimbi, la donna è un animale a quattro zampe, come Scooby Do, uno “scimpanzé”, che deve stare a cuccia, brutta bertuccia e soddisfare le sue voglie (brano “Supercalifrigida”); per “Noys Narcos e Gemello” la donna si può uccidere: paga le tue colpe, spara a tua moglie (brano “Verano Zombie“).
Grazie alla straordinaria forza comunicativa della parola musicalmente ritmata, è altissimo il coefficiente di penetrazione nell’immaginario dei giovanissimi di questi messaggi, che contribuiscono a sterilizzare buona parte dei progetti educativi familiari, scolastici o ecclesiali, ormai quasi ridotti ad una dispendiosa insignificanza.
A che serve, per esempio, la lezione sul rispetto dell’altro, magari fatta l’ultima ora di scuola, se pochi minuti dopo e per il resto della giornata i ragazzini-bambini ascoltano altri adulti cantare che la donna può essere oggetto sessuale e preda tribale dei maschi?
A che serve, permettetemelo, la retorica adulta della festa della donna, se stiamo consegnando le ultime generazioni in mano a chi riempie la loro testa ed il loro cuore di autentica spazzatura relazionale radioattiva che necessiterà di anni per essere smaltita?
Piuttosto è necessario ed improcrastinabile che il mondo educante conosca nei dettagli cosa vedono ed ascoltano i ragazzini-bambini nella solitudine delle loro fragili vite, per formulare proposte che intersechino realmente le loro strade, evitando di lasciare zone franche dove agiscono altri adulti non interessati al loro bene; senza questo impegno, il punto di non-ritorno, oltre il quale l’educazione non potrà più nulla, è sempre più vicino. •

Marco Brusati

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