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Italiani: furbi fatti fessi

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Governano i peggiori. I migliori non assumono responsabilità

“Nei giorni che passammo a fianco degli alpini, mi fu possibile osservarne ancora una volta il costume e lo stile di vita. Erano uomini d’una semplicità tale che io – anche se la conoscevo ed amavo – avevo in realtà dimenticato che esistesse tuttora sulla terra. Fra loro il sì era sì, il no era no, ed era ignoto il nervosismo petulante dei raggiri e il doppio senso. Delle gesta da epopea che avevano compiuto, parlavano di raro, quasi solo per trarne qualche giudizioso insegnamento. Ma un tempo in cui, essendo l’Italia nella cattiva fortuna, tutti gli sciocchi esaltavano i vincitori e ogni loro cosa, oro e orpelli, questo soldati mantenevano, senza alcuna iattanza, una fiducia in se stessi che sapeva della pietra. Non ero il solo ad osservarli: mi accorsi che anche Canèr ogni tanto li studiava in silenzio. Ricordo una sua osservazione, un giorno in cui, scopertolo in tale atteggiamento, lo avevo approvato con un sorriso: Magari tutti gli Italiani fossero così, invece di fare sempre i furbi, e di spendere tanta parte delle loro energie nel fare fesso il prossimo. La nostra professione nazionale, per la quale, a turno, ognuno di noi viene e essere, prima o poi, un fatto fesso. Aveva tentennato la testa. Un’intera nazione di furbi fatti fessi! Ci aveva mai pensato, signor tenente? (Eugenio Corti, Gli ultimi soldati del re, pag. 205).
Il Corpo Italiano di Liberazione, di cui Eugenio Corti faceva parte quale tenente d’artiglieria, stava risalendo la penisola assieme agli anglo americani e al secondo Corpo D’Armata polacco del generale Wladyslaw Anders, spingendo i tedeschi sempre più verso la Linea Gotica, dove i soldati del Terzo Reich avrebbero resistito fino alla primavera del 1945. Superata Filottrano, dopo un’aspra battaglia contro i tedeschi, il fronte si attesta sopra “L’erto paese di Barbara”, dove sono di stanza “Gli alpini del battaglione Monte Granero”. Nei momenti in cui la battaglia contro i tedeschi registrava qualche pausa, lo scrittore brianzolo non disdegnava di annotare qualche riflessione valida anche oggi. Eugenio Corti, nel piccolo paese della provincia di Ancona, era distaccato presso l’osservatorio Caterina, un nome in codice. Canèr di cui si parla nel testo è il gigantesco sergente inquadrato nel Raggruppamento Folgore, divisione Nembo. Cadrà vittima della burocratica meschinità dei comandanti.
Governano i peggiori? Scrive Piero Stefani: “Un dramma della politica è che non si può fare a meno del governo; eppure, di frequente, il potere cade nelle mani dei peggiori; ciò avviene anche perché i migliori rifiutano di assumere le responsabilità pubbliche che a loro competerebbero. Il discorso però è meno schematico di quanto non appaia. Lo è se si tiene conto della motivazione espressa dagli alberi fruttiferi, i quali concordemente sostengono di rinunciare alla carica perché la sua assunzione impedirebbe loro di produrre frutti”. Continua ancora nello stesso articolo ampio e ricco con riferimenti a pagine bibliche di rara bellezza: “Oggi constatiamo il rifiuto di darsi alla politica da parte di coloro che producono frutti nella società (ulivo, fico, vite), dall’altro registriamo la volontà di occupare quel posto a opera di coloro che sono improduttivi sul piano economico e culturale (rovo) (Piero Stefani, www.retesicomoro.it venerdì 4 maggio 2018).
La furbizia è entrata oggi nel patrimonio genetico dell’italiano medio. In un mondo dominato dai furbi, occorre, dicono molti, per fortuna non tutti, farsi furbo e questo è evidente in tutti i segmenti della società. Si ha paura del diverso per provenienza geografica, religione e cultura. Spunta subito chi promette di risolvere in ventiquattro ore il problema dell’immigrazione clandestina e non. Nella scuola, ambiente che conosco abbastanza bene, dopo gli entusiasmi degli inizi, trovavo che ognuno si ripiegava su se stesso, dicendo chiaramente che la professione gli aveva insegnato ad essere furbo. “I care”, scrivevano i ragazzi di Barbiana. Era il motto intraducibile dei giovani americani migliori. Mi sta a cuore, m’importa, mi preme. L’esatto opposto del motto fascista “Me ne frego”. Tanti avevano sostituito questo credo pedagogico con “Non me ne po’ fregà de meno”. E a dirlo erano docenti che dichiaravano di essere progressisti e di sinistra. Gli alunni non meritavano niente i genitori ancora meno. La scuola che dovrebbe essere il luogo privilegiato per invitare l’alunno alla consapevolezza delle scelte, diventava invece un contenitore vuoto riempito dal nulla. La deriva in cui versa oggi la scuola è figlia di questo passato non lontano.
Nella vita quotidiana capita a volte di essere spettatori di un quadretto come questo riportato. Capelli brizzolati, pantaloni bianchi sportivi, camicia bleu scuro a maniche lunghe, golfino di colore grigio sporco buttato sulle spalle, annodato sul davanti, scarpe giovanili completano il tutto. Gli manca soltanto un bel bastone da passeggio. Sarebbe il perfetto lord inglese. Porta a spasso un bel cane dal pelo quasi rossiccio e con un nome di un eroe d’altri tempi. Un bel quadretto di vita quotidiana in una delle tante strade, affiancate da un bel marciapiede e da una striscia di terra di lato. Il cane, come è giusto che sia, fa la cacca. Il galateo, legge mondana, la chiamerebbe escrementi. Incroci con lo sguardo il signore. Non si scompone affatto. Non si piega minimamente a raccogliere nulla. Se sapesse, lo farebbe il cane direttamente. Eppure ci vorrebbe poco per considerare marciapiedi, aiuole e strade come l’arredo urbano di una cittadina che è di tutti.
La furbizia ha la meglio su tutto. Alla larga quindi del bene comune e di quant’altro.
La furbizia è propria di chi è accorto nel fare il proprio tornaconto, nell’evitare di cadere in inganni e tranelli e nel cavarsela da situazioni imbrogliate. Questa è la definizione data dal vocabolario. Indubbiamente, il termine non ha solo una valenza negativa. L’esatto contrario della furbizia è la genuinità e la sincerità. Qualcuno si spinge oltre e individua nella dabbenaggine, nella sciocchezza e nella stupidità il contrario della furbizia. La vita non insegna a tutti le stesse cose. Proprio perché non si vuole passare per stupidi, si diventa furbi. Ci sono comunque anche qui dei paletti di confine: Sunt denique certi fines quos ultra citraque nequit consistere rectum (Q. Orazio Flacco). C’è una misura nelle cose; vi sono determinati confini, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto. La bontà non va scambiata per dabbenaggine né il bravo e il buono è lo stupido di turno. •

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