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Un “girotondo” intorno alle tappe della vita del Signore Gesù

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Se tra le preghiere cristiane ce n’è una che oggi (ma anche 30 anni fa) i giovani fanno fatica a comprendere, senza dubbio si tratta del Rosario. Basta il solo nome ad evocare stuoli di vecchiette di nero vestite che recitano, in penombra, interminabili Ave Maria e litanie varie: un’idea, insomma, di pratica di devozione che nulla abbia da dire alla vita cristiana di un giovane di oggi.
Eppure, dietro i vari «Che noia il Rosario! Non riesco a pregarlo… è sempre uguale! Mi distraggo in continuazione, è una preghiera che proprio non capisco!» non è difficile scorgere una certa curiosità, voglia di approfondire, di una spiegazione o magari di un consiglio o un metodo. A ben guardarlo, infatti, il Rosario presenta una caratteristica abbastanza semplice da comprendere e per certi versi affascinante: la ripetizione continua di un modulo fisso che aiuta a concentrarsi, a scendere in profondità, a meditare, a far passare la Parola dalla mente al cuore.
Tutto sta nel trovare il giusto modo per farlo.
Anzitutto, prendere tra le mani la corona non è un gesto scontato: il contatto con la cordicella che tiene insieme quei grani dà davvero la percezione della dolce catena che ci rannoda a Dio, esprime un contatto fisico con il sacro e permette di legare la propria vita alla vita di Gesù.
In secondo luogo, bisogna avere presente che il Rosario è una preghiera di aspetto cristologico, come affermava Papa Paolo VI nel 1974: “Il Rosario è, dunque, preghiera di orientamento nettamente cristologico. Infatti, il suo elemento caratteristico – la ripetizione litanica del Rallegrati, Maria – diviene anch’esso lode incessante a Cristo, termine ultimo dell’annuncio dell’Angelo e del saluto della madre del Battista: Benedetto il frutto del tuo seno (Lc 1,42). Diremo di più: la ripetizione dell’Ave, Maria costituisce l’ordito, sul quale si sviluppa la contemplazione dei misteri.” (Marialis Cultus, n°46).
Questo aspetto, a volte tralasciato o non adeguatamente ricordato, è fondamentale per poter rilanciare questa preghiera. Troppe volte il culto di Maria viene presentato come qualcosa di altro rispetto alla fede in Cristo, dimenticando che la madre del Signore non può che portarci a Lui. “Maria è pur sempre strada che conduce a Cristo. Ogni incontro con Lei non può non risolversi in un incontro con Cristo stesso”, scriveva ancora Paolo VI. E questo è davvero importante ricordarlo, perché credo che i giovani, oggi, siano alla ricerca della “Madonna vera! Non la Madonna capo ufficio postale che ogni giorno manda una lettera diversa, dicendo: ‘Figli miei, fate questo e poi il giorno dopo fate quest’altro’. No, non questa. La Madonna vera è quella che genera Gesù nel nostro cuore, che è Madre.” (Papa Francesco).
Ed allora ecco che si può approfondire il terzo elemento fondamentale del Rosario: esso è una preghiera tipicamente contemplativa e meditativa. Ancora in Marialis Cultus, al numero 47, possiamo leggere “Senza di essa (la meditazione) il Rosario è corpo senza anima, e la sua recita rischia di divenire meccanica ripetizione di formule”. Non è un caso se prima di ogni decina venga annunciato quale mistero si va a contemplare, e non ascoltare o ripetere. Potremmo quasi dire che esso è il piccolo spazio di contemplazione che ciascuno di noi può ricavare tra gli impegni della propria vita quotidiana. Solo se ben recitato, infatti, come vera preghiera meditativa, il Rosario, che ci permette di incontrare Cristo nei suoi misteri, non può poi non farci scorgere il Suo volto nei fratelli, specie in quelli più sofferenti.
E questa contemplazione profonda ed incessante non possiamo che compierla in compagnia di Maria. È lei, che serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore, che ci accompagna quasi per mano a rivivere i vari momenti della sua vita accanto al Figlio.
Santa Teresa di Lisieux, con un’immagine semplice e familiare, diceva che «ogni decina del Rosario è un girotondo intorno a un mistero della vita di Gesù»; ed è bello pensare che possiamo mettere la nostra mano in quella di Maria e lasciarci condurre per guardare Gesù come lo guardava Lei.
Ed allora sì, che questa preghiera antica può ridare slancio e ritmo alla nostra vita di giovani cristiani. Don Bosco, grande educatore, l’aveva capito e all’amico senatore Roberto D’Azeglio, che dopo aver visitato l’oratorio a Valdocco gli suggeriva di «tralasciare di far recitare quell’anticaglia di 50 Ave Maria infilzate una dopo l’altra»: rispose «Io ci tengo molto a tale pratica; e su questa potrei dire che è fondata la mia istituzione. Sarei disposto a lasciare tante altre cose, ma non questa. Signor marchese, se fosse necessario, sarei disposto a rinunziare anche alla sua preziosa amicizia, ma mai alla recita del Santo Rosario».
Per concludere, mi sembrano belle ed incoraggianti le parole di san Giovanni Paolo II:
“Cari giovani, attraverso la preghiera e la meditazione dei misteri, Maria vi guida con sicurezza verso suo Figlio. Giustamente i misteri del Rosario sono paragonati a delle finestre attraverso le quali potete spingere e immergere lo sguardo sul “mondo di Dio”. Non vergognatevi di recitare il Rosario.”
E buon mese di Maggio a tutti! •

Augusto Cifola

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