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Oggi vengo a casa tua

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La festa della visitazione valorizza la cultura dell’incontro

Elisabetta, colei che dicevano sterile, sta per diventare madre. Maria lo ha saputo da Gabriele, l’inviato di Dio. E poco dopo, Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda (Lc 1, 39). Non è mossa dalla curiosità, nè si mette in viaggio per verificare personalmente quello che l’angelo le ha comunicato. Maria, umile, piena di carità – di una carità che la spinge a preoccuparsi più della cugina anziana che di sè stessa – va a casa di Elisabetta.
Il percorso da Nazaret ad Ain Karin – la piccola città situata sui monti della Giudea, che la tradizione identifica con il luogo di residenza di Zaccaria ed Elisabetta – è lungo; copre una distanza di quasi cento quaranta chilometri. È questo il secondo mistero gaudioso, la Visitazione, festa che la Chiesa celebra il 31 maggio a chiusura del mese dedicato alla Madonna.
Cosa significa per noi questo mistero?
Prima di tutto indica la libertà di Maria. Libera di partire in fretta, di non lasciarsi condizionare da niente, di fare qualcosa che fino a un minuto prima era lontanissimo dai suoi progetti. La vita è un sistema aperto e non un sistema chiuso.
Papa Francesco più volte ha ribadito che una Chiesa chiusa muore. È vitale allora immaginare la vita, la fede, la Chiesa, Dio stesso come campi aperti. A questo ci aiuta una ragazza in viaggio sui monti di Giuda. La sua spiritualità non consiste in un narcisitico contemplare se stessa o le proprie emozioni, ma nel voler cogliere quanto avviene attorno a sé, sotto l’impulso della parola di Dio e nel voler partecipare al mistero svelato dall’angelo. La vita secondo lo Spirito non si alimenta di un viaggio dentro se stessi, ma di un viaggio instancabile verso ciò che dà profondità, conoscenza, ricchezza alla nostra vita, verso confronti e incontri, alla ricerca di volti di Dio che appaiono e si rivelano nelle nostre relazioni.
“Maria è una ragazza giovane – scrive Ermes Ronchi, presbitero e teologo dell’Ordine dei Servi di Maria – povera di esperienza, e va dalla parente più anziana, ricca di vita, ricca di attese, ricca di Sacra Scrittura, una donna che sarà profetessa di Dio, che l’aiuterà con l’esperienza, con l’affetto, confrontando le loro due maternità impossibili. Quasi una lectio divina a due voci”.
In questo viaggio compiuto in fretta Maria intesse nel suo grembo la carne del Verbo. Lei porta il Verbo di Dio. È la missione di ogni battezzato: essere in cammino con il Verbo verso l’umanità. Ecco l’importanza della visita: portare il Verbo di Dio, anche nel silenzio di una carezza. Nel loro incontro infatti Maria ed Elisabetta si capiscono prima ancora di parlare.
Da questo incontro le prime parole che si scambiano sono parole di benedizione: “Benedetta. Benedetta tu fra le donne”. Su tutte le donne si estende la benedizione di Elisabetta.
Benedetta la donna quindi perchè Dio la benedice con la vita. Le madri sono benedette per prime. E se una nascita è gioia, viene a noi il Dio della gioia.
Dovremmo imparare anche noi a benedire, a dire bene, a cercare parole più buone. Fare visita, andare verso qualcuno è molto più che dire, è una forza di vita che viene dall’alto. La benedizione genera vita e crescita, fa nascere energia vitale.
Il primo passo per l’incontro con il mistero e con il cuore dell’altro è benedire. È dire: “Tu sei una benedizione di Dio per me. Tu sei un dono di Dio. Tu sei salvezza che mi cammina a fianco”. •

About Tamara C.

Direttore de La Voce delle Marche

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