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Paolo VI e l’arte

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L’arte giova a rinnovarsi continuamente. Ogni opera è il riflesso del suo tempo storico di cui echeggia lo spirito. L’artista vi trasferisce il proprio animo, le idee, i desideri, le delusioni, le gioie, le speranze, gli affetti. Nell’opera si legge l’evoluzione del suo vivere con stile giovanile oppure attempato.
A Milano la “Galleria d’Arte sacra dei contemporanei” fu voluta dal cardinale Montini, futuro Paolo VI. Questa raccolta a Villa Clerici testimonia come quel cenacolo degli artisti sia entrato in dialogo con la diocesi ambrosiana e ne abbia realizzato la committenza, grazie alla riflessione ed al confronto sulle tematiche sacre. Il presule voleva che il mondo cristiano e quello degli artisti si incontrassero e voleva congiungere l’arte con la Chiesa, dialogando con gli artisti viventi.
La Chiesa valorizza il culto delle immagini sacre a motivo dell’incarnazione del divin Figlio che nel Battesimo ci rende suoi fratelli adottivi. Purtroppo ci sono disagi.
Il parroco di Santa Maria in piazza, all’inizio del nuovo millennio, appena celebrato l’Anno santo, aveva pattuito per iscritto con i vari sovrintendenti regionali che il dipinto dell’Assunta esistente nell’abside della sua chiesa non sarebbe stato posto altrove.
Al contrario, in seguito, l’atteggiamento dei nuovi reggenti della soprintendenza fu impositivo nel collocare quel dipinto sopra il tabernacolo, con grande dispiacere del parroco che si vide rimosso il tronetto per l’ostensorio dell’esposizione del Santissimo Sacramento.
Il direttore dei Beni Culturali della diocesi difendeva il criterio del culto delle immagini finalizzato alla liturgia. Al contrario i pubblici operatori d’arte consideravano la Chiesa come un museo dove far apprezzare la mostra delle opere d’arte. Non è questo il dialogo autentico tra la Chiesa e gli artisti.
Lo spirito cristiano comunica quello che ha assimilato nel comprendere e reinterpretare il messaggio evangelico, non tanto come conoscenza pensante, quanto come presenza della persona in dialogo con l’umanità.
La creatività è a servizio delle sfide del mondo attuale, non appiattendolo soltanto su orizzonti materiali, piuttosto un mondo aperto al progresso della dignità di tutte le persone. Gabriele Di Giovanni ha scritto che nel DNA del cristiano c’è un di più che tuttavia deve poter sviluppare tutte le sue potenzialità: talenti che abbiamo e che dobbiamo essere disposti a trafficare per il bene nostro e altrui. Stiamo pregando per non adagiarci nella pigrizia e nel timore di non farcela. •

Antimo Lorcassi

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