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Un territorio da devastare

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copertina-11Aso, Chienti e Tenna sono fortemente inquinati. È l’allarme lanciato da Goletta Verde, la campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio e all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane. Contro la cementificazione selvaggia si alza il grido della Coldiretti: “Non è un caso che negli ultimi tempi si sia aggravato il problema del consumo di suolo. Secondo un’analisi su dati Istat, ai 229mila ettari svaniti tra il 1960 e il 2008 se ne sono aggiunti altri 55mila nel giro di appena quattro anni, con una evidente accelerazione del fenomeno.

In pratica, ben un terzo dell’intero territorio regionale che una volta era agricolo ha cambiato destinazione, e ciò senza considerare i guasti causati dal fotovoltaico selvaggio”. Il nostro territorio dovrà essere attraversato dal nuovo Elettrodotto da 380 kW “Fano-Teramo” con i conseguenti rischi collegati alla salute e all’impatto ambientale. Vogliamo verificare anche la qualità dell’aria delle maggiori zone urbane del nostro territorio? Sono anch’esse allarmanti. Le soglie critiche vengono superate con una tale frequenza da far pensare a una vera e propria “crisi ecologica locale”.

Sono dati noti: le istituzioni li raccolgono e li rendono disponibili, i quotidiani locali li diffondono, i cittadini li discutono. Da alcuni anni il grave inquinamento atmosferico delle aree urbane delle Marche è un fenomeno che l’opinione pubblica percepisce e di cui i governi locali sono perfettamente informati. Ma nessuna politica per contrastare l’inquinamento atmosferico prende corpo. È uno stato di cose imbarazzante per le amministrazioni pubbliche delle Marche, anche se l’Italia intera sembra incapace, su questo terreno, di tenere il passo con i Paesi europei.

I governi locali non sanno cosa fare per ridurre l’inquinamento atmosferico. Le soluzioni, in effetti, ci sono, – scrive Antonio Calafati docente di economia applicata dell’Università Politecnica delle Marche – come insegnano oramai molte esperienze europee. Ma si tratta di soluzioni che il sistema politico-istituzionale non riesce a vedere, bloccato da interpretazioni del territorio marchigiano inadeguate, ostacolato da una distorta rappresentazione degli interessi, vincolato da una arretrata visione di breve periodo.

L’allarmante inquinamento atmosferico a Civitanova Marche, come in altre città della regione, è la conseguenza di un uso più intenso dell’auto da parte degli abitanti, causato dall’aumentare degli acquisti e delle relazioni sociali. È stato anche la conseguenza di un uso più intenso che il territorio regionale nel suo complesso ha fatto delle città e, in particolare, dei loro punti focali. Si deve guardare all’organizzazione territoriale che caratterizza le Marche per capire la totale dipendenza dall’auto che abbiamo sviluppato in questi anni: abbiamo bisogno dell’auto per condurre qualsiasi atto di scambio di beni, servizi o informazione.

Le politiche spaziali regionali e locali hanno costruito un territorio disperso e frammentato, reso totalmente dipendente da alcuni nodi, nei quali si sono lasciati concentrare attività commerciali e servizi. Nell’area urbana di Civitanova Marche vi sono circa 25.000 abitanti che vivono in insediamenti che l’ISTAT classifica come case sparse o nuclei. Vi sono, in altre parole, 25.000 persone che devono ricorrere agli spostamenti in auto non solo per motivi di lavoro ma anche per qualsiasi, banale, esigenza di acquisto di beni e servizi privati e pubblici. Questo è solo un aspetto dell’incongrua organizzazione territoriale delle nuove città delle Marche. Nelle aree urbane che si sono formate negli ultimi decenni si è creata una ben definita gerarchia spaziale nella localizzazione dell’offerta di beni e servizi. I nuovi luoghi centrali servono gli insediamenti di più Comuni – e gran parte della popolazione li può raggiungere soltanto in auto.

Montecosaro ha una elevata dipendenza relazionale da Civitanova Marche, così come Corridonia da Macerata. Gli esempi si possono moltiplicare. Percorrere 20 chilometri in auto per fare la spesa quotidiana è normale per gran parte degli abitanti delle principali aree urbane delle Marche. Sfugge completamente ai governi locali che in Europa, in città di uguali dimensioni, ma con una diversa organizzazione spaziale, le stesse funzioni di scambio si realizzano per una parte consistente della popolazione con uno spostamento in auto pari a zero. Il sistema politico regionale e locale continua a non vedere che lo sviluppo spaziale delle Marche sta trascinando la Regione verso una situazione insostenibile in termini ambientali.

La dispersione urbana continua a crescere, manifestandosi in forme persino più accentuate che nel passato, rendendo sempre di più l’auto necessaria, persino per le funzioni di scambio elementari. La logica del drive-in sta modellando l’uso delle città sull’intero territorio regionale, con le gravi conseguenze che rileviamo quotidianamente nella qualità dell’aria. Bisogna ripensare radicalmente il funzionamento delle città disperse nella Regione e accettare la pianificazione intercomunale per poter controllare la dispersione urbana. Occorre anche rimettere radicalmente mano alla distribuzione territoriale degli esercizi commerciali e rendere autonomi gli insediamenti per le funzioni commerciali e sociali di base. Si devono definire vasti ambiti urbani fruibili attraverso piste ciclabili e percorsi pedonali, realizzare connessioni metropolitane tra le aree più densamente abitate delle nuove città. Per ridurre l’inquinamento atmosferico le Marche devono, al più presto, imparare a declinare il tema della dispersione urbana che le caratterizza. Non serve rimpiangere un passato che ormai non esiste più. Il nostro ambiente sarà come noi lo vogliamo. •

Nicola Del Gobbo

About Tamara C.

Direttore de La Voce delle Marche

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