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Nel segno dei filosofi

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copertina-23Erano circa un migliaio le persone presenti a Smerillo per ascoltare il professor Cacciari, invitato dai promotori di Le parole della montagna, una manifestazione culturale alla quale partecipano, da vari anni, nomi importanti nel campo della filosofia, della letteratura, dell’arte, della teologia. È stata fortissima, inoltre, la partecipazione di pubblico a Popsophia a Civitanova Marche, o ai vari Festival della Filosofia, che, sul modello di quello di Modena, Sassuolo e Carpi, stanno conoscendo una vasta diffusione in tutta Italia. Il successo di tali iniziative è il sintomo del fatto che la filosofia viene incontro a un nuovo bisogno che sta maturando tra un numero significativo di persone: il bisogno di capire.

In tal modo, dopo essere stata a lungo sbeffeggiata come un sapere inutile, insignificante, o addirittura dannoso, la filosofia viene ora da molti percepita come qualcosa che è capace di proporre pensieri in grado di gettare un piccolo barlume di luce sulla portata e sul significato delle trasformazioni in atto nel nostro tempo. Sta avvenendo, dunque, una piccola rivincita della filosofia, che, data per morta dalle scienze della natura e dalle scienze umane, oppure tenuta a lungo sotto tutela da una Chiesa che non voleva concorrenti nei discorsi riguardanti Dio, il senso del nascere e del morire, il piacere, il dolore, i vizi e le virtù, le immagini del mondo e i modi di abitarlo, ritrova una nuova vitalità, e una capacità di contatto con un pubblico abbastanza vasto di non specialisti. I partecipanti ai vari Festival della Filosofia sono, infatti, per lo più persone che, in modo più o meno consapevole, avvertono come proprie alcune domande e alcune problematiche sulle quali la filosofia tenta di articolare una riflessione. In molti si è fatta strada la consapevolezza di essere entrati in un periodo in cui la scienza, la politica, o anche la stessa religione, non sono più abitazioni in grado di offrire un sicuro riparo cognitivo e operativo alle esistenze di uomini e donne del nostro tempo.

Le mura maestose di queste case stanno anch’esse traballando, e non danno più quelle granitiche certezze che consentivano a tante esistenze di sentirsi protette e tutelate da una sorta di conforto cosmico, psichico, mentale, che placava le loro inquietudini. È maturata, in tal senso, la consapevolezza che la tecnoscienza, oltre a offrire enormi possibilità di controllo della natura, di miglioramento della vita umana, di allargamento degli spazi di libertà, crea dei problemi inediti che riguardano il nascere, la sessualità, il morire, il rapporto con la natura, la gestione dei complessi sistemi che regolano la comunicazione umana. Si tratta di questioni di cui fino a una cinquantina di anni fa non si immaginava neppure l’esistenza.

La politica poi, che, particolarmente in Italia, era apparsa fino a non molti anni fa come la soluzione dei problemi della società, ora appare sempre più come la causa scatenante della condizione di degrado e di decadenza in cui sta precipitando il nostro Paese. Anche la Chiesa, infine, al di là del forte impatto mediatico di Papa Francesco, vive anch’essa una condizione di crisi più o meno conclamata, e non è più percepita come l’unica istituzione di salvezza che è in possesso di tutte le risposte a tutte le possibili domande sull’assetto del mondo e sul destino della vita umana. In questa situazione di incertezza, un sapere come la filosofia, più duttile e meno assiomatico rispetto ai linguaggi della tecnoscienza e della religione, meno ipocrita e meno asservente rispetto ai linguaggi della politica, tenta, senza troppe deferenze verso il già stato e il già detto, di capire cosa sta accadendo nell’attualità della vicenda umana, e di offrire piccoli attendamenti provvisori in cui le persone possano, con libertà, riflettere sul proprio vissuto e su ciò che esse percepiscono del proprio tempo.

Non è molto, però una Chiesa che spesso non riesce a liberarsi dalla meccanica ripetizione di pensieri, parole, opere, sedimentati in tradizioni recepite come depositi immutabili, dovrebbe considerare con attenzione questo nuovo bisogno diffuso di capire, di riflettere, di confrontarsi, di cui il successo dei vari Festival della Filosofia costituisce un sintomo rilevante. Se la Chiesa non è anch’essa toccata da questo bisogno di capire è destinata inevitabilmente a perpetuare mentalità e stili comportamentali adeguati unicamente a “un passato che non vuole passare”.

Certo, resta sempre vero, come scriveva Sant’Agostino, “amicus mihi Plato sed magis amica Veritas” (“mi è amico Platone, ma mi è ancor più amica la Verità”), resta vero, cioè, che il cristianesimo non è un aggiustamento devoto dei pensieri di una qualche filosofia. È altrettanto vero, però, che un pensiero umano non pigro e non banale è sempre un valido aiuto per liberare la verità cristiana dalle distorsioni e dagli “erramenti” prodottisi nel corso della sua lunga storia. •

G.Filippo Giustozzi

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