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Umiltà, disinteresse, felicità

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Molto attesa la visita di Papa Francesco al Convegno di Firenze: posta, di fatto al secondo giorno, ci si attendeva da essa un orientamento per il proseguo dell’esperienza. Del suo discorso in Cattedrale vorrei sottolineare tre passaggi per me molto importanti.
Il primo è l’annuncio della misericordia come espressione del cuore stesso di Dio e cuore del kerygma stesso, come ci ricorda anche nel messaggio per la Quaresima. È vero che Dio è “l’essere di cui non si può pensare il più grande”, il Deus semper maior, ma non nel senso nel quale istintivamente vorremmo intenderlo. Dio diventa sempre più grande di se stesso abbassandosi, mostrando il suo volto simile a quello di tanti nostri fratelli umiliati, resi schiavi, svuotati. La sua grandezza è proporzionale alla sua kenosi, al suo svuotamento, che non conoscono confini e che superano ogni nostra aspettativa e capacità di immaginazione. Chi avrebbe mai potuto immaginare che così in basso possa “cadere” Dio per amore nostro. E per vedere il suo volto anche noi siamo chiamati ad abbassarci.
Il secondo passaggio riguarda la citazione di Guareschi, a proposito del profilo di d. Camillo: “Sono un povero prete di campagna che conosce i suoi parrocchiani uno per uno, li ama, ne sa i dolori e le gioie, che soffre e sa ridere con loro”. La Chiesa italiana ha grandi santi ma anche personaggi semplici, perfino inventati, che così hanno vissuto la loro fede e che incarnano il suo “genio”. Non mancano analisi e considerazioni giuste e realiste che si soffermano sull’attuale crisi e immanente fatica delle Chiese in Italia ad annunciare il Vangelo, a proporre la vita cristiana, a formare cristiani adulti che non possono non essere buoni cittadini. L’eccessiva insistenza sulle difficoltà può farci perdere di vista la vitalità delle Chiese in Italia che non si è ancora spenta grazie allo Spirito Santo e da cui possiamo ripartire, confidando nelle grandi potenzialità di prossimità che la loro organizzazione consente. Tale considerazione ci mette anche di fronte alla spiritualità autentica che può guidarci e sostenerci in questo tempo complesso: preghiera e vicinanza alla gente.
Infine richiamo lo stile che Papa Francesco ci ha chiesto nel nostro essere presenti nella vita del territorio italiano. L’umiltà è la determinazione a perseguire la gloria di Dio e a liberarci dall’ossessione di mantenere privilegi, di avere posti o spazi di influenza, di conservare luoghi di egemonia. Il disinteresse diventa la quotidiana ricerca e il quotidiano impegno per la felicità di chi ci sta accanto. La beatitudine è il perseguire e custodire nel cuore la felicità vera, che si coniuga con umiliazione e povertà, ed è la volontà di conoscere la ricchezza della solidarietà e della condivisione, e di vivere le proprie miserie con fiducia nella provvidenza e nella misericordia di Dio. Sono tre passaggi importanti alla luce dei quali poter riprendere in mano la Evangelii Gaudium. •

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