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Domenica delle Palme a Sant'Elpidio a Mare con il vescovo mons. Luigi Conti per la giornata della gioventù
Domenica delle Palme a Sant'Elpidio a Mare con il vescovo mons. Luigi Conti per la giornata della gioventù

Una Settimana da DIO

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Buona pasqua. La Redazione augura speranza ad ogni lettore. Quella speranza che affonda le radici nei buoni sentimenti della storia recente, delle tradizioni pasquali raccontateci dai nonni e che sconfigge il girare a vuoto di un clima culturale nichilista e relativista.
“¡Esta civilización mundial se pasó de rosca!”, disse il Papa ai giovani di Rio de Janeiro. Papa Francesco ha lanciato uno di quegli “argentinismi” che caratterizzano il suo linguaggio. In meccanica, quando si stringe più del necessario una vite, la filettatura (rosca) si rompe e la vite comincia a girare a vuoto, non ha più presa sulla materia, sulla realtà insomma. Si dice che si è “spanata”. Quando allora si è “pasado de rosca” significa che si è oltrepassato il limite, che si sono fatti così tanti giri attorno a qualcosa che ormai non si ragiona più, non si vede chiaro e ci si autoconvince che la vita sia quella delle giravolte. Poco importa che l’espressione si riferisca alle droghe o all’alcol, che non sono poi così diversi dall’abuso del potere, del denaro o delle influenze. Il risultato è lo stesso: non si vede più la realtà, non la si “afferra” nei suoi connotati reali, la si distorce esagerandola o la si svilisce mortificandola.
Il Papa lo ha detto ai giovani perché capissero, ma lo ripete anche ai meno giovani: “Questa civiltà è andata oltre ogni limite perché ha creato un tale culto del dio denaro, che siamo in presenza di una filosofia e di una prassi di esclusione dei due poli della vita che sono la speranza dei popoli: i giovani e gli anziani”.
Questa civiltà è andata oltre ogni limite. Ecco il motivo dell’anno della Misericordia. Ecco l’augurio della Buona Pasqua: incontrare Gesù risorto, una vita nuova, una vita di misericordia.
La Pasqua è festa di luce, di gioia, di speranza. È festa di luce, perché risorge Gesù, la luce del mondo, che illumina ogni uomo. È festa di gioia, perché Gesù ha vinto la morte e dà un senso alla morte. È festa di speranza, perché il domani è più certo dell’oggi. La Chiesa, nata dalla pasqua di Gesù, custodisce questo annuncio e lo trasmette ad ogni generazione, perché la pasqua è sempre attuale, va realizzata nell’oggi, nella vita. Scegliere Gesù risorto è scegliere la vita, operare per il futuro. Al cristiano oggi, come un giorno ad Abramo, il Signore dice: «Esci dal tuo egoismo, per entrare nella comunione dei fratelli! Esci dalla tua ricchezza che consumi in forma egoistica! Esci dal tuo peccato e corri verso la novità! Esci dalla tua casa, dalle tue sicurezze, e allarga l’orizzonte della tua vita!». Chi «esce» fa davvero pasqua!
Pasqua è il cardine dell’anno liturgico, la festa delle feste, eppure non può competere con Natale per auguri, addobbi, regali, spot pubblicitari… Forse perché Natale è diventato un luogo di sentimenti nobili ma innocui: il sentimento della famiglia, il giocattolo al figlio, il calore e le luci della casa in contrasto con il freddo e il buio all’esterno, il ricordo della lontana infanzia. Cos’è alla fine Natale? È un bambino che nasce, un fatto consueto, sperimentabile. La Pasqua, no! È un uomo che risorge, un fatto unico, non sperimentabile. Scandalo e follia! Il Natale può unire, la Pasqua invece divide! Questa società può tollerare il presepe, l’albero, il bambino in una culla. È tutto normale. Ma non un uomo che risorge, che lascia il sepolcro vuoto. È anormale. Paolo, predicando la verità della risurrezione agli intellettuali ateniesi, venne giudicato un ciarlatano: «Alcuni dei presenti cominciarono a deridere Paolo. Altri invece gli dissero: “Su questo punto ti sentiremo un’altra volta”» (At 17,32). Lo stesso governatore Festo, successore di Pilato: «Paolo, sei pazzo. La troppa scienza ti ha dato al cervello» (26,24).
Il mondo tollera Cristo, a condizione che non sia risorto. La gente accetta il Natale ma rifiuta la Pasqua. Anche oggi, a Milano come a Parigi, a New York come a Tokio, la gente scuote il capo, incredula, come gli ateniesi al tempo di Paolo. Un risorto? Una tomba vuota?. E chi lo dice? Una donna? Ma via, siamo ragionevoli! Se vogliamo credere a uno psicologo laico e non sospetto come E. Fromm, noi non amiamo la vita; la nostra è una società necrofila, come testimonia la caduta di natalità, l’aborto, l’esaltazione dell’omosessualità (amore sterile per eccellenza), le morti causate dalle auto, dall’alcol, dalla droga, dal fumo…
Noi amiamo non le buone notizie, ma quelle cattive. Considerare la vita umana in termini tragici è in parte causato dai mass media, poiché per lo più «notizia» per loro significa «cattiva notizia». Se un migliaio di automobili viaggia in autostrada senza incidenti, non ce ne preoccupiamo: ma se solo due di esse fatalmente si scontrano, come per magia si radunano spettatori curiosi. All’uomo piacciono i disastri, le cattive notizie. Ma sarebbe bene ricordare, di tanto in tanto, che la vita umana non è solo sangue, orrore, miseria. C’è anche tanta bontà, anche se la morte è sempre presente.
Oggi, se cerchiamo in questo mondo una Domenica di Pasqua, non dobbiamo aspettarci di trovarla fra gli avvenimenti pubblici, riportati dai giornali. Secondo quanto dicono le Scritture, dobbiamo aspettarci che sia un avvenimento segreto, privo di testimoni, misterioso.
Per esempio, possiamo riconoscere la festa della Risurrezione quando la vita si rinnova, risorgendo dalla morte della stagione invernale: quando il grano sepolto nella terra risorge a nuova vita; quando nasce una nuova vita; quando sboccia un nuovo amore tra un uomo e una donna, quando un peccatore confessa il suo peccato e si rialza con una grande gioia nel cuore…•

About Tamara C.

Direttore de La Voce delle Marche

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