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Il bello dello scarto

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Fermo: per il giubileo, inaugurata in seminario “Misericordia” di Postacchini

Misericordiae vultus è il titolo della bolla con cui papa Francesco ha indetto il giubileo straordinario. Ma dove possiamo vedere il volto della misericordia? In quale immagine, in quale opera d’arte, in quale iconografia?
Nella bolla, Papa Francesco cita un’immagine evangelica che gli è particolarmente cara: quella della vocazione di Matteo. Gesù sceglie come apostolo ed evangelista l’esattore delle tasse, collaborazionista dei romani: il peggio in assoluto. Il Venerabile Beda ha commentato che qui Gesù agisce «miserando atque eligendo», cioè scegliendo attraverso la misericordia: ed è questa la frase che il Papa ha voluto come motto papale. In un’altra occasione il papa ha parlato del suo amore per il quadro più celebre che rappresenta quella scena: la Vocazione di Matteo di Caravaggio in San Luigi dei Francesi, vero manifesto della misericordia come metodo di governo.
Il volto della misericordia è quello di Cristo, scrive papa Francesco nella Bolla d’indizione. Ora «l’architrave che sorregge la Chiesa è la misericordia» e il volto di Cristo lo incontriamo nei fratelli e nelle sorelle. Dunque sono molti i volti attraverso i quali si manifesta l’amore misericordioso del Padre.
Ma è il perdono il volto più evidente. Infatti è il perdono dell’adultera (Gv 8) il brano scelto da Mauro Postacchini per l’opera “Misericordia” (cm 115x 85) con la quale il Seminario di Fermo vuol celebrare l’anno giubilare 2015-2016. Lunedì 20 giugno sarà il vescovo a scoprire tale opera d’arte e renderla così pubblica.
Il quadro-scultura si gioca sulle parole dette da Gesù agli scribi e farisei pronti a scagliare una pietra contro una donna sorpresa in flagrante adulterio: “Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra”. Sono le parole che costituiscono il cuore e l’apice della rappresentazione artistica. La scultura-pittura vuole dare visibilità alla Parola del Dio della misericordia, un concetto difficile da rappresentare. È la Parola del Signore infatti che viene rappresentata nella plasticità dell’opera. È l’intervento del Signore che libera l’umanità peccatrice dalla colpa. È nel disarmare la mano che stringe una pietra. È nel chiedere ad ogni persona schiacciata dal senso di colpa che può rinascere. Anche i materiali usati per l’opera sono rinati, trasfigurati.
Il ferro che fa da cornice è stato ricavato dai montanti di uno scaffale abbandonato e arrugginito.
La rete che fa da sfondo apparteneva ad una stia dove vivevano i conigli.
La juta usata per lo sfondo e per le due figure in primo piano a sinistra faceva parte di un sacco che serviva per trasportare frumento.
Il braccio con la mano aperta in legno è stato ricavato da una cassetta per la vendemmia.
Le pietre con incise le lettere sono resti di piastrelle di ardesia.
Quelle lettere scolpite richiamano la legge divina scolpita sulle tavole di pietra. Quella legge che Dio ha scolpito in maniera indelebile nel cuore umano. Quelle lettere non sono messe a caso. Sono raccolte da una rete di juta in modo da comporre una frase. Quasi a ricordare la rete gettata in mare e l’invito di Gesà a diventare “pescatori di uomini”. Si diventa pescatori di uomini con lacapacità di perdonare se stessi, gli altri, la vita.
In basso a sinistra ci sono una macchia bianca e una macchia nera. In maniera stilizzata sono Gesù e l’adultera. Anche loro hanno dietro una rete. Quella rete però si è spezzata. La misericordia è diventare liberi, spezzare i legami del peccato e innalzarsi verso il cielo.
A destra torreggia un braccio e una mano che sta per prendere o per abbandonare un sasso. È la tentazione del male e la voce della Parola con la quale si sconfigge il tentatore dicendo: “Sta scritto”.
I colori dominanti sono spenti, eccetto il bianco che rappresenta Gesù.
Dio è sceso con il suo fulgore in terra (il colore dominante è ocra, quello della terra appunto) per redimerla, per mostrale il cielo.
È un’opera d’arte che fa pensare.
Il Giubileo della Misericordia dovrebbe prima di tutto aiutare ad avere pensieri di misericordia. E la misericordia è bellezza.
Il bello è quel segno (Jüngel non esita a chiamarlo signum efficace, qualcosa di molto simile a ciò che gli antichi comprendevano come sacramento) che è capace di “mettere insieme” il molteplice. È una vocazione alla totalità e all’unità dei frammenti. Il quadro-scultura sprona a trovare unità nei molteplici elementi.
Di fronte al bello che emerge dal suo stesso contesto, ognuno è richiamato a raccogliere la propria umanità dispersa e frantumata verso un tutto che ora non c’è ma che è in un certo senso vocazione. L’unità appare allora come aperta, una possibilità, una promessa per il futuro. In questo senso l’esperienza del bello scioglie i legami, le schiavitù e suggerisce l’esperienza della libertà. Nell’apparizione del bello c’è la chiamata alla realizzazione della luce, del vero, dell’unità. C’è la chiamata alla misericordia. • dgn

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