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Non c’è più Religione?…!

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Luci e ombre dell’ora di religione nelle scuole della diocesi di Fermo

“Equilibrio instabile”, per descrivere la situazione dell’Insegnamento della Religione Cattolica (IRC), rubo questa espressione a Gianluca Grignani. La ricerca di una propria identità è vissuta all’interno di una forte instabilità, che è presente in varie forme e in vari contesti che tendono a interagire e compenetrarsi.
Innanzitutto, l’IRC, frutto di un Concordato, tende a non essere visto come un momento importante per il cammino di crescita e di maturazione dello studente, ma come un’azione “tentacolare” della Chiesa Cattolica che continua a far sentire la sua presenza anche, secondo il pensiero di alcuni, in luoghi che non sono di sua competenza. Al di là, quindi di rapporti di reciproca stima, anche fra gli insegnanti di altre materie, questo pensiero consciamente o inconsciamente, sembra essere presente.
La mia esperienza scolastica, però, mi ha posto di fronte ad atteggiamenti più presenti in chi si professa cattolico che in chi, dichiaratamente non credente, si rende più disponibile al dialogo e al confronto. Poi ci sono gli stessi insegnanti di Religione che non sempre vivono serenamente la loro professione e magari caricati dalla situazione descritta in precedenza, si sentono insegnanti dimezzati, non partecipi appieno della vita scolastica. Il rischio di questa situazione è la possibile doppia deriva: da una parte, fatte le dovute eccezioni, c’è qualcuno che tende a mollare, a “passare” il tempo a proporre lezioni improvvisate e, qualche volta in balia dei “gusti” dei propri studenti; dall’altra qualcuno corre il rischio, invece, di far divenire l’insegnamento una sorta di educazione civica, piuttosto distante dall’approfondimento del fenomeno religioso e morale. Infine, esiste l’instabilità e la volubilità dello studente, che non riesce a percepire l’importanza di una materia diversa dalle altre.
Più attento al risultato, al successo scolastico, ritiene l’IRC inutile, non utile e poco proficuo, quindi, non ventila nemmeno la minima possibilità di prenderlo in considerazione come sbocco post-scolastico al pari di altre materie. Di certo, sarebbe ingiusto generalizzare questo atteggiamento ma, fatte le dovute eccezioni, ci troviamo di fronte ad un atteggiamento ben radicato.
È necessario, poi, aggiungere, che, in alcuni casi anche gli stessi genitori, seppur personalmente dichiarano di essere irritati, però lasciano che, a un certo punto, che i loro figli non si avvalgano dello stesso insegnamento. Nonostante questo quadro di evidente instabilità, paradossalmente, esiste la possibilità di vivere con competenza e responsabilità questo insegnamento.
È necessario rifuggire la lamentela, la voglia di rincorrere gli altri insegnamenti, di continuare a dirci che non abbiamo strumenti e che il nostro voto non “vale nulla”. Proprio questa “paradossale” libertà può dare all’insegnamento la capacità di entrare negli “interstizi” lasciati aperti dagli studenti, offrire loro la possibilità di riflettere sul significato religioso e etico della vita, sul confronto con altre religioni e confessioni, sull’approfondimento della religione cattolica. Parafrasando un pensiero di Don Primo Mazzolari, è necessario, con l’aiuto della speranza vedere la spiga e non il seme che muore. Non so dire, infine, se tutto questo porterà gli studenti a considerare la possibilità di inscriversi a un corso di Teologia, ma certo avremmo dato loro la possibilità di essere uomini e donne pensanti. •

Luca Tosoni

 

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