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Fede a prova di terremoto

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Sant’Angelo in Pontano: nonostante crolli e disagi si festeggia San Nicola

24  agosto 2016 ore 3.36. Due minuti lunghi una vita, due minuti che hanno segnato gli animi dei santangiolesi, oltre che le loro case, le chiese e tutti gli edifici pubblici. Nonostante la notevole distanza geografica dall’epicentro del sisma, Sant’Angelo in Pontano è rimasto particolarmente colpito e la popolazione si è svegliata la mattina seguente pronta a contare i danni, farsi coraggio a vicenda e raccontare quei momenti, in una piazza brulicante come non mai, quasi per esorcizzare il terrore che tutti hanno provato e che tuttora li assilla. Ammirare i nostri luoghi mozzafiato la mattina del 25 agosto non era la stessa cosa di sempre, lo stomaco si chiudeva e gli occhi si riempivano di lacrime nello scorgere la propria casa lesionata, anche gravemente; nell’osservare crepe raccapriccianti sui muri della Chiesa Collegiata e nella Chiesa di San Nicola; nel rendersi conto che la distruzione regnava sovrana in tutto il centro storico, dove la gente ha dovuto presto abbandonare le proprie case. Le ventiquattro suore del Monastero di Santa Maria delle Rose, obbligate a fuggire dalla loro casa, sono state accolte a centinaia di chilometri dalla comunità che tanto le ama, preservando nel cuore la speranza di ritornare alla loro casa in un prossimo futuro che non sia troppo lontano. A distanza di quasi venti giorni da quella notte spaventosamente terrificante è arrivata come ogni anno la Festa di San Nicola, trovando tutte le chiese inagibili e dipinte di ansia e paura: porte sbarrate da transenne e divieti, campanili imbracati e campane legate, quasi a minare la fede vietando l’accesso alla Casa del Signore. Ma così non è stato. Tutti si sono laboriosamente adoperati per allestire una sorta di “chiesa da campo”, se così si può chiamare: un grande tendone bianco in ferro e plastica spezzava l’accogliente atmosfera della piazza del paese, traspirando un senso di tristezza mai avvertito prima, proprio di fronte ad una delle chiese ferite, la Collegiata. Quel tendone spoglio e vuoto, grazie all’opera di molti volontari fortemente desiderosi di regalare una casa a San Nicola, anche lui rimasto senza dimora, almeno per i giorni della sua festa, si è presto trasformato nell’unico luogo di preghiera per tante persone a cui il terremoto aveva sottratto tutto, ma non la fede, che si faceva più ardente e forte. La mattina di San Nicola, 10 settembre, un’aria nuova si respirava sotto quel tendone: una folla sterminata aveva deciso di partecipare alla messa; i canti del coro parrocchiale rompevano a testa alta il silenzio che da giorni dominava la scena su tutto il territorio; le parole del parroco regalavano una speranza a tutti, “non lasciate che il diavolo si insinui nelle crepe che avete nelle case, ma anche nei cuori” e gli animi acquistavano forza e coraggio per affrontare questa odissea. Al termine della Santa Messa era giunto il momento della Processione di San Nicola per le vie del paese: la pericolosità del centro storico non ha fermato in alcun modo la marcia convinta dei fedeli che, pur modificando il loro percorso, hanno portato a termine la consueta processione con la partecipazione delle confraternite dei paesi limitrofi, anch’essi colpiti dal sisma, e della statua di san Nicola che, rimasta miracolosamente illesa dai danni della sua casa, veniva portata in giro per il paese come a benedire tutte le case e i loro abitanti conferendo loro la certezza di essere al sicuro, protetti dal loro amatissimo patrono. Il Corpo Filarmonico Cittadino Santa Cecilia seguiva la Confraternita di San Nicola, spargendo nell’aria note di speranza, mentre il parroco pregava per le vittime di Amatrice, Accumoli e Pescara del Tronto, primo pensiero durante tutte le celebrazioni: una moltitudine di fedeli rispondeva alle sue preghiere a gran voce, maniera più efficace per sconfiggere la paura e rinsaldare i cuori. La stessa testimonianza di fede si è avuta domenica 11 alla Santa Messa delle 10.30, per la quale erano già da tempo previste le Cresime: il terremoto non ha fermato lo Spirito Santo, che è sceso sugli otto ragazzi, in quello stesso tendone che ormai era diventato un rifugio per anime desiderose di incontrare Gesù chiedendo l’aiuto e il sostegno necessari per affrontare una prova ardua. Ha partecipato alla cerimonia l’arcivescovo Luigi Conti, il quale ha speso indimenticabili parole per tutta la comunità, oltre che per i cresimandi: quell’atmosfera di condivisione, con la partecipazione anche delle monache tornate appositamente per l’occasione, era tutto quello che serviva ad una comunità ferita nell’intimo per rinascere e per evitare che il demonio allarghi quelle crepe che, anche se minuscole o talvolta impercettibili, sono la sua porta preferita per seminare discordia ed odio. Anche se quel tendone presto verrà smontato, la Vita testimoniata in quei giorni rimarrà indelebile, quelle emozioni saranno le fondamenta per la ricostruzione dei cuori e degli animi e, proprio come una casa antisismica, rinforzeranno la fede di questa gente tormentata, perché, come recitava la Parola il giorno della festa, “con il fuoco si prova l’oro e gli uomini ben accetti nel crogiuolo dell’amore”. •

Sonia Morè

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