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RITRATTI: Isabel Gonzalez de Aledo

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Il Gran Caffè Belli di Fermo, riaperto da un giovane che scommette su accoglienza e qualità, ospita in questi giorni una pittrice. Isabel Gonzalez de Aledo è spagnola/romana e marchigiana/fermana. Quadri che interrogano, i suoi. Pongono domande primordiali e persistenti: a che vale la vita, in cosa consiste l’uomo?

Lo fanno con colori tenui e forti. Cogliendo un dramma, anzi, una tragedia: il viaggio dei disperati, gli immigrati-profughi: chi s’avvinghia al barcone, chi cammina come smarrito, chi volto sembra non avere.

«Questa mostra “Approdare” – spiega Isabel – cosi come le due precedenti: “Se hace camino al andar” (che è il titolo di una nota poesia di Antonio Machado dedicata a chi dovette emigrare in Europa a causa della guerra civile spagnola, letteralmente “il cammino si fa nel camminare”), e “Alla Deriva”, nascono dall’esigenza di condividere con gli altri le mie sensazioni ed emozioni di fronte al fenomeno della migrazione. Quando ho fatto il primo quadro su questo tema “Deserto di parole” non pensavo che sarebbe stato il primo di una lunga serie». Invece, le cose sono andate diversamente. «Era settembre 2015 e completavo allora i quadri per la mostra “De paso”». Le valigie erano il tema dominante. «Una valigia è sempre uguale a se stessa, ciò che muta è il suo contenuto. Le nostre valigie, che un tempo contenevano i nostri beni preziosi, ci sopravvivono diventando a loro volta contenitori vuoti. Quasi a voler dimostrare che nulla si accumula in vita, che valga la pena di portare con sé per l’eternità. Conterranno però, per sempre, noi stessi: i nostri ricordi, i nostri sogni, le nostre idiosincrasie e i nostri sentimenti». L’intento era «rappresentare l’effimero delle nostre vite per capire quanto siamo davvero di passaggio».

Dalle valigie ai profughi il passo è stato conseguenziale. Seguire idealmente il loro cammino forzato è stato come «riflettere sui temi della solidarietà, pace, convivenza, accoglienza, parallelamente alla sicurezza, xenofobia, paura dell’ignoto, intransigenza».

Barconi, migranti, profughi. «Colpita dall’immensità del fenomeno, non ho saputo resistere all’esigenza di dar forma e colore ai miei sentimenti e sensazioni. Con i lavori raccolti in questa mostra posso solo immaginare ciò che pervade l’essere umano nel mettersi in cammino verso l’ignoto». In alcuni dipinti appaiono i giornali. «Siamo sommersi da fiumi di parole sui quotidiani ma nulla si arresta. Per questo motivo sono proprio i giornali a fare da sfondo: giornali in italiano, inglese, greco, ebraico, arabo, urdu, iraniano, singaporese, palestinese… non importa la lingua, le parole a volte rimangono solo parole». Altri quadri invece hanno «lo sfondo nero come le notti all’aperto, oppure blu come il mare della traversata. In ogni caso non raffigurano le persone, solo le vesti che le ricoprono … e se fossimo noi nei loro panni?».

Ma cos’è la bellezza per Isabel? Parafrasando Adriano Celentano, risponde: «Ciò che ti riempie gli occhi ed il cuore, e dà senso alla tua vita». Aggiungendo del suo: «La bellezza è l’immagine che raccogliamo con gli occhi, conserviamo nei nostri cuori e ci fa scoprire il bello dentro di noi».

Isabel Gonzalez de Aledo è nata a Madrid il 10 ottobre del 1960. Abita a Roma dal 1983. «Spagnola per nascita e giovinezza, romana per anni di vita felice e marchigiana perché la terra d’origine di quelli che amo di più».  Si è laureata in Economia all’Università Complutense di Madrid. Dal 2011 frequenta la RUFA (Rome University of Fine Arts) all corso libero di pittura con il Maestro Fabrizio dell’Arno. La passione le è venuta spontanea crescendo in una famiglia di pittori… «mio padre ed uno dei fratelli – precisa – in modo professionale, mia madre ed altri fratelli (siamo in 7) come diletto». Isabel dipinge in modo sistematico dal 2012. E’ molto legata al fermano.

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