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Anche la fiction è filosofia

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Dopo aver partecipato a Philofiction, un evento accolto nel fermano con grande entusiasmo, ho potuto fare un sacco di riflessioni sul mondo che mi circonda ogni giorno. Organizzato da Popsophia, unica associazione italiana ad occuparsi della pop-sophia, ovvero un nuovo genere culturale che vede l’unione della filosofia – la disciplina che si studia nelle aule scolastiche – alla cultura di massa – la famosa cultura di serie B che si compone di serie tv, cinema, sport ecc. Il messaggio principale che si vuol trasmettere è che, per stare al passo coi tempi, anche la filosofia deve cambiare. Deve uscire dalle aule, dalle università, per potersi mischiare al mondo contemporaneo. In fondo è proprio nella cultura di serie B che nasce il culto delle domande filosofiche più profonde. Pensiamo, ad esempio, al film L’attimo fuggente. Robin William, nelle vesti di un giovanissimo professore anticonformista, fa salire sulla cattedra i suoi studenti suggerendo loro di guardare il mondo da una prospettiva diversa. Così da domandarsi “Chi siamo? Che posto abbiamo nel mondo? Che cosa ci circonda davvero? Di cosa abbiamo paura? Qual è la nostra voce?”.
A prestare per primo la sua voce sul palco di Philofiction è Luca Vecchi: attore, regista, sceneggiatore, uno dei tre fondatori di The Pills – un collettivo che ha riscosso molto successo in rete – che è sbarcato al cinema con The Pills, sempre meglio che lavorare. Chi meglio di lui poteva spiegare che cosa significa ridere nell’era della tecnologia, di Internet e dei social. Innanzi tutto, spiega Luca, tutto avviene più velocemente. La stessa fruizione è rapida e ci si sofferma solo su quei video che durano un paio di minuti. Si ride per delle semplici immagini in loop (gif) o per una meme (letteralmente “imitazione”), ovvero un’idea, un’azione che si propaga in rete diventando virale. Ridiamo però anche in modo malsano davanti a video di intrattenimento come cadute, investimenti e veri e propri incidenti. Perché? Per il desiderio di guardare, di sapersi spettatori di qualcosa. Siamo dei voyeur insomma. Ma state attenti a quei contenuti che avete messo in rete senza pensarci troppo (o che qualcuno ha postato per voi), perchè se passano nei canali giusti e diventano virali, potete scordarvi il beneficio dell’oblio. Siete condannati ad essere ricordati per sempre. Magari proprio per delle figuracce. Ecco allora che occorre sensibilizzare l’utente ad una maggiore responsabilizzazione.
Ma ci sono anche aspetti positivi. Internet, aggiunge Vecchi, ha distrutto i gradi di separazione. È possibile che, grazie alla rete, ci sia un’unione tra due persone che nella vita reale non potrebbero mai toccarsi. È il caso di Ryan Gosling, celebre attore statunitense e il viner scozzese Ryan McHenry. Quest’ultimo ha prodotto una serie di filmati in cui compariva l’attore in primo piano, nelle sue diverse espressioni facciali riprese dai film, imboccato – ed è questa la particolarità – da una mano fuori schermo che regge un cucchiaio di cereali. Video comico che ha fatto il giro del mondo diventando popolare al punto che nelle interviste a Ryan chiedevano il perché non mangiasse questi cereali. Quando McHanry morì di cancro (nel 2015), Ryan Gosling lo ha omaggiato facendosi un video in cui finalmente mangiava i suoi cereali. Un gesto che ha toccato il pubblico, ma che più di tutto ha fatto riflettere su come un semplice video possa creare dal nulla delle re(l)azioni virtuali.
Parlando di cultura popolare non si può non parlare di serie tv.
Grazie ad Internet, alla possibilità di ricrearsi il proprio cinema in casa (home theatre), al godersi comodamente sul proprio divano contenuti in dvd o in streaming, ecco che diventiamo tutti dei cinema-dipendenti. Se parliamo di cinema occorre parlare anche di serie-tv. Dal Trono di Spade (Game of Thrones) a Grey’s Anathomy, da CSI a Modern Family. Tutti ne abbiamo una che ci ha lasciati insonni per notti, incollati allo schermo.
Una delle serie tv proposte da Philofiction è Dexter. Storia incentrata sul crimine che raggiunge l’apice quando il colpevole viene incastrato. Ma non nel modo tradizionale perché Dexter, il protagonista, di giorno lavora come tecnico della polizia scientifica, ma di notte in realtà è un killer che uccide “solo chi lo merita”. Il serial killer dei serial killer. Uccide assassini, stupratori, i criminali sfuggiti alla giustizia attraverso un modus operendi maniacale e del tutto personale. Ecco che si pone l’interrogativo “ma è giusto farsi giustizia da soli?”
Secondo il legale penale Igor Giostra, no. Nel suo intervento spiega come, di fronte a racconti del genere, siamo portati ad avere una reazione di pancia che ci spinge a difendere uomini come Dexter, che stagione dopo stagione diventano eroi pubblici. Ma … uccide. La vera giustizia impone il confronto con le regole e le leggi della società. Se usiamo la ragione vediamo Dexter per quello che è: uno psicopatico con, alle spalle, problemi familiari dolorosi che esorcizza uccidendo. È un uomo che risolve le questioni con la pena di morte, proprio come avviene nelle società barbare. La sua è una giustizia privata, la stessa – si potrebbe pensare – utilizzata dalla mafia.
Ecco come una serie tv, parte della cultura di massa, ci fa interrogare che cosa è giusto e cosa è sbagliato. Dove si trova il confine tra giustizia e farsi giustizia?
L’evento organizzato da Popsophia è stato una vera scoperta culturale. Ha permesso, a coloro che hanno partecipato, di porre l’attenzione su quelle questioni che spesso passano inosservate. Ha saputo sapientemente collegare temi in modo intelligente ed attuale. Grazie ai loro ospiti è stato possibile confrontarsi su contenuti e posizioni contrastanti.
Siamo circondati da immagini, in ogni luogo e in ogni momento. Nelle stazioni, per strada, nei ristoranti, nei musei, ci sono schermi che gridano messaggi e che involontariamente percepiamo. In un’era in cui non siamo più liberi di scegliere cosa vedere e cosa no, e in cui siamo carenti di capacità critica, occasioni come Philofiction diventano cruciali per la crescita personale.
La prossima volta che siete al ristorante e, invece di guardare chi vi siede di fronte, guardate la tv, pensateci. •

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