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Gianfilippo Giustozzi

Il vero ritratto di Teilhard

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Fermo, Istituto Teologico: presentazione del libro del prof. Giustozzi

Theilhard De Chardin, con la sua opera, si propone di scalzare tre pietre deteriorabili poste pericolosamente nelle fondamenta della Chiesa di oggi: l’esclusione della democrazia nel governo della Chiesa di oggi, l’esclusione della donna dal sacerdozio e una visione rigidamente dottrinalistica della rivelazione che esclude per l’avvenire la Profezia. Con queste parole ha terminato la sua lectio magistralis don Gianfilippo Giustozzi sabato 12 novembre davanti ad un pubblico attento e interessato nell’aula magna dell’Istituto Teologico sede di Fermo.
L’occasione della lectio è nata dalla pubblicazione per le edizioni di Studium del volume di Giustozzi “Pierre Teilhard De Chardin, Geobiologia/Geotecnica/Neo-cristianesimo”. Il volume di 665 pagine è solo un estratto della tesi di laurea per il dottorato del professor Giustozzi.
Il merito di questo volume è di rileggere l’opera teilhardiana seguendo una scansione temporale. L’autore ha riletto l’opera omnia di Teilhard confrontandola con i Diari, le lettere, e altri scritti coevi.
img_8506Giustozzi ha iniziato la sua esposizione tratteggiando per sommi capi la biografia del gesuita. Pierre Teilhard de Chardin nasce da una famiglia aristocratica, il primo maggio 1881. La mamma è pronipote di Voltaire.
Fino all’età di undici anni vive in famiglia. Nel 1892, entra in un collegio di gesuiti, 1899 prende la decisione di entrare nel noviziato della Compagnia di Gesù. Dal 1905 al 1908 è a Il Cairo, in Egitto, come “lettore di chimica e di fisica” al collegio secondario gesuita della Sacra Famiglia. In quegli anni rafforza i suoi interessi per la geologia, la paleontologia (in cui ha modo di perfezionarsi più tardi alla Sorbona di Parigi), per la teoria dell’evoluzione. Nel 1912 dopo quattro anni di studi teologici svolti in Gran Bretagna viene ordinato prete. Dal 1912 lavora al “Museo nazionale di Storia Naturale di Parigi” con Marcelin Boule, paleontologo che aveva studiato il primo scheletro completo di Uomo di Neandertal.
Negli anni della prima guerra mondiale, dal 1915 al 1919, vive nelle trincee sul fronte franco-tedesco. Alla fine della guerra viene insignito della croce al merito e nominato Cavaliere della Legion d’Onore.
L’esperienza della prima guerra mondiale risulta molto importante per la genesi del pensiero di Teilhard. A quel periodo risale anche lo scambio epistolare con la cugina Margherita e la redazione di un diario (700 pagine) che, insieme ad altri scritti, costituisce il primo abbozzo del suo pensiero filosofico-teologico maturo.
Nel 1919 ottiene i diplomi in geologia, botanica, zoologia per la laurea in “Scienze Naturali” alla Sorbona di Parigi. Segue i corsi di paleontologia umana tenuti da Marcelin Boule che gli resta amico per tutta la vita.
Il 1922 è un anno delicato per Teilhard. Nel tentativo di conciliare la teoria evoluzionista e la dottrina del peccato originale, esprime opinioni non conformi alla dottrina ufficiale della Chiesa in una lettera a un docente di teologia di Lovanio. I superiori del suo ordine, con un provvedimento disciplinare, lo costringono a dimettersi dall’insegnamento di geologia all’Istituto Cattolico di Parigi. Lo invitano a non pubblicare più nulla su temi filosofico-teologici e gli impongono il trasferimento in Cina, dove si era già recato nel 1923 per conto del “Museo di Storia naturale di Parigi”, e dove rimane dal 1926 al 1946.
In Cina si stabilisce dapprima a Tientsin poi nel 1929 diventato consigliere del “Servizio geologico della Cina” si trasferisce a Pechino. In qualità di specialista in datazione di reperti archeologici, partecipa alla spedizione di ricerca sull’uomo pechinense. La sua collaborazione nell’equipe formata da persone provenienti dalle parti più disparate del mondo lo fa riflettere su un nuovo modo di stare al mondo e di aprirsi ad un atteggiamento cosmopolita.
Nel 1946 ritorna a Parigi. Nutre la speranza di poter cambiare qualcosa. Trova tuttavia una forte resistenza da parte della gerarchia ecclesiastica. L’anno dopo ha le prime avvisaglie dei disturbi cardiaci che lo conducono alla morte.
Nel 1948 si reca a Roma per chiedere l’autorizzazione delle autorità della Chiesa a proporre la sua candidatura ad una cattedra al Collège de France. L’autorizzazione viene rifiutata e qualche anno dopo lascia la Francia. Si trasferisce a New York nel 1951 dove lavora alla “Wenner-Gren Foundation for Anthropological Research”, una fondazione di ricerche antropologiche per la quale si reca due volte in Africa (Sud-Africa e Rodesia), nel 1951 e nel 1953. Muore per attacco cardiaco il giorno di Pasqua del 1955. Viene sepolto nel cimitero della casa noviziale dei gesuiti a Saint Andrew on Hudson (oggi Hyde Park of New York). Qualche giorno prima del suo decesso scrive nel suo Diario: “Vado verso colui che viene”. Al funerale partecipano 4/5 persone.
Dopo aver tratteggiato la biografia, Giustozzi spiega il modo in cui egli ha letto Teilhard. L’introduzione al volume porta infatti questo titolo: “Leggere Teilhard senza encomi, senza deprecazioni, senza annessioni”.
Quindi ha tratteggiato come è stato letto finora il gesuita antropologo: il Benedetto, il cavendus (l’uomo da evitare), il profeta, il poeta del cosmo, il visionario.
Giustozzi propone Teilhard come un pensatore che aiuta a rileggere Dio, il mondo, la storia. Il mondo è una realtà complessa. Occorre avvicinarcisi con una mentalità nuova. Serve una nuova antropologia perché, diceva il gesuita, bisogna passare dall’umano all’ultraumano. Teilhard parla infatti di complessità. Esistono tre infiniti: l’infinitamente grande, l’infinitamente piccolo, l’infinitamente complesso. Non si può più essere superficiali, ignoranti e grossolani. •

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Direttore de La Voce delle Marche

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