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Un divorzio da evitare

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Gli artisti non servono più (al)la Chiesa?

Nei secoli, gli artisti hanno avuto un rapporto privilegiato con la Chiesa, alla cui missione hanno portato i frutti migliori della loro creatività, segnando frequentemente la storia stessa dell’umanità.
Rendere giustizia a tutti occuperebbe migliaia di pagine. Mi limito a nominare alcuni giganti: Cimabue, Giotto, Mantegna, Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Botticelli nelle arti figurative; Mozart, Palestrina, Verdi nella musica.
Il rapporto, tuttavia, si è andato deteriorando, fino a rovinarsi. Lo riconobbe, già oltre cinquant’anni fa, Paolo VI, uomo dal raffinatissimo gusto estetico, che nell’omelia della “Messa degli artisti” nella Cappella Sistina diceva loro: “siamo sempre stati amici. Ma, come avviene tra parenti, come avviene fra amici, ci si è un po’ guastati. Non abbiamo rotto, ma abbiamo turbato la nostra amicizia.
Ci permettete una parola franca? Voi ci avete un po’ abbandonato, siete andati lontani, a bere ad altre fontane, alla ricerca sia pure legittima di esprimere altre cose; ma non più le nostre”. E concludeva con un accorato appello: “Rifacciamo la pace? Quest’oggi? Qui? Vogliamo ritornare amici?”. Lo diceva sommessamente nel tono, ma con la dirompente forza della profezia.
All’alba del nuovo millennio, Giovanni Paolo II, nella “Lettera agli artisti” tendeva loro nuovamente la mano: anche quando “scruta le profondità più oscure dell’anima o gli aspetti più sconvolgenti del male, l’artista si fa in qualche modo voce dell’universale attesa di redenzione”.
Ecco perché “al dialogo con l’arte la Chiesa tenga in modo speciale e desideri che nella nostra età si realizzi una nuova alleanza con gli artisti”; e concludeva: “da tale collaborazione la Chiesa si augura una rinnovata « epifania » di bellezza per il nostro tempo e adeguate risposte alle esigenze proprie della comunità cristiana”.
Chiesa ed artisti, ancora oggi, sono pianeti che seguono, ciascuno, la propria orbita attorno a soli differenti, salvo lodevoli eccezioni; purtroppo, mai come adesso, molti tra i migliori artisti promuovono una visione dell’uomo e della donna coerente ed influente, ma lontana se non antitetica rispetto a quella cristiana. Basta aprire YouTube per vedere, ad esempio, che i video musicali con centinaia di milioni di visualizzazioni, alcuni addirittura da oltre un miliardo, propongono un divertimento sfrenato, uso di sostanze psicotrope, genitalizzazione precoce, confusione di generi: l’esatto opposto di quanto si propone nei percorsi educativi cristiani.
Il tutto, poi, viene presentato in un contesto estetico che piace, attira e fa scuola di pensiero. La pace offerta da Paolo VI e l’«epifania» di bellezza auspicata da Giovanni Paolo II hanno bisogno, oggi, di nuovi testimoni, capaci di comprendere l’urgenza di un dialogo fecondo e continuativo tra Chiesa ed artisti, che non sia relegato ad alcuni momenti estemporanei. •

Marco Brusati

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