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Belmonte Piceno e la polentata in piazza

Belmonte: La Festa dell’Uguaglianza nella condivisione della polenta in piazza

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Nel tablet e nel telefonino si possono vedere le scene vissute dai nonni nel loro carnevale, segno di allegra e amichevole solidarietà. Con un banchetto grasso si diceva addio alla carne perché la parola dice carne- vale (addio) e fa pensare all’astinenza nella quaresima cristiana. Il carnevale era giocoso e curioso nel mascheramento. Già il giovedì grasso offriva la bella occasione di cibi succulenti in abbondanza e di seguito al martedì ancora qualche abbuffo nel mangiare perché il giorno seguente avvia, con il rito delle ceneri, i 40 giorni prima della Pasqua.
Si diceva che “A carnevale ogni scherzo vale”. In quel giorno, i cittadini si travestivano. Il povero e il ricco si mascheravano con qualche allusione ai volti noti. Sin dal tempo degli antichi romani, già, la processione con un carro trionfale faceva pensare al nuovo restauro dell’universo, mentre la confusione caotica indicava la fine del mondo vecchio. Senz’altro si allude al passaggio da qualcosa di vecchio a realtà nuove con la primavera che comincia con una purificazione di cose invernali.
Così sempre. Quest’anno, 28 febbraio, carnevale, si esce dal caos, perché l’energia della primavera si manifesta in nuove forme della natura e attira a condividere la vita nel riconciliarsi. Ogni paese festeggiava con proprie manifestazioni il carnevale. A Belmonte Piceno l’occasione era desiderata per mangiare tutti insieme all’aperto.
La tradizione di preparare e mangiare all’aperto una grande Polentata, con abbondanza di sugo di carne, raccolto tra gli abitanti, serviva a stare insieme, chiacchierando, ridendo, saziando lo stomaco con gustosi sapori.
La manifestazione Belmontese, di grande successo il giovedì grasso dell’ano scorso, fu beffata da due uomini del paese vicino che si misero ad offrire del vino giallo, adulterato. Attenzione, dunque, per le bevande offerte da sconosciuti!!
Il martedì successivo lo spettacolo del carro addobbato in piazza.
Racconta un aborigeno che nel 1962 questo carro di carnevale in piazza era il rimorchio con il trattore di Ascenzo. Alle sponde del rimorchio, si vedevano disegni e foto di attrici e di personalità notorie dell’anno, e dentro un giovane suonava l’organetto e c’erano altri giovani a cantare e a danzare.
Tra la gente che affollava la piazza c‘erano il parroco e il medico, che, sorridenti, salutavano e venivano salutati dai compaesani. Erano don Giuseppe Biondi e Gaetano Pirone che moderava il comitato carnevalesco comunale. Questo accadeva e accade a Belmonte.
Altrove si usavano altre manifestazioni.
A Servigliano, ad esempio, interveniva l’orchestrina per facilitare i balli nel cine teatro. I carri infiorati rappresentavano vari momenti di vita. Senz’altro l’addobbo floreale manifestava il rigoglio della primavera.
Anche a Belmonte, come altrove, per diversi anni si è fatta qualche gara con i canti e con le maschere. Tuttavia l’importante era che tutti vincitori e vinti partecipassero al gran ballo nel locale al piano terra del palazzo municipale affinché l’allegria restasse comune, nella condivisione della propria identità paesana, anche nei momenti di festa. •

 

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