Home » prima pagina » “Stringi i denti sembrerà un sorriso”

“Stringi i denti sembrerà un sorriso”

Stampa l articolo

Pina e le sua chemio

A volte la vita ti pone di fronte a delle realtà che non immagini. Solo dopo averle vissute non sembrano così negative.
Mentre vivevo la malattia avevo l’impressione di trovarmi in un mondo parallelo in cui i ritmi, i tempi, le priorità erano molto diversi dalla normale quotidianità.
Nel varcare la soglia del reparto di Oncologia, sempre affollato, ho conosciuto persone allegre e solidali. Di esse, alcune avevano già alle spalle un lungo percorso terapeutico. Altre le conoscevo e non le vedevo da tempo. Gli infermieri, sempre sorridenti, disponibili ed amorevoli, hanno saputo creare un ambiente familiare chiamandoci per nome.
Nel corso della terapia mi hanno colpito due cose. Innanzitutto l’approccio con il mio Dottore, che oltre ad essere un ottimo professionista, sapeva sdrammatizzare con humor i periodi più duri, additando dei motti incoraggianti, che aveva appesi alle pareti del suo ufficio. Conservo il ricordo, in un giorno molto duro per me, in cui, sorridendo, lesse la frase: “Stringi i denti sembrerà un sorriso”.
Mi ha colpito in secondo luogo il fatto che nel reparto di Oncologia operava un gruppo di volontari. Ogni giorno offrivano un piccolo ristoro alle persone in attesa di terapia, con bibite e stuzzichini vari.
I giorni della terapia erano duri e fatti di lunghe attese. Per questo motivo ogni volta che mi recavo in ospedale dicevo dentro di me: “Coraggio, andiamo a prendere la croce”.
Ogni volta le forze venivano meno, l’appetito svaniva, i sapori non si percepivano. Ho avuto sempre, però, voglia di fare, di andare avanti. Avevo un motto che mi ripetevo spesso: “Passa tutto, passa il bello e passa il brutto”.
Le terapie mi venivano effettuate a settimane alterne e duravano tre giorni. Mi recavo in ospedale dove mi venivano somministrate delle flebo di lunga durata, nonché una da fare a casa per tutti e tre i giorni della terapia.
Mio marito, che mi accompagnava in questi giorni di sofferenza, mi ha sostenuta con allegria, ironia, con le preghiere spesso recitate insieme.
La malattia mi ha dato modo di sentire l’affetto e il calore dei miei cari, la vicinanza di amici, parenti, conoscenti e non. Sono grata a Dio perché scoprendo la malattia per caso, ho sperimentato, in questo anno Giubilare, la Misericordia ricevuta con gratuità da tante persone. Ho capito anche, passando da uno stato di salute ad uno di malattia, quanto sia più facile donare misericordia che riceverla.
I mesi di terapia mi hanno aiutata a mettermi completamente nelle mani di Dio e a cogliere le cose essenziali della vita.
Mi sento di paragonare la mia storia ad un libro vissuto pagina dopo pagina, con la speranza di trovare, ogni volta che ne giri una, quella finale. In realtà, però, trovi solo la forza di andare avanti. •
Pina

About la redazione

Vedi anche

Nonni autorevoli o permissivi?

“Qui si viziano nipoti”: uno stile educativo molto diffuso, ma…  Molti nonni il lasciar correre …

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: