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Il galateo della verità

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Saper conversare senza invadenze, senza ipocrisie, senza paure.

“La moda passa, lo stile resta” lo diceva Coco Chanel.  Il galateo non è un antiquato e soprattutto statico elenco di norme di comportamento o di linguaggio, ma è un insieme di concetti che cambia col tempo  e  segue  i nostri costumi. Come tale, non si poteva disconoscere l’avvento di internet e del mondo virtuale,  la  rivoluzione nei metodi di comunicazione che questi strumenti ci  offrono, e quindi si sono subito sviluppate regole e consigli per un comportamento educato anche in ambito virtuale.
Non dimentichiamoci mai di amare e rispettare la bellissima lingua in cui ci esprimiamo: non abusiamone, cedendo ad un linguaggio storpiato ed infarcito di orrende abbreviazioni ed anglicismi! Tutte quelle “innovazioni” introdotte principalmente dai messaggi di testo dei telefoni cellulari: parole troncate, numeri che prendono il posto delle lettere, orribili K che sostituiscono le C e le H, le vocali che scompaiono assieme agli spazi tra una parola e l’altra e alla punteggiatura, e, ancor peggio, lettere maiuscole e minuscole che si alternano senza logica.
Tutte queste brutte novità sono incomprensibili per chiunque rispetti l’italiano, e se già sono sconvenienti in ambito privato, un simile obbrobrio lo si riscontra persino in ambiti preposti ai contatti professionali! Una conversazione solitamente può essere intima, privata, sociale e pubblica.
Saper conversare è un’arte che chiede prima di tutto, la conoscenza delle corrette distanze da mantenere tra gli interlocutori. Si eviteranno atteggiamenti troppo confidenziali in contesti formali. Ognuno di noi possiede un’area dai confini invisibili attorno al corpo, lo spazio personale, suddivisibile in quattro anelli concentrici: spazio intimo, privato, sociale e pubblico. All’interno di questo spazio, persone estranee non possono entrare tutte allo stesso modo. Quante volte scopriamo di essere  impegnati nel regolare la distanza che ci separa dagli altri. La comunicazione  intima: va dal contatto fisico ravvicinato alla lunghezza di un avambraccio. A questa distanza si può percepire il calore dell’altra persona e il suo odore. Penso al rapporto mamma e neonato. Si parla spesso a bassa voce. La comunicazione privata invece pone la distanza tra gli interlocutori di circa un avambraccio. È esclusiva per colleghi od amici. Ci si può ritirare, se la conversazione crea imbarazzo. A questa distanza sono frequenti sguardi reciproci e gesti contenuti.
La comunicazione sociale vede tra gli interlocutori la distanza pari all’intero braccio. La si utilizza nelle relazioni con persone sconosciute o in quelle molto formali, di solito in luoghi pubblici. Tale distanza è ad esempio quella delle commesse nei confronti dei clienti, oppure dei dipendenti nei confronti del datore di lavoro.
Infine la comunicazione pubblica aumenta ancor più la distanza tra gli interlocutori. Accade quando si parla pubblicamente a più persone, non si fanno preferenze durante la conversazione e si mantiene una buona distanza da tutti gli ascoltatori. Il modo in cui l’uomo usa lo spazio attorno a sé, come reagisce ad esso e come, usandolo, può comunicare dei messaggi di carattere non verbale, è oggetto di studi interessanti.
Comunicazione e linguaggio vanno a braccetto e c’è un “galateo” da accogliere e rispettare per migliorare la qualità del nostro  esprimerci. È bene non utilizzare un linguaggio “da cucina” cioè sciatto, pressapochista ricco di “cioè” o  “piuttosto che” usati a sproposito. Ed ancora, non si utilizzino termini provenienti da lingue morte o straniere, principalmente per evitare di commettere errori di pronuncia o declinazione per non dover attirare l’attenzione  su sé stessi. Una regola base del galateo è proprio quella di non mettersi in mostra.  Ad esempio sarebbe meglio dire “scusate” che “pardon”.  Ci sono   termini  assolutamente vietati dal galateo, come “buon appetito” a tavola o “salute” dopo uno starnuto.  Non è bene utilizzare espressioni  antiquate o troppo ricercate. Si impari invece ad usare un numero elevato di termini, così facendo si descrivono emozioni e situazioni con un maggior numero di sfumature e dettagli. È da evitare assolutamente, in quanto di cattivo gusto, termini che si sentono in televisione come: “alla grande”, “favoloso”, “eccezionale”, “extraordinario” oppure termini giovanili tipo: “allucinante”, “figo”, “mitico”…
Evitare assolutamente le frasi fatte: “al limite”, “mi consenta”, “fondamentalmente”… o termini modaioli del tipo “fashion“, “cool”, “trendy” … Sia che si conversi sia che si scriva, si faccia attenzione ai singolari sbagliati del tipo: capello invece di capelli, spaghetto invece di spaghetti… o  termini comuni di dubbio gusto: “attimino”, “insomma”, “praticamente” … Non lasciarsi andare, per nessun motivo, al turpiloquio. Se proprio si vuole  utilizzare un’espressione forte, lo si faccia senza mai scusarsi in anticipo. Chi ascolta farà finta di non averla udita, e proseguirà la normale conversazione. Evitare ad ogni costo la polemica in quanto ciò che si dice non può essere condiviso da tutti. Occorre sempre far precedere le proprie affermazioni da formule del tipo: “penso che”, “secondo me”, “credo” e quando si è in disaccordo, dissentire in modo garbato, senza assumere espressioni di scherno o di disapprovazione. Utilizzare in abbondanza, iniziando in famiglia, le espressioni di cortesia come “grazie”, “prego”, “mi scusi”, “scusami” ormai d’uso sempre meno comune e indice di profonda educazione. Evitare racconti di storie a doppio senso o contenenti particolari disgustosi. Le seguenti espressioni in base al galateo e purtroppo di uso comune sarebbero sempre da evitare come i termini: “caro” e “carissimo”  e anche “dottore”, rivolti a chiunque. Oppure  la frase “a buon rendere” dopo aver ricevuto un regalo. Un regalo non è uno scambio.
“Tolgo il disturbo” prima di andarsene.  Molto meglio alzarsi dicendo magari  “si è fatto tardi”, prima di salutare i padroni di casa e gli ospiti.
Evitare inoltre i giuramenti che indicano la nostra incapacità di essere persuasivi ed anche le battute sugli altri, che sono sempre di cattivo gusto, e frasi che denotano egocentrismo o eccessiva superiorità, del tipo “Lei non sa chi sono io”.
Rispolverare le regole del Galateo della parola, del gesto, del come dovremmo presentarci non fa altro che giovare a sé stessi e al contesto in cui viviamo.
La parola è importantissima! Se Gesù, seconda persona della Santissima Trinità, si è fatto Verbo vuol dire che essa, la parola, può dare la vita ed allora “buona parola” a tutti! •

About Stefania Pasquali

Stefania Pasquali nativa di Montefiore dell'Aso, trascorre quasi trent'anni nel Trentino Alto Adige. Ritorna però alla sua terra d'origine fonte e ispirazione di poesia e testi letterari. Inizia a scrivere da giovanissima e molte le pubblicazioni che hanno ottenuto consenso di pubblico e di critica. Docente in pensione, dedica il proprio tempo alla vocazione che da sempre coltiva: la scrittura di testi teatrali, ricerche storiche, poesie.

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