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Un ricordo fraterno

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Don David Esposito: sacerdote ed oblato benedettino

“Era un uomo di vita interiore, anche se non sembrava… era anche oblato benedettino”, così Mons. Luigi Conti alle sue esequie il 1 aprile 2017 cui ho partecipato insieme ai coniugi Ottorino e Patrizia Brinchi Giusti, oblati di Montegranaro.
La mia mente si affolla di pensieri e ricordi, quasi a conferma di quanto asserito dal nostro presule.
Conoscevamo Don David da seminarista perché ogni tanto faceva capolino – insieme ai suoi compagni di studio – nel nostro monastero.
Un viso simpatico, dalla battuta pronta ed arguta. Lo rincorrevo con la mente nei vari spostamenti fino alle alte cime di Illice di cui si sentiva orgogliosamente Parroco o per dirla a modo suo “Curato di montagna”.
Comunanza, quasi invisibile sulla mappa geografica, ma ricca di tre Parrocchie, crocevia di tre Diocesi: un “microcosmo” posto in alto, quale segno di unità!!!
Ci sentimmo per telefono, non ricordo quale fu la circostanza che riannodò l’antico legame. Fatto sta che da quel momento una sorta di “complicità dall’Alto” fece scaturire una domanda e pronta risposta.
“Don David, da tempo nella preghiera ho maturato questa proposta: ti piacerebbe diventare oblato benedettino?”
Prontamente mi rispose: “Da tempo ci pensavo… complice anche l’incantevole naturale scenario che ho davanti, che con le sue albe e i suoi tramonti, è un invito continuo alla preghiera”.
Un breviario non cartaceo che lo incantava e faceva di lui un uomo di grande interiorità, a conferma di quanto detto dall’Arcivescovo cui sottopose la scelta dell’oblazione per un “placet” nell’obbedienza e nella consegna.
Me lo raccontò lui stesso, riferendomi della contentezza del suo Pastore che – con grande intuizione- gli disse ch’era buono l’inserimento in una comunità, in un reciproco scambio e sostegno.
Era figlio unico, per giunta rimasto solo col padre anziano in precarie condizioni di salute, morto qualche anno prima di lui.
Era importante per lui una comunità con la quale condividere un percorso, concretizzare il bisogno comune a tutti di porsi in relazione. Partimmo insieme a gonfie vele col sublime canto gregoriano sotto la guida del maestro Emiliano Finucci, suo amico. Un canto che affascina anche oggi, tant’è che nella sala c’eravamo noi monache e laici di diverse parrocchie: una bella esperienza cui ne seguirono altre! Ci alternavamo come relatori nel programma preparato insieme per gli oblati, un po’ “docenti” e un po’ “alunni”, come dovrebbe essere sempre nella vita di ognuno perché mai si finisce d’imparare!
Le nostre telefonate diventavano una conversazione “pastorale”, miranti allo scambio di proposte, alla preoccupazione di “raggiungere” il cuore delle persone, di far conoscere l’Amore di Dio, anche attraverso i regalini da dare agli oblati e ai parrocchiani nelle varie circostanze, fatti da lui stesso con la macchina da cucire, con gusto e sensibilità prettamente “femminili”: dei veri e propri capolavori!
Una telefonata pomeridiana del mercoledì santo 2015 mi fece trasalire e insospettire: come mai a quell’ora e quel giorno quando i presbiteri sono al Duomo?
“Come stai, Madre?”
“Bene, grazie! Tu?”.
Un sospiro, un attimo di pausa…poi finalmente:
“Sai, ho fatto la visita e il dottore mi ha trovato un polipo allo stomaco che non gli è piaciuto tanto”.
Io, di rimando, per sdrammatizzare:
“Che ci fa il polipo al posto sbagliato?”
Una sonora e liberante risata da parte sua, mentre io cominciavo a preoccuparmi, soprattutto quando mi disse che avrebbe fatto prima la chemio e poi l’intervento, fissato successivamente il 17 settembre delle stesso anno.
“Dai, andrà tutto bene!”.
Così non fu!
Un lungo ed inspiegabile calvario lo aspettava!
Lo abbiamo seguito – sia noi monache sia gli oblati – con la preghiera, con le telefonate, con i messaggi, con lo scritto.
Poi a distanza ravvicinata quando venne a Porto Potenza, al Santo Stefano, centro riabilitativo che per noi rappresentava una speranza per una sua ripresa.
Spesso io – a nome della comunità – con gli oblati Ottorino Brinchi Giusti e Patrizia Pacini, Paola Pacini e suo marito Luca Senesi, lo andavamo a trovare. Era contento quando ci vedeva e quale non fu la sua sorpresa quando nel mese di novembre vide la coppia di Salerno, Franco e Rossella Voto, venuti apposta per lui, affrontando cinque ore di viaggio!
In una delle ultime visite, alla presenza mia e dei coniugi Paola e Luca Senesi, con sguardo perso in un orizzonte lontano, disse:
“In questo periodo ho riflettuto tanto sul senso della mia malattia.
Devo accettare ed offrire per tutti i malati come me che si disperano…”.
I suoi occhi commossi e lo sguardo sereno fecero di quel letto un altare dove si stava celebrando l’offerta della propria vita.
È quasi un caso – ma tale non è – che abbia scritto questa testimonianza vicina alla data dell’ordinazione sacerdotale di Don David, il 5 giugno 1993 e del suo compleanno il 19 giugno, giorno in cui avrebbe compiuto 54 anni!
Don David, tu sei vivo nel nostro ricordo!
Grazie per la tua vita donata!
Con S. Agostino, puoi esclamare:
“Viva sarà la mia vita tutta piena di Te” (Confessioni, 10,28). •

M. Cecilia Borrelli, osb

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