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Strafonda affonda la sen. Cattaneo

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Genotossicità del glifosato presente anche nella pasta. Consumatori svegliatevi

Da quando il comitato d’appello dell’Unione Europea sui prodotti fitosanitari, nella seduta del 27/11/2017, ha approvato il rinnovo per altri cinque anni dell’autorizzazione del glifosato, un erbicida totale il cui uso è diffusissimo ormai per tenere pulite scarpate e terreni incolti, sui mezzi di comunicazione si è scatenata una vera e propria lotta tra chi ne promuove l’utilizzo e chi è contrario.
La senatrice a vita, professoressa Elena Cattaneo, su La Repubblica del 1° dicembre 2017, paventa che se il glifosato venisse messo fuor legge la nostra agricoltura ritornerebbe agli anni ’50, periodo in cui si praticava il diserbo manuale delle colture agricole. I sindacati agricoli , la Coldiretti, il mondo ambientalista denunciano invece la pericolosità del glifosato.
Cerchiamo di fare chiarezza su questo prodotto di cui molti parlano e straparlano.
Il glifosato (meglio noto con il nome commerciale di Roundap) appartiene alla categoria dei cosiddetti diserbanti totali, comunemente chiamati disseccanti, prodotti che non fanno nessuna distinzione tra le piante con cui vengono in contatto, risultando così dei fitotossici per tutte, dal momento che inibiscono l’azione di un enzima importante per la sintesi di aminoacidi. Fanno eccezione soltanto alcune piante OGM, come la soia.
Il successo commerciale del glifosato è dovuto, oltre che al basso costo di produzione, al suo meccanismo d’azione. Viene assorbito dall’apparato fogliare e da lì è trasportato, attraverso la linfa discendente, in tutte le parti della pianta fino alle radici e agli organi di riserva, riuscendo così a eliminare anche le infestanti più resistenti.
Ciò che ha reso “famoso” questo diserbante è determinato dal fatto che l’ingegneria genetica ha creato una pianta che riesce a tollerarne gli effetti, la soia ogm, definita Soya Rr, (Roundap Ready), cioè resistente al Roundap (nome commerciale del glifosato). Sia il diserbante che la soia ogm vengono prodotti dalla Monsanto, che su di essi ha creato una vera fortuna economica, invadendo, con la coltivazione della soia ogm, l’America, l’Asia, l’Australia e parte dell’Europa.
Occorre dire, però, che il glifosato, oltre alle erbe infestanti, avvelena il terreno, poichè b18locca alcuni elementi minerali, ad esempio il manganese, impedendone la biodisponibilità per i batteri di azoto e per altri batteri benefici per il suolo. Il risultato finale è la diminuzione della fertilità dei terreni su cui viene applicato. Si stima che nelle zone dove il glifosato viene abitualmente irrorato sulle colture ogm la fertilità dei terreni sia scesa drasticamente, richiedendo, di conseguenza, un maggior uso di concimi.
Altre piante sono state modificate geneticamente per resistere alla sua azione e consentirne così l’utilizzo massiccio: mais, cotone, colza, grano duro, che in Canada viene coltivato con la tecnica del pre-harvest (trattamento pre raccolto).
Tutto ciò ha ripercussioni su noi italiani, che siamo grandi consumantori di pasta. È infatti noto che importiamo grano dal Canada. Occorre chiedersi, però, come una pianta tipicamente mediterranea, il frumento duro, coltivata sin da tempi remoti in tutta la fascia mediterranea, e vegetante quindi in climi temperati, riesca ad essere coltivata in ambienti freddi del Canada, caratterizzati da estati brevissime.
A quelle latitudini, la stagione favorevole alla coltivazione del grano duro è la brevissima estate. Al momento della maturazione della granella il clima è rigido e umido, e non permette la sua essicazione naturale, perché la raccolta avviene al sopraggiungere della stagione fredda. Per favorirne l’essicazione viene usato il glifosato.
Esso uccide la pianta, che essiccandosi, porta rapidamente la granella al grado di umidità merceologica richiesto, e, soprattutto, per l’effetto della veloce disitratazione, garantisce un alto contenuto di proteine.
Il risultato è un grano di alto contenuto proteico, buono quindi per l’industria pastaria italiana, ma anche con un alto contenuto di glifosato, che, anche se al di sotto dei limiti di legge, (10 mg/kg di pasta) entra lo stesso nei nostri piatti.
Lo IARC (Istituto internazionale per la ricerca sul cancro) ha a classificato il glifosato nel gruppo 2A, ponendolo nel numero dei probabili cancerogeni. L’EFSA (Ente europeo per la sicurezza alimentare) ha espresso un parere differente, basandosi su uno studio effettuato in Germania, finanziato, secondo quanto riportato da diverse testate giornalistiche, da industrie vicine alla Monsanto, che spinge per il rinnovo dell’autorizzazione all’uso dell’erbicida in ambito europeo.
Questo diserbante lo troviamo anche quando mangiamo pasta di semola prodotta con grano canadese, come accade per la maggior parte della pasta industriale italiana. Secondo l’indagine effettuata dalla testata giornalistica televisiva “Report” che ha analizzato 6 marchi famosi di pasta italiana, Barilla, la Molisana, De Cecco, Divella, Garofalo e Rummo, in tutti i campioni sono state trovate tracce di glifosato, con valori al di sotto della dose considerata tossica per l’uomo.
Il fatto che i valori riscontrati siano al di sotto della dose accettabile per l’uomo dovrebbe far stare tranquilli, secondo l’industria pastaria italiana, la EFSA, la senatrice a vita professoressa Cattaneo.
E invece no!!!
Io non sono affatto tranquillo per due motivi.
Il primo è legato al fatto che anche le dosi cosiddette sicure, secondo uno studio ancora in corso svolto dall’istituto Ramazzini di Bologna diretto dalla dottoressa Fiorella Belpoggi, responsabile del Centro di ricerca sul cancro “Cesare Maltoni”, i primi risultati rilevano una certa genotossicità dell’erbicida anche a dosi ritenute sicure per l’uomo. Genotossico vuol dire che è in grado di alterare il DNA. La cosa per noi italiani, grandi consumatori di pasta, non è da sottovalutare.
Il secondo motivo è legato al fatto che nessuno parla dell’effetto accumulo dei prodotti chimici sulla nostra salute. Dopo decenni dall’introduzione massiccia della chimica in agricoltura si continua a parlare degli effetti dei singoli principi attivi, ma nessuno ha mai fatto una ricerca sugli effetti del cocktail di pesticidi che introduciamo nel nostro organismo a dosi ritenute sicure per le assunzioni dei singoli prodotti (riso, mais, cereali, verdure, frutta).
Io direi che dovremmo svegliarci e decidere noi cosa comprare, boicottando i prodotti che potrebbero risultare dannosi per la nostra salute. Ora tutti guardiamo sull’etichetta l’indicazione circa l’Olio di Palma. Il risultato è che esso è sparito dalla circolazione, almeno come ingrediente dei prodotti da forno.
Invito quindi a boicottare la pasta fatta con grano canadese, sperando nelle etichette “trasparenti”, che dovrebbero dare attuazione al decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 26 luglio 2017, che obbliga l’industria pastaria a indicare in etichetta l’origine della materia prima, ovvero il paese di coltivazione del frumento duro, nonché il paese di molitura, a partire dal prossimo mese di Febbraio.
Se ciò accadrà, l’industria, vedendo scendere i propri guadagni, correrà ai ripari.
Noi consumatori potremo così esercitare il sacrosanto diritto di poter scegliere cosa mangiare, se pasta importata con tracce di pesticida o pasta prodotta con grano italiano ottenuto senza diserbanti distribuiti in pre raccolta. Riportando sull’etichetta l’origine del grano, lei cara senatrice, potrà scegliersi la pasta al glifosato che vuole, tanto può stare tranquilla, perché l’EFSA e le istituzioni europee la rassicurano. Noi, invece, che non ci sentiamo rassicurati possiamo scegliere la pasta fatta con grano italiano. Così sosteniamo la nostra agricoltura, magari pagando anche un prezzo più alto, consapevoli che le scelte alimentari finanziano e orientano l’industria.
Buon appetito!!! •

Andrea Strafonda

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Un commento

  1. occorre far crescere la consapevolezza dell’influenza a lunga scadenza dell’alimentazione sulla salute di noi consumatori

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