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Morti per droga: lista infinita

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La testimonianza di un medico che lavora al Ser.T. dal 1993

Mi è stata chiesta una riflessione sulla tossicodipendenza dopo i fatti di Macerata con la morte orrenda di Pamela che personalmente non ho conosciuto pur lavorando in un Ser.T. (Servizio Tossicodipendenze) del territorio.
Non scriverò dello “spaccio” perché le forze dell’ordine conoscono meglio la situazione. Non scriverò delle sostanze o dell’organizzazione dei Servizi perché troppo noioso.
Farò riferimento a fatti concreti che possano aiutare a riflettere sulla situazione del problema.
Dal 16.3.1993 lavoro nel Ser.T. come medico.
In quegli anni si moriva per HIV, che si contraeva con lo scambio di siringhe, rapporti sessuali o trasfusioni.
Ogni mese assistevamo alla morte di giovani ventenni. Quando non era per HIV, era per overdose o per incidenti stradali. Erano i tempi in cui abbiamo iniziato nei Sert la somministrazione del famigerato Metadone (droga di stato). Erano i tempi in cui la tossicodipendenza era ritenuta un vizio.
In quei tempi ho visto morire anche bambini di HIV figli di genitori tossicodipendenti. Ho visto malate/i di HIV e non solo, che si prostituivano per la “dose” e per sopravvivere. Ho conosciuto persone “farsi” con acqua di scarico e siringhe già usate da altri.
Allora i tossicodipendenti erano ben riconoscibili e separati dagli altri giovani. Il Sert ne seguiva 127 in un anno. Nel 2017 sono diventati 543, e questo mondo si è modificato. La tossicodipendenza è stata definita una malattia cronica e recidivante e il metadone è un farmaco accettato da tutti che può aiutare anche a risolvere il problema o a stabilizzarlo. Il tossicodipendente spesso lavora e vive in casa. Magari è sposato e sconosciuto ai più.
Oggi i giovani che si affacciano al nostro servizio sono, anche minorenni, accompagnati dalla madre o dal padre o da entrambi, sono giovani spaesati, confusi, a volte intossicati gravemente dall’uso di sostanze.
Non esistono solo l’eroina e il fumo delle canne, esistono in abbondanza anche la cocaina con le varie pasticche stimolanti o psichedeliche, la cannabis sintetica, le diverse bevande alcoliche con assurde modalità di assunzioni, gli psicofarmaci presi dall’armadietto della mamma o di altri familiari, e tanto altro ancora. Allora si doveva arrivare a Rimini per le “pasticche” che “mandavano fuori di testa” ora sono in ogni zona della città. Tutti conosciamo ragazzi che dopo l’assunzione “ci sono rimasti”. Ora vediamo giovani ragazzi “schizzati” dopo l’uso di cannabinoidi.
In questi anni ho visto migliaia di giovani che hanno tentato di reagire, di smettere, di cambiare strada. Molti, sempre troppo pochi, ce l’hanno fatta: con un trattamento ambulatoriale o con un trattamento residenziale in Comunità Terapeutica. Alcuni sono ricaduti nella dipendenza anche dopo molti anni. Molti altri, troppi, sono ancora a combattere o si sono stancati e preferiscono affermare che è ora di legalizzare le sostanze. Molti altri sono morti per varie cause soprattutto legate all’uso di sostanze (cardiopatie, epatopatie, ictus cerebrali, embolie polmonari, gravi traumi cerebrali). Comunque tutti, nessuno escluso, hanno i segni indelebili dell’uso.
Oggi non si muore quasi più di HIV grazie alle nuove terapie, più rare sono le morti per overdose, dal 2017 è stata introdotta la terapia per l’epatopatia da HCV, anche se ancora solo per i più gravi, dati gli alti costi.
Ma ancora ho visto morire persone affette da HIV che avevano smesso volontariamente di assumere i farmaci, andando incontro a complicazioni letali.
Ho visto morire persone per gravi epatopatie provocate da infezione da HCV o persone che dopo aver smesso di usare sostanze avevano iniziato a esagerare nel bere.
Ho visto sempre di più persone presentare una comorbilità psichiatrica grave.
Ho visto ragazzi ricoverati in OPG (Ospedale Psichiatrico Giudiziario).
Ho visto da sempre famiglie distrutte combattere e infine arrendersi.
Mi sembra in questi anni di essere stato in guerra. Una guerra che la nostra società con le sue istituzioni sta combattendo impegnando giustamente cospicui fondi economici. I risultati sono scarsi soprattutto nella prevenzione: continuano a essere sempre più numerose le persone che hanno problemi con l’uso o abuso di sostanze.
Diciamocela chiara non è solo un problema economico o di forze in campo: la nostra società, nessuno escluso, ha bisogno di cambiare direzione, ovvero di convertirsi, non può continuare a demandare la soluzione del problema alle istituzioni. Ognuno di noi deve fare la sua parte.
Quello che cerchiamo di far capire ai ragazzi che vengono da noi a chiedere metadone per evitare le tante complicazioni della tossicodipendenza, è che per risolvere il problema non basta smettere di usare sostanze. Si deve cambiare vita. Ogni sofferenza, stress, alterco, dispiacere, può portare alla ricaduta e la nostra società così spietata non aiuta.
Occorre avere un progetto, una “passione” diversa e convincente per cui spendere la vita.
Noi cristiani su questo dovremmo avere le idee chiare; abbiamo molto da dire e da testimoniare.
Svegliamoci, non dobbiamo avere paura. Abbiamo la passione per Cristo crocifisso e risorto.
Questa è la nostra Fede, questa la nostra Speranza che va comunicata al mondo.
Che sia anche questa oggi nei primi decenni del terzo millennio la nostra evangelizzazione. •

Sergio Ardito

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