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foto SIR/Marco Calvarese

Per arrivare in alto occorre scendere il più in basso possibile

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Sinodo 2018: i giovani, la fede e il discernimento vocazionale

Mi chiedo se i giovani sono così lontani da Dio, come d’altronde lo ero io un tempo, proprio perché la fragilità e la povertà personali non sono più contemplate in questa società e nelle famiglie stesse. Oggi vorrei portare al Sinodo proprio questo! Voglio testimoniare che la fragilità non è un nemico da cui scappare o addirittura mascherare; voglio dire con la mia vita che è bello essere fragili perché è proprio nel momento in cui ti fai vedere imperfetto, come l’argilla informe, che Dio inizia a modellarti e renderti una creatura meravigliosa, un segno della sua potenza e bellezza! Ragazzi: la fragilità e la piccolezza lasciano entrare in azione Dio!
Stamane, proprio quando la navetta mi sta portando in Vaticano, apro velocemente i social e trovo una cosa che mi colpisce molto. È un’immagine con una citazione di Santa Teresa del Bambin Gesù che dice: “Alle anime semplici non servono mezzi complicati!”.
E mi sono chiesta: cosa c’entra questa giovane ragazza, oggi santa, con la vita frenetica di tutti i giorni, con i grandi temi di attualità sempre più importanti?
Per quello che ho conosciuto di Teresina, in realtà posso dire che c’entra tanto con la mia vita. Oltre alle molte riflessioni per questo Sinodo, il Papa ci ha consegnato diversi testimoni che hanno cambiato la loro storia e quella di molte persone, tra cui quella di molti giovani come me. Teresa infatti, dopo aver sperimentato le sue fragilità, le sue povertà, in preghiera ha intuito una via del tutto straordinaria per quell’epoca: per arrivare in alto, dobbiamo farci il più piccolo possibile.
Questa affermazione ha sempre cozzato molto con la mia vita e con l’idea che ho sempre avuto di me stessa: la donna doveva essere forte, grande. Ho pertanto sempre pensato che con questi mezzi – la forza e la tenacia – io potessi arrivare a Dio. Mi ha sempre spiazzato pensare che questa ragazza così giovane, per quanto suora e santa, fondamentalmente dicesse proprio il contrario alla mia vita.
Mi torna allora in mente un passaggio del libro “Il Grido Inascoltato”, scritto di recente da Chiara Amirante, fondatrice della Comunità Nuovi Orizzonti, in cui si afferma la potenza della testimonianza e di come la fragilità trasfigurata da Dio sia strumento per la conversione dei cuori di tanti giovani:
“La testimonianza di vita è il canale che tocca maggiormente il cuore e la mente di quanti incontriamo ed è lo strumento con cui ci rivolgiamo per riaccendere la speranza in tanti che l’hanno persa. […] Tanti giovani accolti in comunità, proprio grazie alla spiritualità e all’esperienza di sentirsi voluti bene così come sono, con tutte le loro fragilità, riscoprono un filo d’oro che rivela quanto l’amore possa dischiuderci nuovi meravigliosi orizzonti, quanto Colui che è l’Amore possa realizzare miracoli nella vita di chi ha il coraggio di farsi mettere in crisi dal Vangelo”.
Nella mia storia questa visione della piccolezza ha cominciato ad interrogarmi tanto, a farmi capire che gioca un ruolo fondamentale nel percorso verso Dio e nell’accettazione di ciò che sono. La chiave di svolta è stata la consapevolezza dei miei limiti, ma anche dei miei talenti; delle povertà ma anche dei tanti doni umani e spirituali che il Signore mi ha donato in abbondanza. Tutto ciò è stato reso possibile soprattutto grazie al cammino dell’Arte di Amare, basato su un percorso di conoscenza di sé e guarigione profonda del cuore.
Il bambino sa che da solo non ce la può fare. La società ci fa passare il bisogno di aiuto, il bisogno degli altri il meno possibile. Siamo realmente in un mondo competitivo che ti spinge a pensare che ciò che conta è essere sempre più forte dell’altro, costi quel che costi.
L’esempio del bambino diventa dunque efficace e Teresina lo dona soprattutto a noi giovani: ammettere di non farcela da soli non è così sbagliato, non è sminuente, ma diventa una presa di coscienza di come Dio svolge un ruolo fondamentale nella nostra vita; non è più una figura distaccata e lontana, ma lo vivi come un Padre, come QualcUno che ti accompagna nel cammino di ogni giorno.
Mi chiedo se i giovani sono così lontani da Dio, come d’altronde lo ero io un tempo, proprio perché la fragilità e la povertà personali non sono più contemplate in questa società e nelle famiglie stesse.
Allora anche qui le parole di Papa Francesco prendono significato:
“Anche in quest’epoca la gente preferisce ascoltare i testimoni: ‘Ha sete di autenticità […] reclama evangelizzatori che gli parlino di un Dio che essi conoscano e che sia a loro familiare, come se vedessero l’invisibile’”.
Oggi vorrei portare al Sinodo proprio questo! Voglio testimoniare che la fragilità non è un nemico da cui scappare o addirittura mascherare; voglio dire con la mia vita che è bello essere fragili perché è proprio nel momento in cui ti fai vedere imperfetto, come l’argilla informe, che Dio inizia a modellarti e renderti una creatura meravigliosa, un segno della sua potenza e bellezza! Ragazzi: la fragilità e la piccolezza lasciano entrare in azione Dio! •

Federica Ancona

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