Home » attualità » Si può vivere di solo pane?

Si può vivere di solo pane?

Stampa l articolo

L’esperienza della Fondazione Lavoroperlapersona.

La pandemia continua a mettere a dura prova i nostri sistemi sanitari, sociali e culturali. Siamo circondati da dibattiti dai toni spesso schizofrenici che si dipanano lungo un continuum ai cui estremi troviamo il catastrofismo pessimistico o, all’opposto, un ingenuo negazionismo. Forte il disaccordo anche sul potenziale pedagogico di questa esperienza: le paure possono essere un terreno solido su cui costruire nuove modalità di sviluppo sostenibile nei diversi campi dell’umano?
Ovviamente, non abbiamo una risposta univoca. Quello di cui siamo certi è che la situazione di emergenza ha accelerato una catena di riflessioni originate già in precedenza, ma mai affrontate davvero del tutto. Per molto tempo il mondo della cultura e quello dell’educazione hanno cercato di rivendicare il proprio posto nella società, di raccontare a sé e agli altri il loro essere necessari per l’essere umano.
Oggi, nel momento in cui – per la nostra stessa salute – siamo costretti ad alimentare solo la parte produttiva dell’umano, la questione si pone in modo più concreto: possiamo vivere di solo pane? La vita può ridursi al solo soddisfacimento dei bisogni primari, o alla sola produzione e riproduzione capitalistica?
Ci sembra che la risposta unanime, finalmente, sia: no. La questione non sta tanto nel chiedersi se sia giusto o meno chiudere musei, teatri, biblioteche, cinema e scuole ma, soprattutto, nel riflettere sulla loro importanza ora che non possiamo più usufruirne liberamente.
A marzo, durante il lockdown, la prima risposta del mondo della cultura e dell’educazione è stata quella di proporre per la prima volta – o di potenziare – i contenuti digitali. Chi aveva già avviato il faticoso, ma indispensabile, processo di digitalizzazione di opere e contenuti è stato facilitato nel compito, ma anche i meno attrezzati si sono ingegnati. Le piattaforme di social network hanno dato la possibilità anche a chi non aveva potenti strumenti di affacciarsi su cortili virtuali per incontrare a distanza il proprio pubblico.
La scuola e gli ambienti educativi, con le risorse a disposizione e la buona volontà di docenti, ragazzi, pedagogisti hanno continuato a portare avanti i propri progetti, utilizzando nuove strategie didattiche oltre che nuovi strumenti tecnologici.
Anche la Fondazione Lavoroperlapersona ha spostato le sue attività sulle piattaforme digitali e ha continuato a raccontare il lavoro, inteso come espressione della persona, attraverso i social e con diversi webinar. Il tradizionale Seminario sull’Accoglienza quest’anno è stato proposto in Digital Edition: tre giornate in cui abbiamo parlato dell’impresa e dei luoghi di lavoro come «cantieri per progettare e sperimentare, con coraggio, iniziative e pratiche che si prendano cura delle fragilità» come ha scritto il Presidente della Fondazione Gabriele Gabrielli.
Nonostante l’efficacia di queste operazioni e l’impegno messo da tutte le istituzioni, ora più che mai proviamo un senso di mancanza e di insoddisfazione. Questo non è dovuto solamente alle difficoltà di utilizzo degli strumenti digitali o alla complessità del ripensare e riconvertire le varie attività. Ciò che ci manca è la percezione concreta dell’agire pubblico, dell’agire in comune. Tutti abbiamo bisogno di uno spazio in cui entrare in relazione gli uni con gli altri, immaginando insieme un futuro e conservando la memoria del passato. Il dono vero della cultura e dell’educazione è la relazione materiale e immateriale che si instaura tra persone, generazioni, culture, idee. Continuiamo quindi a fare ciò che più ci sta a cuore, sperando di ricostruire presto il tessuto relazionale delle nostre comunità nel senso più pieno della parola. •

Veronica Trasarti è laureata in Filosofia presso l’Università di Bologna con una tesi su democrazia e disobbedienza civile. Ha collaborato per un anno con la Biblioteca Salaborsa e, tornata nelle Marche, ha frequentato il master in Cultural Heritage Management presso l’ISTAO Business School in partnership con la Fondazione Lavoroperlapersona. Attualmente collabora con la Fondazione con l’obiettivo di valorizzare i Laboratori Didattici “Museo Aldo Sergiacomi”.

About la redazione

Vedi anche

Il buon giornalismo che non spettacolarizza le notizie sulla Pandemia

Quale auspicio può esprimere un giornalista sotto l’albero di Natale? Mai come stavolta il desiderio …

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: