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Quando la fragilità è forza. Il coraggio di Daniela De Angelis

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La moglie di Vito Scoccia affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica: “Ho rivestito la mia impotenza in voglia di proteggere”.

PORTO SANT’ELPIDIO – Innanzitutto le chiedo di scegliere tre parole per presentarci la sua persona e la quotidianità:
Mi chiamo Daniela, sono la moglie di Vito, mi presento a tutti voi con queste tre parole: Donna-Madre, Amore e Fragilità. Si una Donna-Madre al servizio della Vita, della nascita, del dono di generare vita.
“Il femminile, l’altra metà del cielo. La nostra ricchezza è fatta della nostra diversità: l’altro ci è prezioso nella misura in cui ci è diverso”. (A.Jacquard)
Amore: quello grande, quello di un progetto di vita, di comunione e di condivisione. L’amore ci fa sentire responsabili degli altri, del mondo intero. La forza interiore di chi è malato di Sclerosi Laterale Amiotrofica, per quanto grande ed eroica essa sia, non è mai sufficiente a reggere da sola il peso della progressiva devastazione della malattia, se non fosse continuamente sorretta dal grande e infinito amore della famiglia. Con la SLA abbiamo imparato un linguaggio muto, ma fortemente comunicativo che ci permette, in modo diverso di vivere l’amore.
“Quello che apre la fila, tiene alta la propria testa senza appoggiarla sugli altri; quando però egli si è stancato, si toglie dal davanti e si mette per ultimo, sicché anche lui può appoggiarsi sul compagno. In questo modo tutti insieme portano i loro pesi e giungono alla meta desiderata: non affondano perché l’amore fa loro da nave”. S. Agostino
Fragilità: sono una donna fragile, che talora ha dato l’impressione di essere un eroe pieno di sé, almeno così mi ha visto chi non sapeva che agivo per dare forza a chi mi aveva chiesto aiuto e che ho rivestito la mia impotenza di voglia di proteggere e di coraggio di vivere, sia pure dentro il carnevale della mia paura. Vittorino Andreoli, (psichiatra) nel suo libro “L’uomo di vetro. La forza della fragilità” afferma che “la fragilità non è un difetto o un handicap, bensì la netta espressione della condizione umana. Non è povertà, intesa come mancanza di risorse mediante cui sopravvivere. Non è l’incapacità di fare o di pensare, non si lega ad un difetto intellettivo o emotivo.” È semplicemente una visione del mondo che si lega all’esistenza, non al singolo che ne è parte. È la visione del proprio essere nel mondo, è la percezione che deriva dal dolore, dal senso del limite”(p.29).

Potrebbe parlarci di Vito?
La storia di Vito è quella di un uomo speciale, a mio avviso. Nella sua storia di marito e padre ha sempre dato il massimo, non facendoci mai mancare affetto, rispetto e presenza amorevole. Un uomo forte e coraggioso che si è trovato improvvisamente a combattere una guerra che purtroppo era già persa in partenza. Ma nonostante tutto, anche quando la malattia ha preso il sopravvento, ha sempre cercato di trasmettere a tutti noi la sua positività e la voglia di lottare. Sia nella vita privata che nell’ambito lavorativo ha cercato di dare il 100% e ci è riuscito.
“E se parlo di famiglia non posso non parlare della mia. Soprattutto perché siamo riusciti a mantenerla unita, nella buona e nella cattiva sorte, come dice la promessa che ci facemmo io e Daniela, non è stato facile starmi vicino, anche se io ho sempre cercato di non far pesare a nessuno la mia situazione evitando il più possibile crisi depressive e di sconforto. Con Daniela abbiamo fatto tutto insieme, abbiamo deciso insieme e siamo anche caduti insieme. E siamo insieme anche ora che mi sono trasferito nella Comunità di Capodarco, lei era contraria ma ha rispettato la mia scelta ed io non sono pentito”.

Il presente numero della Voce delle Marche tratta il tema della fragilità in rapporto ai ragazzi. Con delicatezza le chiedo come ha vissuto insieme ai suoi figli i primi istanti della malattia di suo marito.
Alzava il piede. Era strano, intorpidito. La stanchezza aveva preso il sopravvento. Una caduta per le scale. La forza che manca. Comincia così, nel febbraio del 2012 l’odissea con la SLA. Diagnosi crudele, bastarda. Sclerosi Laterale Amiotrofica, la fine, il buio totale. Un nodo alla gola. Sento che la malattia ci brucia più di quanto si possa immaginare e non ci sono parole che possano spegnere la violenza del dolore.
“Di momenti difficili ce ne sono stati tanti e non posso dire di averli risolti, ho solo cercato di non piangermi addosso per non aggravare ancora di più la mia condizione e quella della mia famiglia. Infatti un giorno mi sono chiesto: forse lamentarsi risolve qualcosa della mia situazione? Perché devo far soffrire anche chi mi sta vicino? Perché ho smesso di combattere? Sono stato sempre una roccia, per quale motivo non devo esserlo ancora? Quindi la prima cosa che ho fatto è stata quella di ricominciare a mangiare normalmente, all’inizio gelato e yogurt, poi pappe e così via. Non è semplice per un Tracheotomizzato, ma ci sono riuscito. E cosa c’è di meglio di un buon bicchiere di vino per tirare su il morale? Poi ho chiesto alla mia famiglia di tirare via la tristezza e sostituirla con la quotidianità della vita, perché nonostante tutto la vita continua e così ho fatto con i colleghi – amici che mi venivano sempre a trovare. Alla base di questo non c’era solo un effimero ottimismo ma la convinzione che questa era un’altra vita, sicuramente meno varia e divertente ma che comunque valeva la pena di essere vissuta”.

Insieme a don Tarcisio, Vito ha scritto un bellissimo libro “Pensieri su Dio in un corpo di marmo”. Le chiediamo due chiavi di lettura per chi vorrà leggerlo, in particolare modo per i ragazzi.
Questo libro è un mezzo per avvicinare i ragazzi alla Chiesa, rispondendo alle domande dei bambini. Queste risultano ancora attuali per noi adulti e di molte non sappiamo la risposta. Riguardano Gesù, Dio, la Resurrezione, il rapporto Padre-Figlio, la morte, la sofferenza e stavolta è una persona “comune “ a dare una risposta. Vito nella sua condizione ha provato a dare delle risposte e ha cercato di far conoscere la malattia e quello che ne comporta e ci è riuscito.

Per finire le chiedo di rivolgersi un augurio che diventa anche un pensiero destinato a tutte le persone che come lei vivono e condividono la sofferenza di un familiare in casa.
Cosa chiedo alla vita? Be, per Vito spero in un miracolo, non che guarisca, (MAGARI!!!) ma che DIO costantemente gli conceda tanta pace. Una pace che gli permetta di lasciar andare il corpo e vivere solo nell’anima avvolto dal mio grande amore e da quello dei nostri splendidi figli. Per me la forza di restare sotto la croce, la Madre di Dio sappia suggerirmi giorno dopo giorno la posizione migliore per accogliere il dolore, per urlare la mia solitudine e per sussurrare a Vito il mio grande amore. •

Lambert Ayssi Ongolo

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