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Ambiente: le best-practice della Sicilia

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“Un nuovo modo di abitare la terra non può prescindere da un ardente coltivazione della spiritualità”.

Un esempio concreto di best-practice sulla gestione integrata del territorio quella raccontata nella pubblica-zione che raccoglie gli atti del convegno di Penna San Giovanni da Antonio Lo Bello, Presidente del “Comi-tato Fa’ la Cosa Giusta! Sicilia” a.p.s. che dal 2009 ha creato una rete di 12 realtà del territorio isolano, pro-muove la costruzione di “altre economie” (circolare, sociale e solidale, dei beni comuni, ..) perseguendo principi di legalità, di solidarietà, di rispetto per l’ambiente, sostenendo lo sviluppo di filiere corte e mercati locali, della piccola agricoltura contadina, di distretti di economia solidale, di energie alternative, di gestioni efficienti dell’acqua, la trasformazione dei rifiuti in risorse, la mobilità sostenibile e la logistica orizzontale, il microcredito. Nel documento vengono racchiusi i valori e le esperienze locali di gestione integrata del territo-rio, testimoni di economia trasformativa in Sicilia.Una rete regionale che si muove sulla base di concetti sem-plici: il rispetto della vita, la conoscenza del suolo e delle risorse, la cura della terra e della persona e una equa condivisione dei frutti.
Nel documento vengono racchiusi i valori e le esperienze locali di gestione integrata del territorio, testimoni di economia trasformativa in Sicilia. Pubblichiamo alcuni passaggi importanti della relazione.

“In sintonia con le altre esperienze del Network italiano delle Fiere di Fa’ la Cosa Giusta! , abbiamo già organizzato già 5 edizioni a Palermo di Fa’ la Cosa Giusta! – Fiera del consumo Critico e degli stili di vita sostenibili.
“Avidi di guadagno, – si legge nel documento – ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo perseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato.” (Marzo 2020)

“La crisi ecologica non può essere interpretata solo come fatto tecnico, ma rimanda ad una crisi più profonda dove la radice è una smisurata volontà di dominio e una crescita intesa esclusivamente in termini quantitativi”.
“Il concetto di ecologia integrale ci dice che non c’è attivismo ambientalista senza attivismo sociale e che non è possibile affrontare le questioni di salvaguardia ambientale se non le connettiamo strettamente alla questione della diseguaglianza sociale ed economica. Per molto tempo (eredità del pensiero illuminista) abbiamo pensato che l’uomo potesse essere guidato solamente del progresso tecnologico, dalla scienza, dalla mera ragione, ma la costruzione di un nuovo umanesimo, di un nuovo modo di abitare la terra non può prescindere da un ardente coltivazione della spiritualità (spesso confusa con la religione), perché solo approfondendo la connessione dell’individuo con il mondo, possiamo percepire l’importanza di realizzare la rivoluzione sociale ed umana di cui abbiamo bisogno. Si parla di ecologia integrale, di biodiversità culturale, un approccio basato su equilibrio e ciclicità, su sobrietà e condivisione. Domandarsi come, cosa, dove e per chi produrre non può più essere lasciato ai liberi spostamenti di capitali finanziari in cerca di fare migliori investimenti, ma consegnato a comunità consapevoli che non sono solo consumatori. Comunità umane che devono ritrovare valori, collegamenti con il territorio, con la sua storia e memoria, perché identità è avere appartenenza.
Occorre, dunque, ridefinire il concetto stesso della ricchezza sociale e decidere collettivamente di quali beni e servizi abbiamo bisogno o desideriamo, cosa e in quali quantità vogliamo produrre, come ci redistribuiamo il lavoro necessario, la ricchezza prodotta, i tempi di vita e di relazione sociale, in quale ambiente vogliamo vivere e come preserviamo i beni per le generazioni future”.
“È necessario rifondare il concetto di gestione e pianificazione del territorio e agricoltura. Sembra un progetto lontano, complesso, difficile, meglio vivere il giorno per giorno e tirare a campare. E invece esistono esempi ed esperienze in tal senso anche in Sicilia”.
“In Sicilia si cerca allora di lavorare per ridisegnare diverse modalità di gestione del territorio per ripristinare, per quanto è possibile, la sovranità alimentare e una attività umana in accordo con il ciclo dell’Acqua e della Terra, attraverso alcuni spazi di convergenza, come ci suggerisce la terminologia del Forum Sociale Mondiale delle Economie Trasformative di Barcellona 2020. Queste esperienze, spazi di convergenza in Sicilia si distinguono non solo per le attività , ma per i valori fondativi, che sono emersi nelle comunità e che rappresentano il motivo profondo del loro impegno e partecipazione”.

Tra i sette esempi di best-practice di cui parla il relatore Lo Bello nella relazione raccolta negli atti del Convegno di Penna San Giovanni, ci colpisce quello relativo ai Cammini.

Il turismo lento per la valorizzazione delle aree interne: I Cammini.
“Rispetto al turismo tradizionale delle aree costiere (67% dei turisti in Sicilia), crescono sempre di più negli ultimi anni le “alternative” al turismo di massa, forme diverse di turismo “slow”, ecologico e sostenibile. I “Cammini”, l’accoglienza diffusa, le reti di servizi, il turismo della memoria antimafia, il turismo esperienziale, …
È il turismo lento dei quattro “Cammini francigeni”(La Magna via Francigena, la Palermo-Messina per le montagne, la Via Francigena Fabaria e la via Francigena Mazarense) , per la valorizzazione dei complessi montuosi (Sicani, Madonie ed Iblei), dei Parchi, delle antiche città Greche e Cretesi (Val di Kam) , delle “Vie Sacre”.
“I Cammini sono densi di significati spirituali: personali, di cammino in comune, di incontro e relazione con le persone dei luoghi, di conoscenza dei territori interni.
Costruiscono reti di integrazione tra associazioni, agricoltori. Gestori di accoglienza, piccoli comuni”.
“Creazione di nuove occasioni di lavoro: la Magna via Francigena genera cambiamento positivo, nuove occasioni di lavoro come l’ Impresa recuperata a Milena, in un vecchio capannone, gli amici del Magazzino Culturale “ex oleificio” stanno inaugurando il loro spazio gratuito e libero per l’incontro dei pellegrini e della gente del luogo. Ciclisti camminatori, viandanti e pellegrini possono riposare, cucinare, leggere e dialogare per poco o per lungo tempo con i volontari e poi riprendere il loro viaggio o rimanere a dormire; il cambiamento parte da noi. Un luogo del cuore che parla di impegno e di speranza”. •

Antonio Lo Bello presidente del “Comitato fa la cosa giusta! Sicilia”, è stato dirigente del Dipartimento Acqua e rifiuti della regione Sicilia, R.U.P. del Piano di tutela delle Acque in Sicilia, esperto di pianificazione territoriale . Partecipe nelle reti siciliane dell’Economia trasformativa e della Bioagricoltura sociale.

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