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Il volto e la parola

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Sempre, nella vita personale come in quella della Chiesa e della società, c’è qualcosa di bello e di coraggioso che si può fare.

Il volto e la parola. L’evangelista Luca e Isaia, la prima lettura, ci presentano due modi per rispondere alla chiamata di Dio. Il profeta vede il Signore seduto su un alto trono circondato da serafini: quel volto lo cambia, le sue labbra vengono purificate. Luca racconta una storia straordinaria, quella di un giovane che viene da una località di campagna, Nazareth, un posto di contadini e pastori, per di più figlio di un falegname, che dice a un vecchio, esperto pescatore di Cafarnao di gettare le reti in acqua.

Immaginiamo la scena. C’è una grande folla, anonima nel racconto, e tutto sembra occasionale: la gente, le due barche, il desiderio di parlare. Gesù, sulla riva del lago di Galilea, individua un volto, vede Simone Pietro, mentre sta sistemando le reti. Una notte di pesca mancata. Gesù sale sulla sua barca e gli chiede di allontanarsi un po’ da terra perché vuole parlare alla gente da lì. Quindi una nuova richiesta: “prendete il largo e gettate le vostre reti per la pesca”, leggiamo in Luca. La barca, è una bella immagine anche per noi, dice il Papa all’Angelus: “ogni giorno la barca della nostra vita lascia le rive di casa per inoltrarsi nel mare delle attività quotidiane; ogni giorno cerchiamo di ‘pescare al largo’, di coltivare sogni, di portare avanti progetti, di vivere l’amore nelle nostre relazioni. Ma spesso, come Pietro, viviamo la ‘notte delle reti vuote’, la delusione di impegnarci tanto e di non vedere i risultati sperati”.

Pietro sicuramente avrà pensato: non sa nulla di pesca questo giovane; non ha nemmeno preso in considerazione l’inutile fatica notturna, le ceste vuote: “maestro abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”. Eppure, dalla sua bocca non viene un ‘no’: “sulla tua parola getterò le reti”. Così esce, guadagna il largo, e pesca una quantità enorme di pesci. Interessante notare che Simone, prima di questo segno, si rivolge a Gesù chiamandolo maestro; dopo, lo chiama Signore: “è la pedagogia della chiamata di Dio, che non guarda tanto alle qualità degli eletti, ma alla loro fede”, diceva Benedetto XVI.

Torniamo, allora, alla barca. Già perché il Signore, afferma Francesco, ama salire sulla “barca della nostra vita quando non abbiamo nulla da offrirgli; entrare nei nostri vuoti e riempirli con la sua presenza; servirsi della nostra povertà per annunciare la sua ricchezza, delle nostre miserie per proclamare la sua misericordia”. Dio non vuole “una nave da crociera”, gli basta “una povera barca sgangherata, purché lo accogliamo. Ma noi lo facciamo salire sulla barca della nostra vita? Gli mettiamo a disposizione il poco che abbiamo? È il Dio della vicinanza: non cerca perfezionismo, ma accoglienza”.

Il volto e la parola. Il cristiano è il popolo della via, dello stare in mezzo alla gente, del volto da cogliere e della parola da ascoltare, parola che entra nella vita dell’uomo, e con essa inizia un dialogo che diventa chiamata, missione. Con Gesù, dice ancora Francesco, “si naviga nel mare della vita senza paura, senza cedere alla delusione quando non si pesca nulla e senza arrendersi al ‘non c’è più niente da fare’. Sempre, nella vita personale come in quella della Chiesa e della società, c’è qualcosa di bello e di coraggioso che si può fare. Sempre possiamo ricominciare, sempre il Signore ci invita a rimetterci in gioco perché Lui apre nuove possibilità”. Scacciamo “il pessimismo e la sfiducia”, afferma il Papa.

Nella domenica di Francesco, domenica in cui la Chiesa italiana celebra la Giornata per la vita, c’è l’immagine di un popolo, a Tamrout in Marocco, che “si è aggrappato per salvare un bambino”; il piccolo Rayan, purtroppo, non ce l’ha fatta. Ma la mobilitazione di tutti è un esempio di cosa vuol dire custodire ogni vita. Un impegno che “vale per tutti” ha detto Francesco: per gli anziani, i malati, i bambini cui è impedito di nascere. Per le donne schiave dei trafficanti e per le bambine vittime delle mutilazioni genitali “pratica che umilia la dignità della donna”. Infine, un pensiero per una storia di solidarietà: un giovane ghanese, John 25 anni, immigrato ben inserito nel mondo del lavoro nel Monferrato, scopre di essere malato di cancro e l’intero paese si mobilita, e gli paga il viaggio per andare a morire tra le braccia del padre. Per il Papa sono “i santi della porta accanto”.•

Fabio Zavattaro

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