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L'infelice campagna del fertility Day 2016, ritirata dopo le numerose polemiche e critiche

Giovani donne, figli, lavoro

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Lettera aperta al mio Vescovo. Un forte appello con gli auguri di Buon Natale

Il desiderio di scrivere questa lettera è nato da una chiacchierata in famiglia, durante la cena, con le mie due figlie. Sono ragazze grandi, in età da lavoro. Una lo sta cercando, l’altra lavora con un contratto a tempo determinato. La più grande, piuttosto turbata, ha raccontato la vicenda di una collega assunta con uno dei nuovi contratti, cosiddetti a tempo indeterminato, inventati dal governo Renzi.
Dopo circa due anni di lavoro ha avuto la gioia di una gravidanza e di mettere al mondo un bambino. Dopo il parto ha avuto qualche piccolo problema. Ha ripreso il lavoro dopo sei mesi, chiedendo un orario dimezzato, come suo diritto.
Dopo questa richiesta il datore di lavoro le ha comunicato che alla scadenza del terzo anno il contratto non sarebbe stato rinnovato, come la legge consente. A questo punto anche la figlia più piccola ha raccontato di una sua conoscente che, finalmente, dopo una lunga ricerca, ha iniziato un lavoro come estetista presso un noto centro benessere della nostra zona. Dopo che, con gioia, ha confidato alle colleghe di aver scoperto di essere incinta, la notizia è giunta alle orecchie del titolare del centro, il quale, senza troppi complimenti, ha deciso il suo immediato licenziamento. Dopo questi racconti, pensando alle mie figlie e a quello che le aspetta volendo mettere su famiglia, lo stomaco mi si è bloccato e l’appetito è scomparso.
Eccellenza, Lei si chiederà perchè Le racconto di questa chiacchierata a tavola con le mie figlie. Ho pensato che forse Lei, che frequenta la CEI, ha modo di incontrare il cardinal Bagnasco, che tanto tuona a difesa della famiglia.
Potrebbe fargli capire che ciò che le mie figlie mi hanno raccontato assomiglia a bombe messe sulle fondamenta delle giovani famiglie e della maternità. Occorrerebbe, a partire dalla Chiesa cattolica, creare un movimento di opinione e di protesta che vada a manifestare sotto le finestre del Ministero della salute, che ha istituito la “Giornata della fertilità” (Fertility Day) ignorando le vere cause della non procreazione. Occorerebbe, inoltre, invitare gli organizzatori delle giornate della famiglia (Family Day), così bravi a contestare la legge sulle unioni civili, a indire manifestazioni di protesta davanti alle aziende di questi datori di lavoro capaci di infamie come quelle raccontate dalle mie figlie.
Si potrebbe manifestare anche davanti al Ministero del lavoro, dove ci si vanta dei numeri delle nuove assunzioni favorite dal Jobs Act, senza considerare, però, le mostruosità provocate da questa legge.
Per far fronte al crollo demografico della nostra “stanca società” sono del tutto inutili provvedimenti come un contributo una tantum o due giorni di licenza parentale ai neo-papà.
A partire dalla Chiesa cattolica occorerebbe dar vita a un movimento di opinione e di protesta che proclami la sacralità e l’intoccabilità delle neo-mamme, e promuova la consapevolezza che una nuova vita che nasce è un dono per la comunità intera. Come tale essa va tutelata, e non può accadere che una gravidanza o una maternità debbano essere vissute dalle giovani famiglie come fonte di amarezza e di difficoltà economiche. Occorre, infine, restituire fiducia e speranza a tante giovani ragazze angosciate dalla ricerca di un posto di lavoro, e, in più, terrorizzate dal fatto di poterlo perdere mettendo al mondo un figlio.
Sarebbe facile portare l’esempio di altri Stati (Francia, Germania) che stanno facendo politiche serie a difesa della maternità e delle neo mamme. Sarebbe facile per la nostra Nazione, che rivendica l’identità cristiana, ma non sa scandalizzarsi di fronte a storie come quelle raccontate dalle mie figlie durante una cena. La nostra nazione dovrebbe essere un modello di una politica di difesa della famiglia e della maternità, invece riusciamo a far parlare di noi soltanto contestando la legge sulle unioni civili o sulle adozioni. Eccellenza, scrivo a Lei perchè parli di questi problemi nelle sedi istituzionali preposte, e perchè si faccia promotore, in questo tempo del Natale, di un sussulto di indignazione e di protesta che riaffermi con forza l’importanza della natalità e della famiglia, e possa rincuorare tante giovani ragazze preoccupate del fatto che il desiderio di maternità possa compromettere il loro futuro lavorativo.
Cordialmente
Pancrazio Tulli

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Gentile Don Nicola,
salve, come sta? Purtroppo è trascorso parecchio tempo dall’ultima occasione in cui ci siamo sentiti, e ci tenevo a farLe almeno gli auguri di Natale.
Approfitto di questa occasione anche per condividere con Lei le parole di un sacerdote mio amico che mi hanno colpita.

“Il primo Natale era semplice….”

Fr. (Padre) Joe è un sacerdote irlandese che lavora in Giappone, nella mia provincia d’origine, vicino ad Osaka. È uno dei sacerdoti dell’ordine di San Colombano, che ha fornito servizi missionari in Giappone ormai da 100 anni a questa parte. Purtroppo Fr. Joe, che ora ha 70 anni, è diventato l’ultimo missionario Colombano che lavora in Giappone, perché i suoi colleghi più giovani non vogliono più venire in un Paese così sviluppato, ma preferiscono andare verso zone ancora sotto-sviluppate come l’Africa, l’India o il Sud America. Io però credo che sia necessaria una guida spirituale anche per la gente che abita in un deserto urbano. Intanto, voglio ringraziare con tutto il mio cuore Fr. Joe e tutti i sacerdoti Colombani che hanno lavorato per la gente giapponese in tutti questi anni.
Fr. Joe mi ha scritto, e vorrei condividere alcune delle sue parole:
“Il primo Natale era semplice: una stalla, gli angeli che cantavano, alcuni pastori e qualche visitatore ricco non Giudeo (i Magi). Non c’erano decorazioni, feste o la messa di Natale in tv.
Fra pochi giorni ripeterò nuovamente la stessa routine: sorrido e auguro a tutti la gioia per il nuovo anno, sapendo che non rivedrò la maggioranza di loro fino a questo stesso periodo del prossimo anno. Diamo i regali alle persone che sappiamo che ci ricambieranno, li diamo addirittura a chi non servirebbero, e invece non ne abbiamo per chi veramente ne avrebbe bisogno. Sarei curioso di sapere cosa ne pensa Gesù di tutto questo.”

Buon Natale e buon anno nuovo!
Kazumi Fujie

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