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Caravaggio, 1601: Cena di Gesù ad Emmaus con due discepoli.

Emmaus siamo noi

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I discepoli di Emmaus siamo noi. Perché è lì, su quella strada, che è nata la “terapia della speranza”. E il terapista è Gesù. Si può riassumere così l’udienza di oggi, dedicata all’episodio evangelico narrato da Luca.
Tutto comincia con un incontro che sembra essere del tutto fortuito, il racconto del Papa. Emmaus assomiglia a uno dei tanti incroci che capitano nella vita. I due discepoli marciano pensierosi e uno sconosciuto li affianca: è Gesù; ma i loro occhi non sono in grado di riconoscerlo. E allora Gesù comincia la sua “terapia della speranza”, che non a caso si svolge sulla strada.
Ed è così che due uomini che camminano delusi, convinti di lasciarsi alle spalle l’amarezza di una vicenda finita male, dopo gli entusiasmi iniziali, aprono alla fine veramente i loro occhi. La loro vista si rischiara soltanto quando capiscono che la loro era una speranza solamente umana, e come tale destinata ad andare in frantumi:
“Quella croce issata sul Calvario era il segno più eloquente di una sconfitta che non avevano pronosticato. Se davvero quel Gesù era secondo il cuore di Dio, dovevano concludere che Dio era inerme, indifeso nelle mani dei violenti, incapace di opporre resistenza al male”.
Nella fuga da Gerusalemme, i due discepoli hanno ancora negli occhi la passione e la morte di Gesù, il loro doloroso arrovellarsi su quegli avvenimenti, durante il forzato riposo del sabato. La Pasqua, festa della liberazione, si era tramutata nel più doloroso giorno della loro vita:
“Lasciano Gerusalemme per andarsene altrove, in un villaggio tranquillo. Hanno tutto l’aspetto di persone intente a rimuovere un ricordo che brucia”.
Sono per strada, e camminano. La strada: uno scenario già tanto importante nei racconti dei Vangeli, “ora lo diventerà sempre di più, nel momento in cui si comincia a raccontare la storia della Chiesa”, commenta il Papa.
“Il nostro Dio non è un Dio invadente”. Anche se conosce già il motivo della delusione dei due protagonisti del racconto, lascia a loro il tempo per poter metabolizzare l’amarezza. Ne esce una confessione che, per Francesco, è un ritornello dell’esistenza umana: “Noi speravamo, ma…”.
“Quante tristezze, quante sconfitte, quanti fallimenti ci sono nella vita di ogni persona!”, esclama Francesco. In fondo, siamo un po’ tutti come i discepoli di Emmaus. “Quante volte nella vita abbiamo sperato, quante volte ci siamo sentiti a un passo dalla felicità, e poi ci siamo ritrovati a terra delusi. Ma Gesù cammina con tutte le persone sfiduciate che procedono a testa bassa. E camminando con loro, in maniera discreta, riesce a ridare speranza”.
Chi apre la Bibbia, non incrocia storie di eroismo facile o campagne di conquista: “La vera speranza non è mai a poco prezzo: passa sempre attraverso delle sconfitte. La speranza di chi non soffre, forse non è nemmeno tale”. A Dio non piace essere amato come si amerebbe un condottiero che trascina alla vittoria il suo popolo annientando nel sangue i suoi avversari, ammonisce il Papa.
In ogni Eucaristia, c’è tutta la storia di Gesù e il segno di che cosa dev’essere la Chiesa. Per spiegarlo, Francesco fa notare che quello di Emmaus, protagonisti Gesù e i due discepoli, è un incontro rapido, ma dentro c’è tutto il destino della Chiesa:
“Ci racconta che la comunità cristiana non sta rinchiusa in una cittadella fortificata, ma cammina nel suo ambiente più vitale, vale a dire la strada. E lì incontra le persone, con le loro speranze e le loro delusioni, a volte pesanti. La Chiesa ascolta le storie di tutti, come emergono dallo scrigno della coscienza personale; per poi offrire la Parola di vita, la testimonianza dell’amore di Dio, amore fedele fino alla fine. E allora il cuore delle persone torna ad ardere di speranza”.
“Tutti noi nella nostra vita abbiamo avuto momenti difficili, bui, momenti nei quali camminavamo tristi, pensierosi, senza orizzonte, soltanto un nulla davanti”, prosegue a braccio: “E Gesù sempre è accanto a noi per darci la speranza, per riscaldarci il cuore e dire: ‘Vai avanti, io sono con te, vai avanti!’”. Il segreto della strada che conduce a Emmaus è tutto qui: “Dio camminerà con noi sempre, anche nei momenti più dolorosi, anche nei momenti più brutti, anche nei momenti della sconfitta. Andiamo avanti con questa speranza perché lui è accanto a noi camminando con noi, sempre!”. •

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