Dopo la sua ordinazione, ha prestato la sua opera a Servigliano come cappellano, poi a Lapedona, quindi a Civitanova Alta con don Lino Ramini, quindi a Montegranaro, a Carassai e a S. Alessandro in Fermo.
Quando fosti ordinato?
Ai miei tempi, la data classica per l’ordinazione era fissata al termine del corso teologico nella festa degli Apostoli Pietro e Paolo, il 29 giugno. Era una circostanza che riempiva di grandi emozioni e sentimenti perché ci faceva entrare nel cuore della famiglia della Chiesa una santa cattolica romana.
In quanti foste ordinati?
In quattro: Panicciari don Angelo, Ramini don Lino, Straffi don Mario (passato poi alla congregazione di Madre Speranza) ed io. Successivamente si unì al nostro gruppo Ginevri don Giovanni, ordinato lo stesso anno ma incardinato altrove.La nostra ordinazione fu un evento unico e curioso in quanto, per motivi di salute, siamo rimasti indietro rispetto ai compagni ordinati nel 1951, con i quali avremmo costituito un gruppo di 15 sacerdoti novelli, un numero mai raggiunto negli annali del seminario. Sotto un certo aspetto però fu anche un evento provvidenziale perché in quell’anno (1952), noi quattro ordinari (come il resto di Israele) abbiamo rimpiazzato la classe di quell’anno che si era estinta. L’ultimo della classe ad uscire dal seminario era già diacono e per giunta nipote di un sacerdote-parroco.
Allora sei l’unico a celebrare il 60° di sacerdozio?
Sì, perché gli altri tre sono già in Paradiso.
Dove e come l’hai celebrato?
Si sa che il 29 giugno, oggi, non è più giorno di festa. Perciò mi sono trovato in grande imbarazzo non sapendo come celebrare questa ricorrenza. All’ultimo momento ho avuto la felice idea di celebrare il mio 60° nella cappella del seminario con i seminaristi (circa una quindicina) con la presenza del rettore, di alcuni confratelli e le tre suore. Non potevo avere una assemblea più idonea. La prima celebrazione solenne l’ho fatta, domenica primo luglio, al mio paese natio, S. Angelo in Pontano, nella Arcipretura del SS. Salvatore con il consueto concorso di popolo che all’omelia ho invitato a “dire grazie” a Dio per il “dono del sacerdozio”: per me come “uomo di Dio” a cui Cristo ha comunicato il potere divino di parlare e di operare nei sacramenti a nome suo personale e poi anche come “sacerdozio spirituale, dono gratuito” di Dio per tutti i battezzati, in ordine alla salvezza. Per il consueto banchetto conclusivo, ho creduto opportuno invitare e radunare tutti: fratelli, sorelle, nipoti, confratelli, personale del Seminario al completo, compresi gli amici, nel salone del seminario. Una vera festa di comunione fraterna!
Sono seguite altre celebrazioni di questo bel traguardo?
Certo, nelle parrocchie dove ho esercitato il mio ministero. Si è soliti celebrare queste ricorrenze anche nelle comunità dove il sacerdote ha esercitato il suo ministero allo scopo, non di ricercare onori e attestati di benemerenze, ma sempre per ringraziare insieme il Signore per i frutti maturati con collaborazione di tutti. A questo scopo ho rinnovato la celebrazione del 60° a Montegranaro dove sono stato parroco nella prioria di S. Maria per 15 anni; a Carassai parroco per 10 anni; come pure a Fermo (come collaboratore nella parrocchia di S. Alessandro per oltre 10 anni); a Colli del Tronto, dove nel periodo estivo ho passato diversi mesi aiutando, per diversi servizi, il parroco, il quale ha gradito molto questa celebrazione. Inoltre mi si è offerta l’occasione di celebrare il 60° anche il sabato sera nelle comunità neocatecumenali in aiuto al parroco.
Che significato ha avuto per te questo 60° di ordinazione?
Come l’hai vissuto con gli ex parrocchiani e amici? Confesso che in questi tempi di relativismo e di crisi del sacro, come più volte ha ripetuto Benedetto XVI, mi ero proposto di fare opera di evangelizzazione diffondendo in questa circostanza opuscoli e foglietti su vari temi riguardanti il sacerdozio ministeriale, il sacerdozio comune dei battezzati, il giorno del Signore, l’eucaristia… ma, avendone esaminati diversi, l’ho scartati tutti perche inadeguati allo scopo. Per fortuna la scelta è caduta su un foglietto con la preghiera composta dal Cardinale Comastri, gia conosciuto come ex-vescovo di Loreto. Leggermente ridotta ne ho fatto oggetto dell’omelia di ogni celebrazione che si adattava perfettamente con il vangelo del giorno che presentava ogni volta l’azione apostolica di Cristo su cui innestavo facilmente la continuazione della sua missione nella persona del sacerdote di oggi, come “uomo di Dio” e “dono fatto a tutti gli uomini in ordine alla salvezza”.
Per di più ogni volta ho fatto distribuire ai presenti i ricordini dopo la comunione, invitando a recitare la preghiera adagio e insieme. Al termine, la messa del 60° si concludeva con il gradito dono della Benedizione Papale. Sul volto dei presenti si leggeva una sensazione di gioia, espressa da tutti, ogni volta, con un fragoroso applauso e, dopo la messa, l’incontro festoso con i singoli e le famiglie che non finiscono mai di parlarti a lungo per ricordare tanti fatti e vicende indimenticabili legati al dono del sacerdozio che fanno sentire sempre piccolo e inadeguato di fronte a Dio e ai fratelli.
Deo Gratias.
L’orazione al sacerdote è come l’acqua al pesce, l’aria all’uccello, la fonte al cervo. (don Bosco)
Grazie Don Manlio
Stefania e Angelo