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Motivi per sostenere la Dat

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datMalattia, sofferenza, cure terapeutiche, testamento biologico e accanimento terapeutico. Eterni dilemmi della bioetica e del vivere umano che richiedono parole e affermazioni prudenti, rispettose e mai troppo definitive. Se n’è discusso e molto in queste settimane, a Fermo, con l’approvazione da parte del Consiglio Comunale del cosidetto registro sulle “Dat” dichiarazioni anticipate di trattamento”. Abbiamo sentito gli esponenti politici che non appartengono al mondo cattolico e che hanno voluto anche a Fermo il registro.

Sull’argomento nei giorni scorsi è intervenuto anche Monsignor Luigi Conti. «La decisione deliberata dal consiglio comunale di Fermo è importante – secondo il segretario provinciale del Sel Roberto Vallasciani – perché è il primo capoluogo di provincia delle Marche che adotta questo tipo di registro. Noi dobbiamo entrare in un concetto per il quale in un paese laico l’autodeterminazione della scelta di un cittadino deve essere in primo piano. Massimo rispetto per i principi ed il credo religioso di ogni persona che nell’ambito della propria autonomia e fede può decidere di fare quello che ritiene più opportuno. Occorre però dare la possibilità a ciascun cittadino di autodeterminarsi nella propria scelta. È un principio, questo, dal quale non si può prescindere. Il registro di testamento biologico dà la possibilità a chi vuole, e solo a chi vuole, di poter lasciare il proprio testamento di volontà utile nel giorno in cui, “Dio non voglia”, la persona non sia più in grado di intendere e di volere per grave malattia o incidente, e si dovesse trovare nella condizione di incapacità di esprimere il proprio diritto di acconsentire o non acconsentire alle cure proposte.

Grazie al registro chi deve prendere certe decisioni avrà almeno un riferimento sulle volontà espresse dal malato quando era ancora cosciente. Il Dat non impone alcunchè. L’allarmismo è per noi del tutto ingiustificato. A Fermo – anticipa inoltre Vallasciani – proporremo il registro delle unioni civili come già annunciato in consiglio dal nostro capogruppo».

Sulla questione della Dat abbiamo sentito in proposito anche il dottor Patrizio Cardinali, consigliere comunale di Sel. Quali sono le giustificazioni alla base della vostra richiesta di dare statuto giuridico a questo registro? «Questo è uno strumento già validato in diverse nazioni, non è frutto delle nostre invenzioni. In Italia c’è già un riconoscimento sia da parte dell’Ordine dei medici, sia da parte del codice deontologico, come pure in alcune sentenze della Cassazione.

Il Dat è un documento che dà atto al fatto che una persona può esprimere in maniera anticipata una volontà di essere sottoposta o meno a un certo tipo di trattamento sanitario. Si tratta di un documento che ha un valore per il medico, il quale è obbligato a tenerne conto. Infatti, nel caso in cui decidesse di prendere una decisione contraria a quanto scritto dal paziente, dovrebbe motivarlo chiaramente». Attualmente, che valore potrebbe avere questo documento, se ancora in merito non c’è una legge nazionale?

«In Italia c’è un vuoto legislativo. In realtà, se ognuno lo volesse realmente, potrebbe portare un foglio del genere con le proprie volontà da un notaio e farle registrare. A quel punto, nel caso si trovasse in questa determinata condizione, potrebbe far mostrare questo foglio a un parente, o un fiduciario, e chiedere che le sue volontà vengano rispettate. È chiaro, che stiamo parlando di malattie molto gravi. Lo strumento del “Dat” è un aiuto che si dà al medico, una sorta di estensione del consenso informato.

È come se dessi un consenso informato in forma anticipata. I Comuni hanno deciso di istituire tale registro anzichè spingere il singolo cittadino a prendere accordi con un notaio o un avvocato o chi per lui. Si tratta quindi, semplicemente, di dare forza a uno strumento,e di dare la possibilità a tutti i cittadini di accedere a un dispositivo che è in perfetta sintonia con il principio della libertà di scegliere le cure. Non si tratta di favorire l’Eutanasia.

Il Vescovo, a mio avviso, ha fatto un intervento perfetto – conclude il dottor Cadinali – al contrario di altri. Mi ha fatto capire che la Chiesa, in linea di principio, non è contraria alle Dichiarazioni anticipate di trattamento. È contraria, invece, al fatto che la Dat possa diventare eutanasia, allontanandosi, così, dal suo vero senso originario. In questo sono d’accordo anche io». •

Tamara Ciarrocchi

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