Una vite ricca e feconda

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Il primo capitolo di Amoris Laetitia inizia prende le mosse dal salmo 128

Mille e mille sono le vocazioni tante quante sono le persone, create da Dio in una gamma infinità di qualità, di tipi, di sentimenti, di fisionomie interiori ed esteriori. Esistono, però, alcune scelte fondamentali che ognuno vive poi con le sue caratteristiche personali. Una di queste strade della vita è quella del matrimonio e della famiglia. E i Salmi la cantano in una pagina deliziosa, divenuta il cantico nuziale per eccellenza. Si tratta del Salmo 128 che ora leggiamo.

Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie!
“Della fatica delle tue mani certamente mangerai;
beato te: avrai ogni bene!
La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa,
i tuoi figli come virgulti d’olivo
intorno alla tua mensa”.

Ecco come è benedetto l’uomo
che teme il Signore:

“Ti benedica il Signore da Sion!
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
per tutti i giorni della tua vita!
Possa tu vedere i figli dei tuoi figli!”
Pace su Israele!

Due sono i quadretti che il salmo ci presenta. Essi affondano le loro radici nella realtà umana dell’amore, della vita e del lavoro, cercando di scoprire in essi i segni dell’amore divino e della benedizione. Il primo quadro contiene una “beatitudine” (vv. 1-3) ed è colmo di immagini vegetali classiche (la vite e l’olivo); il secondo, invece, è una benedizione (vv. 4-6) ed apre la famiglia alla più ampia comunità familiare di ogni ebreo, quella di Gerusalemme e di Israele.
Dopo una proclamazione iniziale di felicità del giusto (v.1) , si apre la porta di questa famiglia ideale. Appare subito il padre lavoratore, colmo di beni, che da Dio non riceve solo il pane quotidiano, ma anche una mensa sovrabbondante. Ecco poi avanzare la sposa e i figli che evocano simbolicamente i due alberi emblematici di Israele, la vite e l’olivo.
La vite, infatti, è lo stemma di Israele come comunità “piantata e coltivata” dal Signore e chiamata a produrre frutti nel dialogo dell’alleanza. Qui l’immagine è applicata alla donna in quanto generatrice. Come una vigna lussureggiante, appesantita da grossi grappoli e dall’abbondante fogliame, è indizio di prosperità e di vita, così la donna feconda circondata dai suoi figli numerosi è espressione di felicità e di benessere.
Nel Cantico l’ebbrezza dell’amore è comparata a quella del vino. Anche l’olivo nella Bibbia è emblema di Israele, del Signore stesso, della prosperità e della gioia, della giustizia e dalla sapienza. L’olivo sopravvive al diluvio (Genesi 8,11) e secondo la tradizione rabbinica non si concepisce un’epoca della storia del nostro pianeta in cui non sia coltivato l’olivo. Qui, invece, è applicato ai figli numerosi e densi di linfa come un albero maestoso di ulivo. Già il poeta greco Euripide nella Medea (v.1908) affermava che “i figli sono nella casa come piccoli germogli”.
Questo ritratto idilliaco presenta, perciò, la sposa fresca, seducente, tenera e soprattutto feconda secondo la tipica visione orientale, in particolare ai fini di una continuazione “immortale” della famiglia e della memoria del patriarca. La sua funzione è squisitamente “materna”, la sua attività è essenzialmente familiare, i figli e la casa sono lo sbocco naturale e la radice stessa del suo esistere. La vite ricca di grappoli ne è, quindi, la raffigurazione ideale, come i figli sani e vigorosi riuniti attorno alla mensa sono da pensare come un oliveto denso di virgulti che promettono ruscelli di olio per i futuri raccolti.
Alla scena “mediterranea” e naturale della vite e dell’olivo subentra nella seconda parte del salmo un’atmosfera più spirituale e religiosa con la benedizione dei vv. 4-6, formulata secondo i canoni del benessere visto come premio del giusto. Bene e male sono già giudicati qui sulla terra e la prosperità si effonde subito sul fedele come segno visibile della sua giustizia e della sua onestà. La benedizione viene da Sion, cioè dal tempio, e non scende solo sul singolo fedele ma sull’intera comunità incarnata da Gerusalemme. Il carme ci congeda col saluto ebraico di stampo messianico shalom, pace e gioia, allusivo nei confronti del nome della città santa, Gerusalemme, “città della pace”, ma destinato soprattutto ad ogni famiglia.
C’è, quindi, una vocazione al matrimonio che Dio benedice e che diventa fonte di felicità. Anche se la più comune, essa non è per tutti e dev’essere vissuta con intensità e serietà, con amore e gioia. Possiamo concludere con dei bei pensieri sul matrimonio, che il poeta libanese K. Gibran ha scritto nella sua opera Il profeta:
“Sarete insieme in eterno; sarete insieme quando le bianche ali della morte disperderanno i vostri giorni, sarete insieme anche nella silenziosa memoria di Dio. Ma lasciate che vi sia spazio nel vostro essere insieme, lasciate che i venti del paradiso danzino tra voi.
Amatevi l’un l’altro ma non fate dell’amore una catena: lasciate invece che vi sia un mare in movimento tra i lidi delle vostre anime. Cantate, ballate insieme e siate gioiosi, ma lasciate che ognuno sia solo. Anche le corde di un liuto sono sole, eppure formano la stessa musica. Datevi i vostri cuori ma non per possederli, perché solo la mano della vita può contenere i vostri cuori. State in piedi insieme, ma non troppo vicini, perché le colonne del tempio stanno separate e la quercia e il cipresso non crescono l’una all’ombra dell’altro”. •
Gianfranco Ravasi

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