Per ricordare il XVIII anniversario di ordinazione sacerdotale
Dopo la messa… è ora della messa…vado a celebrare la messa… veloce, che ho la messa… ci sentiamo dopo la messa. Come per tanti confratelli, la celebrazione della messa è l’orologio della mia giornata, punto di riferimento degli appuntamenti fatti di un “prima e dopo la messa”. Per molti è l’unica preoccupazione del sacerdote, l’unico impegno pubblico, l’unica ragione per cui uno sceglie di essere prete.
Una messa che nell’immaginario collettivo è sempre celebrata presto, quasi prima dell’alba, per un’assemblea di capi chini,velati di bianco. Ringrazio Dio che mi ha concesso a partire dal giorno dell’ordinazione, un contatto speciale con l’Eucarestia e di averla abbondantemente distribuita a migliaia di persone incontrate nel cammino cristiano e quindi sacerdotale.
È in quel gesto semplice, di chi ricorda che non è solo Cristo che si dona, ma il Mio Corpo ed il Mio Sangue che “si distribuisce” ai fratelli, che ritrovo il senso del sacerdozio. Senza più guardare all’emozione di quei segni sacramentali,che nel tempo,umanamente ripetuti, tra stanchezze,fragilità e peccati, subiscono anche il peso della routine, è il gesto del donare e del donarsi che rimanda il significato più profondo di una vita offerta per amore. Anche nell’essere concentrati a lavare i piedi, col capo basso che non permette di vedere il volto, e a baciarli per imitare Gesù, che non ci fa fare calcoli per sapere se ne vale la pena o se quei piedi sono degni di ricevere il servizio sacerdotale, si rivela l’unico segno credibile di un amore donato, che lascia a Lui la fantasia di poter aprire strade inimmaginabili. Celebrando il giovedì santo con la mia Comunità sono sempre sorpreso dalla scelta di Giovanni di tacere su quel racconto che ha dato il via “a tutte le messe del mondo”, per soffermarsi su quel segno umile, schifoso, scandaloso e fuorviante per i discepoli, del lavare i piedi. Elevare quell’ostia santa può nascondere, soprattutto nel nuovo rito, quella tentazione di attirare su di noi gli sguardi, proprio come nella vita pastorale siamo tentati di togliere il posto all’unico protagonista ed elevarci sull’invisibile palcoscenico, per essere osannati dalla gente. Quanto distante il mio vivere da quello che scriveva Charles de Foucauld nel 1910 che “dappertutto il prete è un ostensorio che deve scomparire per lasciar intravvedere Gesù senza altro ruolo che quello di farlo vedere”. Lavare i piedi, invece, non nasconde l’imbarazzo di chi lava e di chi è lavato e costringe con lo sguardo a terra a ripartire da piedi mondi, da direzioni pure del cuore e della mente, per incontrare la gente ed amarla veramente. Quanta strada da fare!!!!
Diciotto anni è l’età giusta per guidare… per camminare più spediti in quel dono di sé; ed è proprio camminando che scopri quanto sia necessario quel Pane che misteriosamente ti ridona la gioia del cammino,fa sentire una Presenza che ti ama e ti costringe a considerare i tuoi com-pagni, senza i quali il cammino si trasformerebbe in una gara senza meta. Stendere le mani con quella certezza che lo Spirito Santo trasforma il Pane ed il Vino nel Corpo e Sangue di Cristo, aiutato dalla fede di tutta la Chiesa, rinnovi in me la gioia di stendere le mani e chiedere lo Spirito Santo (Lc.11,13) per trasformare il mio cuore e quello dei miei fratelli rendendolo capace di servire e amare sino alla fine. E non ci si pensa, scriveva P. Pietro Lavini nella fontana dell’Eremo di S. Leonardo, alludendo alla sua fatica nel condurre quell’acqua dalla fonte alle labbra assetate dei pellegrini distratti. Si,… e non ci si pensa… a quanto il Signore abbia fatto per farci giungere quel Suo Amore che noi gustiamo spesso distrattamente nell’Eucarestia e che le labbra a volte distratte di noi sacerdoti spesso annunciamo ed invochiamo. Ma il Signore rassicura una presenza costante e senza sosta: è Lui che non delude perché ha detto “Sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo” (Mt.28,20) •
Porto S. Elpidio 23 settembre 2016 Memoria di S. Pio sacerdote