A Medjugorje un’amica ortodossa mi fa luce sulla sua religione, sui sacramenti, sui dogmi, sulle diversità
Ci siamo incontrate e conosciute durante un recente pellegrinaggio a Medjugorje. Non è italiana la mia nuova conoscente e successivamente amica. Ha lasciato la sua terra alcuni anni fa in cerca di una vita migliore. Il suo accento mi dice che è moldava. Purtroppo il suo Paese è il più povero d’Europa. Ex repubblica sovietica risente ancora di enormi problemi che non le permettono di sviluppare un’economia che sia all’altezza degli altri Paesi europei. Al mio perché si trovi qui a Medjugorje con il nostro gruppo di pellegrini, mi dice: “Sono cristiano-ortodossa, ma voglio conoscere da vicino la realtà di Medjugorje. Lavoro come parrucchiera e spesso ascolto con curiosità quello che raccontano a tal proposito le mie clienti”.
Durante le varie funzioni resta al proprio posto, attenta. È una buona osservatrice ed è molto preparata in merito al dialogo interreligioso. Conversando con lei mi parla di un Vademecum per l’ecumenismo, il dialogo interreligioso e l’Ufficio nazionale per i problemi giuridici della Cei del 2010. In esso si è stabilito una sorte di regolamento generale. Sinceramente mi sento impreparata. Le chiedo informazioni ad esempio sul Battesimo, il primo sacramento dell’iniziazione cristiana. È contenta delle mie domande e risponde volentieri. Nelle comunità ortodosse il Battesimo deve essere amministrato per immersione. Il figlio di genitori orientali non cattolici può essere battezzato lecitamente anche da un ministro cattolico, solo in pericolo di morte. L’argomento mi appassiona e le domande incalzano:
“Se due genitori orientali non cattolici chiedessero il Battesimo del loro figlio nella Chiesa cattolica, affinché il figlio sia cattolico, sarebbe possibile?”
Vanno valutate con molta attenzione le loro motivazioni riguardanti la sua futura educazione cattolica e le eventuali ripercussioni nell’ambito dei rapporti ecumenici con le Chiese orientali.
In questo caso, però, i genitori debbono rivolgere una domanda al vescovo tramite il parroco della parrocchia cattolica nella quale vivono. Il percorso non è semplice. Qualora vi sia la prudente certezza che il bambino sarà educato in una parrocchia di rito latino e che non ritornerà in un ambiente orientale, il vescovo potrebbe concedere il Battesimo, chiedendo anche alla Santa Sede il consenso per ascrivere il battezzando alla Chiesa cattolica di rito latino. Personalmente, prosegue la mia amica, non conosco simili casi.
Per quanto riguarda la Cresima, come vi ponete?
Il rito ortodosso è esteso a tutto il corpo con una serie di unzioni col crisma benedetto dal vescovo.
L’Eucaristia viene celebrata con pane di frumento fermentato e vino rosso mescolato con acqua tiepida all’interno del calice. La Comunione è distribuita sempre sotto le due specie. La Comunione può essere amministrata anche ai bambini molto piccoli dopo il Battesimo.
Sai perché si chiama Cristianesimo ortodosso? Dalla mia espressione comprende la mia scarsa cultura in merito. Il tempo da trascorrere insieme c’è e quindi continuo ad ascoltarla con interesse.
Con orgoglio mi dice che “ortodossia” significa “corretta opinione”. Si chiama così perché la Chiesa Ortodossa è convinta di applicare la vera volontà di Gesù Cristo. Le varie comunità hanno in sé il proprio capo e vengono erette alla condizione di patriarcato. Le comunità sono in comunione fra loro, ma agiscono indipendentemente le une dalle altre. All’interno dell’Ortodossia vi sono purtroppo varie controversie giurisdizionali, e ciò per diversi motivi come l’autodeterminazione nazionale di un popolo, come nel caso delle “chiese” ucraina, montenegrina e macedone.
Quali sono le comunità ortodosse più importanti?
Le comunità ortodosse greche, russe, serbe, bulgare e rumene sono le principali.
L’Ortodossia è la terza maggiore confessione cristiana e conta circa 250 milioni di fedeli, sia in Oriente che in Occidente. Mi rimanda all’approfondimento storico. Alla base della separazione fra le due Chiese, non vi fu solo la volontà dei patriarchi di Costantinopoli ma vi concorsero altri fattori: la diversità culturale latina rispetto a quella greco-orientale, la diversa mentalità teologica, la politica degli imperatori d’Oriente, i quali appoggiavano e stimolavano le idee dei vari patriarchi. Mi ricorda che il Cristianesimo ortodosso consiste soprattutto nel suo rifiuto di sottomettersi al Papa.
“Noi ortodossi – dice – riteniamo che san Paolo sia stato del tutto pari a san Pietro e questo pensiero comporta anche il no al dogma dell’infallibilità pontificia”.
Come concepite Dio?
In maniera molto simile a come viene concepita dai cattolici, ma non identica. Per noi ortodossi il mistero di Dio non potrà mai essere completamente compreso dall’intelligenza delle creature e quindi vi è una completa inconoscibilità dell’essenza divina. (Mi sembra che si ponga poca attenzione al rapporto tra fede e scienza, rapporto che è invece sempre stato ed è tuttora importante per il nostro Cattolicesimo. È una riflessione che non esprimo perché ho deciso di ascoltare senza troppe interruzioni).
Noi ortodossi riteniamo che il dogma della processione dello Spirito Santo anche dal Figlio non sia contenuto nelle parole del Vangelo. Lo Spirito Santo procederebbe solo dal Padre attraverso il Figlio.
E per la Vergine Maria?
Siamo a pochi passi dalla statua della Madonna, antistante la chiesa di San Giacomo. Ci fermiamo un momento accanto a Lei per un saluto e una preghiera. Per quanto riguarda la Vergine Maria, gli ortodossi negano il dogma dell’Immacolata Concezione. La Vergine sarebbe stata concepita con il peccato originale, e sarebbe stata purificata al momento del concepimento del Verbo Incarnato. Certamente è vera Madre di Dio ed anche per noi fu assunta in Cielo, ma di questo non se ne fa una verità vincolante.
Ci avviamo in chiesa per la celebrazione della santa Messa passando davanti lo spazio dei confessionali. Nell’Ortodossia, mi dice, ognuno deve confessarsi col proprio “padre spirituale” e senza il confessionale a grata. Per me – mi rivela – la Confessione è come una terapia dell’anima. Il confessore non “assolve” il penitente dai peccati ma recita una preghiera invocando il perdono divino.
Per quanto riguarda l’Ordine, le chiedo quali regole ci siano, vedendo un gruppo di sacerdoti andare di fretta per le celebrazioni. Abbiamo il vescovo, il presbitero e il diacono. Solo il vescovo è eletto fra i celibi e in modo specifico fra i monaci, mentre sacerdoti e diaconi possono essere scelti tanto fra celibi quanto tra sposati. Questi ultimi non devono essere in seconde nozze e non si debbono sposare dopo l’ordinazione. I ministri sono eletti solo se maschi.
E infine il Matrimonio. Neppure la morte di uno dei due coniugi può sciogliere il vincolo. Solo il vescovo può decidere se ammettere i suoi diocesani a seconde o terze nozze. A questo però si aggiunge qualcosa di differente dal matrimonio cattolico. Nell’Ortodossia si afferma che, ove sia assolutamente venuto meno l’amore coniugale per adulterio, si può ammettere il divorzio.
E per quanto riguarda l’al di là, dato che hai parlato di morte? Gli ortodossi non credono nel Purgatorio, anche se si invita a pregare per i defunti. Dopo la morte nell’andare verso Dio l’anima deve superare dei punti di blocco, una specie di “stazioni di pedaggio” in cui si incontrerebbero i “demoni dell’aria” che giudicano, provano e tentano. Il giusto che ha vissuto santamente la sua vita terrena saprà superare velocemente queste prove senza timore e terrore.
La mia nuova amica, a conclusione del nostro raccontarci sul piano della fede, mi dice con orgoglio che il suo essere ortodossa equivarrebbe all’essere cattolica. Mi vengono in mente i tanti martiri della Chiesa che, pur di rimanere fedeli a Roma, hanno offerto la loro vita. Il grande cardinale Joseph Slipyi, prigioniero per diciotto anni in un gulag, scrisse: «I nostri predecessori si sono sforzati per mille anni di conservare il legame con la Sede apostolica romana, e negli anni 1595 e 1596 hanno consolidato l’unione con la Chiesa cattolica romana a certe condizioni che i Papi hanno solennemente promesso di rispettare.
Durante quattro secoli, questa unione è stata autenticata da un gran numero di martiri ucraini e ancora oggi questa difesa della santa unione da parte dei nostri fratelli è gloriosamente iscritta negli annali della Chiesa».
Le reciproche differenze non devono dividerci ma unirci.
La chiesa è ormai gremita, entrando salutiamo il Signore col segno della croce, ognuna secondo il proprio rito. L’atmosfera che ci accoglie è di intensa preghiera. Ci lasciamo assorbire da questo caldo clima in cui abbandonare il cuore e la vita nelle mani di Dio. Il resto non conta. La mia amica mi ha confermato ciò che ha valore: cioè ciò che unisce. Le nostre storie si sono incontrate nella diversità, nell’ascolto, nel dialogo. •