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Il sinodo diocesano

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Un evento di partecipazione e un parto difficile

Nel dicembre 1988, dopo Natale, nella domenica dedicata alla S. Famiglia, venne a Fermo il papa Giovanni Paolo II. Era stato invitato dal Cammino Neocatecumenale per presiedere la celebrazione dell’invio in missione di alcune famiglie del Cammino. L’iniziativa era partita dai fondatori del Cammino Kiko e Carmen senza la mediazione dell’arcivescovo, ma mons. Bellucci chiese ed ottenne che prima che i1 papa andasse al centro neocatecumenale passasse nella cattedrale di Fermo. Nel discorso di saluto l’arcivescovo ricordò la storia e la vita della diocesi e richiamò le ultime attività diocesane e particolarmente l’avvio del sinodo diocesano. Da qualche mese non ero più vicario generale e quel giorno io rimasi al margine. Il papa nella risposta sottolineò l’importanza della celebrazione di un sinodo per una chiesa locale.
Il lavoro di preparazione per il sinodo cadde tutto sulle mie spalle. Feci una commissione preparatoria con i vicari zonali e con qualche collega dell’Istituto teologico. Con don Filippo Concetti preparai tutti gli schemi di analisi e di lavoro del primo anno su evangelizzazione e catechesi, che sottoposi alla commissione. Il lavoro di rilevamento fatto nella visita pastorale non ci fu di molto aiuto perché non c’era una sintesi per distretto o zona pastorale dal momento che il lavoro fatto da mons. Cardenà era centrato sulla parrocchia.
Cominciai poi ad andare nelle riunioni di distretto o di vicaria per seguire e animare la riflessione sia nelle riunioni del clero che in quelle del dopocena con i laici. Spesso erano più interessati i laici che i preti e questo da una parte mi rallegrava, ma dall’altra mi faceva male, mi faceva toccare con mano la situazione culturale e pastorale del nostro clero. Lo stesso feci per il secondo anno, don Filippo preparo il materiale su liturgia e preghiera; ci mise tutta la ricchezza della sua cultura e spiritualità perché univa insieme lo studio, fatto a S. Anselmo, e il peso della sofferenza per la sua salute. Per il terzo anno mi servii di altri apporti, di don Angelo Fagiani, don Vinicio Albanesi ecc., per gli ambiti sociali: famiglia, associazioni, scuola, economia, politica ecc. Tre anni e più di lavoro, che, a dire il vero, non fu molto partecipato; il lavoro per il sinodo diocesano non era sentito né dal clero né dai colleghi dell’Istituto Teologico e il vescovo stesso non ne era partecipe. Più che un approfondimento teologico-pastorale i preti volevano arrivare a norme pastorali che fossero chiare e a direttive obbligatorie per tutti, si era in tempi in cui tutto si sentiva come provvisorio.
Il 90-91 fu dedicato alla preparazione immediata del sinodo. Con una commissione allargata furono preparati quattro schemi di sintesi da sottoporre ai sinodali: il primo sulla diocesi, come chiesa locale, poi sui temi trattati nei tre anni di lavoro: 1) evangelizzazione e catechesi; 2) liturgia fonte e culmine della vita della chiesa; 3) testimonianza della carità e presenza della chiesa nella diocesi e nella società. I testi furono elaborati sul materiale raccolto nei tre anni di preparazione e tenendo presenti i documenti conciliari, i documenti fondamentali come le esortazioni postsinodali del papa e i testi della CEI. Si penso a come formare l’assemblea sinodale con rappresentanza del clero, dei laici dalle parrocchie e vicarie, dei religiosi/e, delle associazioni e movimenti ecclesiali, degli uffici di curia. Fu stabilito anche il regolamento per la conduzione delle assemblee sinodali, fu proposto don Francesco Monti come segretario del sinodo. Furono fatte le elezioni per la rappresentanza del clero e dei laici da ogni vicaria e furono stabilite le domeniche pomeriggio per le assemblee sinodali, due per ogni mese da ottobre a maggio per un primo anno, in vista poi di un secondo. Furono mandati i testi preparati come base di discussione ai membri eletti e a quelli nominati. In vista delle assemblee l’attenzione e l’interesse per il sinodo si ravvivarono.
Domenica 22 novembre 1992, festa di Cristo Re, l’arcivescovo apri il sinodo con una solenne celebrazione in cattedrale. Si susseguirono poi le assemblee secondo il calendario stabilito. Sottolineo solo alcuni momenti più vivi di discussione. L’inizio fu quasi turbolento perché alcuni preti e laici contestarono tutta l’impostazione dei documenti dicendo che erano generici e troppo ambiziosi con la pretesa di esaminare e dire tutto; proponevano di rifarli più brevi e solo su un qualche aspetto più importante della pastorale. L’assemblea si animò e corsero anche parole forti. Come responsabile del lavoro fatto, allora, dissi: inutile prolungare la discussione, mettiamo a votazione se i testi possono diventare base per il sinodo oppure no, comunque sia chiaro che se si dovessero rifare, io evidentemente lascio la presidenza del sinodo. Fu fatta la votazione e la stragrande maggioranza voto per la prosecuzione dei lavori! Altri momenti di forte discussione:
a) il rapporto tra chiesa locale e chiesa universale nel delineare la visione della diocesi, suscitata soprattutto dai preti focolarini;
b) il rapporto tra diocesi ed associazioni e movimenti ecclesiali nella pastorale parrocchiale;
c) rapporti tra AC e movimenti;
d) vivissima fu la discussione sui testi per il catechismo;
e) non minore quella con i neocatecumenali sulla celebrazione della pasqua in parrocchia, sulla iniziazione cristiana, e su tante altre.
Discussi i tre testi, integrati con le osservazioni fatte nelle riunioni zonali, alla fine fu aggiunto un documento sulle strutture amministrative della diocesi. I lavori durarono fino a tutto l’avvento del 1994.
Osservazioni e proposte venivano raccolte dal segretario che poi sintetizzava il documento in proposizioni, che vennero sottoposte a votazione. Il lavoro del segretario don Francesco Monti fu molto prezioso per la capacità, la chiarezza e la rapidità di sintetizzare il tutto. A Pentecoste del 1994 in una solenne liturgia a S. Francesco (al duomo c’erano i lavori), alla presenza di quasi tutti i vescovi delle Marche, fu chiuso il sinodo.
Il vicario generale mons. David Beccerica fece un saluto e sottolineò l’importanza del sinodo in una diocesi, io feci la sintesi del lavoro e presentai le aspettative del popolo di Dio della nostra diocesi guardando al futuro, cioè all’attuazione del sinodo. Consegnai a nome dell’assemblea sinodale all’arcivescovo i cinque documenti e il testo delle proposizioni, divise secondo i cinque ambiti, perché le rivedesse e le pubblicasse come testo ufficiale del sinodo.
L’arcivescovo impiegò più di un anno a rileggere tutte le proposizioni, portò solo qualche leggera variante e rese pubblico, in un’assemblea liturgica, il libro sinodale il 27 settembre 1995 nel 25° del suo episcopato a Fermo. •

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Direttore de La Voce delle Marche

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